La beffa
Mi sveglia la voce sintetizzata che al telefono mi annuncia le sette. Non amo indugiare tra le lenzuola, e infatti distendo gambe e braccia e mi alzo mentre lei resta immobile.
La guardo, ma è invisibile tra il lenzuolo e i capelli lunghi. Non dico nulla, non voglio svegliarla e, d'altra parte, perché parlare? Per litigare ancora? Per questo vado nel bagno più lontano per non disturbarla.
Ritorno in camera, con prudenza e in silenzio mi rivesto quando un pensiero improvviso, la mia Carta di Credito, mi costringe, mio malgrado, a svegliarla perché mi dica dov’è finita. Devo dire che, nonostante i nostri rapporti siano tempestosi, siamo quasi separati in casa, abbiamo un c/c cointestato e la canaglia, lei, mi sottrae spesso la Carta per le sue “uscite” che definisce gratificanti e compensative delle sue frustrazioni.
Dunque, devo guardarla in faccia e affrontarla. Mi avvicino a lei e la scuoto leggermente, poi con più forza e insofferenza ma nulla, non risponde. Allora le scopro il viso che appare diafano e ancora assopito, ma non è assopito, è di una rigidità sospetta, di una estraneità inquietante: è morta! Ho desiderato la sua morte mille volte, ho trascorso notti insonni alle prese con le mie elucubrazioni mentali nel tentativo di concepire il delitto perfetto, sognando di liberarmi della sua presenza persecutoria e di un rapporto ormai distruttivo.
Ora sono qui, seduto sul bordo del letto, svuotato di energie, confuso, e la guardo che sembra riposare, placata nella sua lontananza.
Eh no! Le dico, mentre monta in me, incontrollato, un grumo di delusione e rabbia, questa è l'ultima carognata che mi fai. Così le dico guardandola disperatamente, ma nella folle speranza che reagisca alla mia aggressione, che socchiuda gli occhi e apra la bocca in un lungo sbadiglio. Ma è un’attesa inutile: il suo viso, che il rigor mortis sempre più modella in maschera grottesca, ha un che di sprezzante e derisorio per lo stato di impotenza e stupore in cui sono.
Sono così disorientato quando il trillo del telefono mi sveglia e, ancora insonnolito, sento la sua voce inconfondibile che senza grazia grida il mio nome, Ermanno svegliati! Sono le sette!
Infine sono sveglio, siedo sul letto e sono preda di tristezza e gioia.
Antonio Ferrin
modena