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libreria di zurau

lunedì 4 maggio 2015

Surrenectomia robotica


Dopo quattro giorni di degenza, sono uscito dal Sant'Agostino; sono quasi un frequentatore abituale
delle Sale Operatorie: lo spazio è illuminato di una luce bianca e fredda proveniente da una potente lampada scialitica , e disseminato di carrelli in acciaio di ogni misura che contengono strumentazione e apparecchiature elettroniche.
La Sala è già affollata da una decina almeno di infermiere, di aiuto, di assistenti e tecnici addetti alle
macchine e alla "preparazione" del paziente su cui operare: intervengono a ondate su dettagli logistici
e via via nel controllo e predisposizione di quanto è necessario nelle varie fasi dell'intervento, come gli apparati utili nella terapia intensiva per la gestione delle funzioni vitali.
Osservo con molta curiosità quello che accade intorno a me, pongo domande tecniche, e mi indicano
infine il Robot le cui appendici telescopiche sono protese in avanti, e che la dott.ssa Piccoli, seduta alla consolle di comando e coadiuvata dai suoi assistenti,  manovrerà con precisione (spero) nel mio corpo  .
Sono quasi tutte donne e, chissà perché, trasmettono serenità e sicurezza; è molto presto e io sono il
primo operando della mattinata, le ragazze sono infagottate per ripararsi dal freddo che riduce la Sala in cella frigorifera, e poiché anche io ho freddo, inseriscono sotto il telo che mi copre, un tubo che
soffia aria calda.
I preparativi sono sempre più stringenti, avverto che si avvicina il momento in cui il narcotico farà
effetto e allora piomberò nel sonno.
Parlo di musica con un'assistente dell'anestesista che, benché molto giovane, ama la musica classica,
e ne sono felice, quindi si avvicina una signora che intuisco sia la responsabile anestesista, leggo il suo nome, Centonze, sul cartellino fissato al camice verde, e ne chiedo la provenienza: per un attimo è sorpresa e sorride, ma risponde che è Leccese.                                                                                  All'avambraccio sinistro hanno inserito una cannula in cui già scorre una parte di anestetico; l'ultimo mio ricordo prima del sonno è quello dell'assistente che avvicina una sorta di mascherina alla mia bocca, ma non ricordo l'operazione dell'intubazione. Non ho notato la Piccoli che, evidentemente, farà la sua apparizione nel campo operatorio quando tutto sarà pronto e i componenti la squadra al completo saranno al loro posto, attenti a eseguire il proprio compito con movimenti coordinati e precisi.
A un tratto recupero i primi barlumi di coscienza, realizzo che due o tre persone mi chiamano ripetutamente; io respiro con difficoltà, e poiché fatico a respirare autonomamente, mi incoraggiano quasi fossi un bambino, aiutandomi anche con la respirazione assistita.
Infine mi acceca ancora la luce bianca e intravedo i volti dei medici e delle infermiere.
Non sono ancora del tutto lucido, ma sono felice di essere in piena luce e riudire le voci concitate ma
sicure di quanti mi attorniano.
Sono consapevole che questi professionisti eseguono numerosissimi interventi che spesso diventano
abituali e ripetitivi, e tuttavia, per il semplice paziente profano, il tutto ha del miracoloso senza esserlo perché il tutto è dovuto a professionalità ricche e preziose unite a tecnologie sofisticate, e
l'insieme di queste componenti fanno l'eccellenza della struttura in cui sono.
Ora, a mente serena, penso ai precedenti grossi interventi chirurgici cui sono stato sottoposto nel corso della mia vita; la ricucitura del tendine di Achille nel 1997 a opera del Prof. Monteleone: nell'occasione una grande leggerezza dell'anestesista( la mancata visita preanestesia) espose la mia vita a un reale, fatale rischio.
Intervento al Giunto pielo-uretrale nel 2000 a opera del Prof. Artibani, preceduto invece da una visita di preanestesia completa e soddisfacente eseguita dalla stessa anestesista incaricata, una bionda avvenente della quale non ricordo il nome

Antonio Ferrin

05-05-2015



Sette brevi lezioni di fisica

Sette brevi lezioni di fisica  ( di Carlo Rovelli)


Ho finito di leggere il libro di Rovelli, un libro denso e chiaro in cui l'autore mostra una grande
capacità di sintesi nella materia, di per se vastissima e complessa, che è la fisica.
Vi affronta i temi che affascinano da sempre l'umanità nella sua ricerca sui fenomeni fisici che
possano spiegare l'Universo, la Terra, e la presenza dell'uomo sulla terra.
Ciò che ricavo dalle argomentazioni del Fisico, è la persistenza di un mistero incommensurabile
del quale siamo tutti parte; in altri termini, con tutta la speculazione scientifica e filosofica più rigorosa, nonostante gli indubbi successi della ricerca, ci ritroviamo ancora lontani e ai margini
del nucleo che può contenere la verità cui tanto aspiriamo.
Possiamo solamente lavorare come piccole formiche, lavorare con umiltà, consapevoli che la verità non è disponibile, e che pertanto sono velleitari ogni trionfalismo e dogmatismo.

Antonio Ferrin

Maggio 2015