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libreria di zurau

giovedì 16 febbraio 2017

ETTY HILLESUM

                                                                            ETTY HILLESUM




Rileggo il Diario di Etty Hillesum, l'ebrea di Amsterdam morta ad Auschwitz in un campo di sterminio nazista: aveva 29 anni.
La sua storia è coeva di quella di Anna Frank, ma le due non si conoscevano, pur abitando nella stessa città e facevano parte della borghesia colta e abbiente della Comunità ebraica;  Anna  era la ragazzina di 13 anni che per circa tre anni aveva vissuto nel famoso “alloggio segreto” in Prinsengracht, nei locali ricavati dal padre dietro e sopra quelli della sua ditta, e il cui accesso era nascosto da una piccola libreria girevole che immetteva a una stretta e ripida scala di legno che portava ai sottotetti.                                            Era con la sua famiglia, la famiglia Van Daan e il dentista Dussel quando, per una delazione, furono arrestati tutti e condotti nel Campo di Bergen Belsen; Anna morì di stenti nel marzo '45, due mesi prima della capitolazione tedesca, e si salvò solo il padre Otto. 
Avevo visitato il suo rifugio nel 1967 grazie alla mia amica Selma, anche lei ebrea, che mi aveva guidato nella visita in Olanda: mi impressionò molto aggirarmi nei locali angusti in cui Anna aveva vissuto quasi in promiscuità con altre otto persone, e rammentai le pagine del Diario in cui annota minuziosamente le lunghe giornate trascorse in isolamento dal mondo esterno.
La vicenda di Etty è diversa; perseverò fino al giorno della deportazione nei suoi studi e nel lavoro alle dipendenze del Consiglio Ebraico: questa era una istituzione creata dai tedeschi e gestita dagli Ebrei più influenti della città, con ciò i tedeschi delegavano gli stessi Ebrei a occuparsi dei problemi della loro comunità con il preciso scopo di fare rispettare le disposizioni (anche le più vessatorie) degli occupanti.
Tra l'altro organizzavano i convogli di prigionieri verso la Germania e la Polonia dove, dicevano, sarebbero stati impiegati in lavori utili al Reich, molti ebrei credettero fino alla fine anche se notizie meno rassicuranti giungevano da diverse fonti e da Radio Londra, e tuttavia Etty continuò nel suo lavoro tra i
suoi  correligionari anche a Westerbork,  Campo di internamento e smistamento, in attesa di essere trasferiti in Polonia.
Infine anche per lei fu disposta la partenza per la Polonia: dal treno che la portava alla morte lasciò cadere una cartolina indirizzata agli amici e recuperata dai contadini in cui era scritto: <abbiamo lasciato
il campo cantando> 
Anna era bambina quando si trincerò “nell'alloggio segreto “; nel Diario scrisse dunque pensieri ingenui,
ma anche pensieri profondi e molto maturi per la sua età, diventò donna e scoprì il sentimento amoroso per Peter, compagno di avventura e sventura. Era idealista e religiosa. 
Etty invece era già donna fatta, ebrea ma non praticante, una donna libera e moderna per i tempi; aveva assorbito la Bibbia, ma anche il Nuovo Testamento cristiano, e infatti cita spesso i Vangeli e S. Agostino,
ha familiarità con filosofia e poesia (Kierkegard, Rilke) Aveva conseguito due lauree in scienze umane, e non smise di studiare e approfondire anche nel campo di smistamento prima della deportazione verso Auschwitz.
Esprimeva una profonda spiritualità che sconfinava nell'ascetismo, aveva conosciuto l'amore fisico per l'uomo e quello incondizionato per il suo prossimo; avrebbe potuto salvarsi dallo sterminio, ma scelse di restare vicina agli ebrei già in procinto di essere avviati ai campi di sterminio. 
Ancora oggi in Olanda, Cristiani ed Ebrei guardano a Etty Hillesum come esempio di grande spiritualità.:
per i cristiani la quintessenza del cristianesimo, per gli ebrei la quintessenza dell'ebraismo                           Gli Ebrei sapevano già tutto dei campi, delle camere a gas, dei crematori, ma la massa non volle credere fino all'ultimo, perché le notizie erano confuse, e quasi inverosimile l'inferno che li attendeva, e la stessa classe borghese e gli intellettuali ebrei furono complici involontari del disegno nazista, per propria ingenuità, o per il calcolo, umanamente comprensibile, che contemplava la salvezza personale.           Non ultima causa della loro passività fu la loro speranza, che gli Alleati vittoriosi sarebbero arrivati presto a liberarli.
Tutto questo accadde in tutte le comunità ebraiche dell'Europa occupata, e ciò spiega perché gli Ebrei hanno sempre vissuto con senso di colpa il fatto di non essersi ribellati, di non avere imbracciato le armi contro l'oppressore, e da questi precedenti storici deriva anche la determinazione di Israele nel secondo dopoguerra a usare la violenza contro i vicini e i più deboli come i palestinesi, con il rischio di reiterare comportamenti e ideologie già propri del regime nazista.
Antonio Ferrin





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