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libreria di zurau

lunedì 8 maggio 2017

OTTIMISMO

                                                             
                                                                     OTTIMISMO



Perché essere ottimisti? In realtà non è un obbligo essere ottimisti, ma tutta la comunicazione dei
poteri piccoli e grandi vuole che lo siamo, ci alletta e sprona a entrare nel grande "mercato" che abbacina la mente, e lo fa con strumenti finissimi e manipolatori.
E la ragione di ciò è molto semplice: il "sistema" tutela se stesso, deve perpetuarsi per la tutela della
Specie(noi), perché l'istinto di sopravvivenza deve necessariamente prevalere sui limiti enormi della
natura, così come sono le brutture e le nefandezze dell'uomo.
Infatti sarebbe sufficiente un occhio attento alla povertà endemica di intere popolazioni, alla lotta
feroce che gli uomini sostengono per conquistare un tozzo di pane, alle guerre, alle ingiustizie cui
devono soggiacere nella lotta continua per prevalere gli uni sugli altri, e così partecipare alla
"selezione della specie" selezione che vede vincitori i più forti, ovviamente.
E pertanto, l'ottimismo cui mi riferisco è una necessità come l'istinto alla vita proprio della natura, l'istinto che ci induce all'illusione di essere eterni, che non moriremo, e tutto congiura contro di
noi e ci condanna a rivivere il ciclo infinito "vita-morte" come quello di una qualsiasi colonia di
insetti laboriosi.
Se poi si considera anche la sfera delle neuroscienze, quella parte del nostro organismo (la mente e il SNC) soggetto a mutazioni imprevedibili che possono limitare, se non pregiudicare la nostra capacità
di essere autonomi e liberi, allora la nostra condizione umana appare ancora meno invidiabile.
E' triste tutto questo? E' molto triste, ma fortunatamente  nell'uomo c'è il meccanismo della rimozione
che ne offusca spesso la consapevolezza, quella della tragedia di cui è attore e vittima nello stesso tempo.
Una delle tante esemplificazioni di quanto scritto qui sopra può essere il film visto ieri:
"Sole, Cuore, Amore", storia drammatica ed emblematica della condizione umana, di una donna tra
i miliardi di uomini e donne che percorrono la stessa strada di sofferenze e privazioni perché spinti
dall'imperativo di "dovere vivere", fra e con le illusioni.
Ma nelle storie raccontate o rappresentate sullo schermo o a Teatro, subentra il meccanismo fuorviante  della distanza dello spettatore rispetto alla vicenda cui assiste: meccanismo che gli consente di estraniarsi, e pensare di non essere parte in causa.
Pertanto, il pessimismo dei filosofi è ampiamente giustificato, e opportuno il loro consiglio di liberarsi dei condizionamenti insiti nella natura umana, di non partecipare al clamore e frastuono della competizione per recuperare così  un poco di libertà, appartati dalla folla e dal mondo, affrancandosi così anche dai "desideri", spesso richiami seducenti e irresistibili: in fondo sono i tratti
distintivi delle filosofie orientali.
A questo proposito mi sembra molto bella la poesia Zen di Eichu( 1340-1416)

I miei occhi stanno in ascolto tra le ciglia!
Ho chiuso con le solite cose!
Che senso ha la cavezza, la briglia
Per chi si è scosso di dosso ogni artificio?


Ma, nonostante la visione pessimistica del mondo in cui viviamo, c'è un aspetto consolatorio nella
vita: la possibilità di condividere le emozioni per le cose buone e belle, condividere tutto quanto può essere utile per elevarci al di sopra dei miasmi, insomma per "cadere in piedi"
E' un balsamo per le nostre tristezze e ferite, un mezzo per non restare soli con noi stessi, chiusi nei nostri limiti, ridotti in un soliloquio sterile.

A.Ferrin

modena,8 maggio 2017




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