Ennesimo rito funebre per i nostri caduti in Afganistan: omaggio dovuto, ma celebrato con modalità pregne
di retorica ed esteriorità. L'omelia dell'officiante è una sequela di frasi sempre uguali e anodine, quasi un
salmodiare con voce che vuole essere pietosa e invece è pietistica; è la voce dei preti che, durante le
celebrazioni, non riescono a non "impostare", caricandola di enfasi e falsa ispirazione e il tutto così assume toni irreali, non autentici.
Insomma, troppa coreografia, troppe parole. Sono assenti invece silenzio e raccoglimento, utili per esprimere vera partecipazione umana all'evento.
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