Rileggo il Diario di Etty Hillesum, l'ebrea di Amsterdam morta ad Auschwitz in un campo di sterminio nazista: aveva 29 anni. La sua vicenda ricalca quella di Anna Frank, ma le due non si conoscevano, pur abitando nella stessa città tra la borghesia colta e abbiente della Comunità ebraica. Anna aveva 13 anni, e per tre anni visse nel famoso “alloggio segreto” in Prinsengracht, nei locali ricavati dal padre dietro e sopra quelli della sua ditta, e il cui accesso era nascosto da una piccola libreria girevole che immetteva a una stretta e ripida scala di legno che portava ai sottotetti. Era con i suoi, la famiglia Van Daan e il dentista Dussel quando, per una delazione, furono scoperti e condotti nel Campo di Bergen Belsen; Anna vi morì di stenti nel marzo '45, due mesi prima della sconfitta tedesca, e si salvò solo il padre Otto. Avevo visitato il suo rifugio nel 1967 grazie alla mia amica Selma, anche lei ebrea, che mi guidava nella visita in Olanda: mi impressionò molto aggirarmi nei locali angusti in cui Anna aveva vissuto quasi in promiscuità con altre otto persone, e rammento le pagine del Diario in cui annota minuziosamente le lunghe giornate trascorse in isolamento dal mondo esterno. Etty, invece, perseverò fino al giorno della deportazione nei suoi studi e nel lavoro alle dipendenze del Consiglio Ebraico: questa era una istituzione creata dai tedeschi e gestita dagli Ebrei più influenti della città, e con la quale i tedeschi delegavano gli stessi Ebrei a occuparsi dei problemi della loro comunità con il preciso scopo di fare rispettare le disposizioni (anche le più vessatorie) degli occupanti. Questa organizzazione organizzava fra l'altro i convogli di prigionieri verso la Germania e la Polonia dove, dicevano, sarebbero stati impiegati in lavori utili al Reich, molti ebrei credettero fino alla fine anche se notizie meno rassicuranti giungevano da diverse fonti e da Radio Londra, e tuttavia Etty continuò nel suo lavoro tra i suoi correligionari anche a Westerbork, Campo di internamento e smistamento, in attesa di essere trasferiti in Polonia. Infine anche per lei fu disposta la partenza per la Polonia: dal treno che la portava alla morte lasciò cadere una cartolina indirizzata agli amici e recuperata dai contadini in cui era scritto: "abbiamo lasciato il campo cantando". Anna era ancora bambina quando si trincerò “nell'alloggio segreto “; nel Diario scrisse dunque pensieri ingenui, ma anche profondi e molto maturi per la sua età, diventò donna e scoprì il sentimento amoroso per Peter, compagno di avventura e sventura, era idealista e molto religiosa. Etty invece era già donna fatta, ebrea ma non praticante, una donna libera e moderna per i tempi; aveva assorbito la Bibbia, ma anche il Nuovo Testamento cristiano, e infatti cita spesso i Vangeli e S. Agostino, ha familiarità con filosofia e poesia (Kierkegard, Rilke), aveva conseguito due lauree in scienze umane, e non smise di studiare e approfondire anche nel campo di smistamento prima della deportazione verso Auschwitz. Mostrava una profonda spiritualità che sconfinava nell'ascetismo, aveva conosciuto l'amore fisico per l'uomo e quello incondizionato per il suo prossimo; avrebbe potuto salvarsi dallo sterminio, ma scelse di restare vicina agli ebrei già in procinto di essere avviati ai campi di sterminio. Ancora oggi in Olanda, Cristiani ed Ebrei guardano a Etty Hillesum come esempio di grande spiritualità: per i cristiani la quintessenza del cristianesimo, per gli ebrei la quintessenza dell'ebraismo Gli Ebrei sapevano già tutto dei campi, delle camere a gas, dei crematori, ma la massa non volle credere fino all'ultimo, perché le notizie erano confuse, e quasi inverosimile l'inferno che li attendeva. La stessa classe borghese e gli intellettuali ebrei furono complici involontari del disegno nazista, per propria ingenuità, o per il calcolo, umanamente comprensibile, che contemplava la salvezza personale. Non ultima causa della loro passività fu la speranza, che gli Alleati vittoriosi sarebbero arrivati presto a liberarli. Tutto questo accadde in tutte le comunità ebraiche dell'Europa occupata, e ciò spiega perché gli Ebrei hanno sempre vissuto con senso di colpa il fatto di non essersi ribellati, di non avere imbracciato le armi contro l'oppressore, e da questi precedenti storici deriva anche la determinazione di Israele nel secondo dopoguerra a usare la violenza contro i vicini e i più deboli come i palestinesi, reiterando comportamenti e ideologie propri del nazismo.