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libreria di zurau

giovedì 10 novembre 2016

LAMENTO DI IPPOCRATE


                                                     LAMENTO DI IPPOCRATE
                                                       

Con mezzi pubblici, e pedibus calcantibus, mi sto recando in via Mascagni dove è l'ambulatorio del
dott. Crucetti, il medico dentista indicatomi da un amico comune.
Sono dolorante per un molare compromesso che mi fa vedere le stelle; la strada è già deserta e in penombra, scarsamente illuminata da luci tenui provenienti da alcune finestre; camminando, ricordo
che Pietro Mascagni è il compositore che ha scritto la musica di Rapsodia Satanica, colonna sonora per l'omonimo film degli anni '30 del secolo scorso. Certamente è solo suggestione, ma intravedo nello squallore della strada, con le ombre precoci e quasi inattese, un che di sinistro che acutizza il mio malessere e cerco di affrettare il passo.
Finalmente individuo il vecchio condominio dove è l'ambulatorio, noto la targhetta usurata dal tempo
con il nome del Dentista quasi illeggibile, comunque premo il pulsante della suoneria e attendo.
Pochi minuti ed ecco il rumore metallico dello scrocco e l'uscio si apre lentamente lasciando intravedere l'alta figura di una donna vestita di una tunica bianca che mi scruta con curiosità, e io mi affretto a dire chi sono e perché sono di fronte a lei, anche se la donna ha senz'altro già notata la mia guancia gonfia e il viso deformato dal dolore lancinante.
La donna è la moglie del Dentista e si chiama Filomena di Materdomini, è minuta, di una magrezza inquietante, ora la sua espressione è più dolce e disponibile, il viso circondato da capelli folti e arricciati, quasi crespi, con una accentuata cotonatura che forma un baldacchino sul capo;
mi introduce in un salottino con poche sedute, una panca è ricoperta da cumuli di riviste ormai vecchie (ma ciò accade in tutti gli ambulatori medici!), e sul tavolino un calendario dell'anno precedente con volantini pubblicitari che annunciano eventi di molti mesi prima.
Mi fa accomodare e mi annuncia al dottor Crucetti che di nome fa Vito, è originario del Tavoliere delle Puglie, ma non devo attendere molto perché la donna ritorna facendo strada verso l'uscita a una signora, che poi mi confesserà essere sua sorella abitante in quel di Montale, il che mi
ricorda subito di chi si tratta, si chiama Penelope, me ne aveva parlato mia moglie in merito a una
vicenda che aveva fatto scalpore fra amici e parenti: mi pare si trattasse di una famosa "salama da sugo", la specialità ferrarese che avventurosamente era giunta a Modena dalla Città Estense e che Paolo della Rocchetta non era riuscito a consumare per la strenua opposizione della sua Penelope.
Ma ora voglio andare oltre perché sono troppo dolorante e ansioso di mettermi nelle mani del
dottore perché dia sollievo al mio dolore.
Entrando nello studio, le grandi luci si attenuano e l'ambiente è pervaso da una tenue luce azzurro-rosa che può conciliare pace e sonno;  il medico mi guida alla poltrona di fronte al "Riunito", luogo deputato alla tortura, e allora noto che affissa alla parete c'è l'immagine di una Santa, mi dicono
Santa Apollonia, Patrona dei dentisti, e io spero lo sia anche dei loro pazienti.
L' icona religiosa è in ceramica policroma di Grottaglie, ed è adornata da due lumini di cera accesi
che poggiano su una piccola mensola, la Santa tiene nella mano sinistra una tenaglia d'altri tempi che
i cavadenti utilizzavano in passato, come forse facevano anche i maniscalchi quando toglievano i chiodi dai ferri dei cavalli; sulla stessa mensola c'è una piccola statua della Madonna contenente acqua benedetta, la osservo e Filomena di Materdomini, notando la mia curiosità, conferma che lei è molto devota a quella Madonna che sarebbe apparsa a Medjugorie nell'ex-Jugoslavja.
L'ambiente ha assunto un'atmosfera mistica, mancano solo il suono dell'organo e le voci bianche.
Io sono attonito e molto preoccupato: dove sono? Dove sono capitato? Ecco, Donna Filomena e il maritoVito si avvicinano all'immagine della Santa e recitano alcune giaculatorie; io assisto rispettoso
e perplesso alla cerimonia, peraltro breve.
Quindi le luci si riaccendono, una lampada scialitica mi inonda di luce bianca, Vito applica la
mascherina sulla sua bocca, controlla la batteria di strumenti disposti sui bracci del "Riunito", strumenti fissati a flessibili e cavi tentacolari, tutti protesi ( così mi pare e temo) ad assediare la mia bocca.
Donna Filomena controlla il funzionamento del lavabo nel riunito e avvia il compressore, mentre il dottore è assorto in reconditi pensieri: Vito ha movimenti lenti, sempre ponderati, quasi di bradipo, la sua mente sembra vagare lontano dallo spazio angusto in cui ci troviamo.
Infine il Dentista afferra, uno a uno, scavatore, trapano e fresa, e comincia a ravanare nella mia bocca,
tra i denti e nei recessi più nascosti; il molare offeso è devitalizzato, e tuttavia l'esplorazione è
fastidiosa perché accade che gli utensili tocchino nel vivo le gengive sensibilissime.
Evidentemente il mio livello di sopportazione è raggiunto e superato, cado in deliquio e la mente è precipitata in un mondo di visioni piene di luci e suoni psichedelici, mi hanno forse propinato sostanze allucinogene? Nella realtà fantastica in cui mi trovo, Donna Filomena è un'Odalisca che circonda di attenzioni lascive il suo Vito, che si concede estatico alle mollezze con un sorriso ineffabile; lei è avvolta in una finissima stoffa che veleggia per le movenze che lasciano intravedere l'eleganza del suo corpo, lui invece è cinto ai fianchi da un semplice pareo che lascia scoperte due gambe che sembrano stecchi di legno: compaiono infine alcune bellissime giovani donne seminude adornate di fiori che danzano al suono dolce di tamburi e ukulele.
Non saprei dire per quanti minuti io sia stato in questa condizione di estraneità al mondo reale e pertanto, quando recupero la lucidità, ignoro ciò che è accaduto, la vista è sempre più nitida, lo stato
di coscienza emerge dalle nebbie, e percepisco confusamente alcune parole tra il dottor Crucetti e Filomena: <ci è andata bene>, dice lui alla donna, e questa di rimando:<andiamo a San Giovanni Rotondo da Padre Pio per grazia ricevuta>, io comincio ad afferrare il senso di quelle parole.
Il dato di fatto è che Donna Filomena ha il camice in disordine e il palco dei capelli è scarruffato, mentre il dottor Crucetti, cerca invano di darsi un contegno acconciandosi il ciuffo di capelli che non ha.
Sono disorientato, mi dirigo all'uscita mentre si sente il lamento remoto, triste e prolungato, del vecchio Ippocrate proveniente da non so dove.
A.Ferrin
Modena, 10/11/2016                                                             


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