Ieri sera ho rivisto Suburbicon, questa volta in Lingua e l'esperienza è stata positiva: avete presente la serie di film horror come "non aprite quella porta!" ? Beh, quelli sono film da educande rispetto a questo che, peraltro, mi ha ricordato anche Pulp Fiction, ma i colori sono quelli della provincia americana del secondo dopoguerra, girato che sembra un cartone, e sopratutto con violenza e sangue a piacere...qui tutto sarebbe causato dal razzismo: gli adulti ne sono responsabili e i figli come sempre le vittime; e lo stesso razzismo sembra sia il detonatore dell'esplosione di violenza nella stessa comunità bianca di questo "villaggio modello" inizialmente riservato ai soli bianchi, che impazziscono quando una famiglia di afroamericani vi si trasferisce.
In realtà la violenza e le peggiori pulsioni dell'animo umano preesistono, la comunità bianca si arrocca nel suo guscio e crede di dovere difendere la propria identità e purezza dalla presunta contaminazione dei neri, mentre è
invece nelle vite dei buoni puritani WASP che alberga la corruzione all'origine del massacro di cui saranno sempre
protagonisti i bianchi.
invece nelle vite dei buoni puritani WASP che alberga la corruzione all'origine del massacro di cui saranno sempre
protagonisti i bianchi.
La sceneggiatura riporta ai primi anni '50: è perfetta, come pensavo, il soggetto è farina dei fratelli Coen.
Emblematico il finale della pellicola: dopo la strage, le violenze e le varie efferatezze, e con i cadaveri degli adulti ancora caldi, i due bambini ( il bianco e il nero) si incontrano sull'erba perfettamente curata del villaggio e, infilati i
guantoni, riprendono a giocare a baseball come nulla fosse.
Finalmente l'uscita dalla sala è liberatoria, attenua la tensione che il film trasmette, anche se gli eccessi e le enormità di alcune scene provocano qualche scoppio di ilarità.
Le vie fuori dal cinema sono deserte, avvolte nell'umidità che bagna l'acciottolato, non c'è un'attività aperta, se non uno dei negozi Bangla stakanovisti disseminati nel centro storico, esercizi commerciali peraltro oggetto di critiche
e sospetti degli italiani, e che calano le serrande a notte inoltrata.
Sono imbacuccato per proteggermi dall'aria fredda pungente, e osservo i palazzotti antichi della città medioevale le
cui facciate stinte e anonime hanno marciapiedi dissestati; mi affretto verso San Francesco per rifugiarmi al caldo
della mia mansarda, e nel tragitto noto che dalle imposte chiuse di molte finestre filtrano esili lame di luce: è chiaro
che molti cittadini sono rifugiati nelle case per propria scelta o necessità.
Mi affretto quasi confortato di non essere tutto solo nella città desolata.
Le vie fuori dal cinema sono deserte, avvolte nell'umidità che bagna l'acciottolato, non c'è un'attività aperta, se non uno dei negozi Bangla stakanovisti disseminati nel centro storico, esercizi commerciali peraltro oggetto di critiche
e sospetti degli italiani, e che calano le serrande a notte inoltrata.
Sono imbacuccato per proteggermi dall'aria fredda pungente, e osservo i palazzotti antichi della città medioevale le
cui facciate stinte e anonime hanno marciapiedi dissestati; mi affretto verso San Francesco per rifugiarmi al caldo
della mia mansarda, e nel tragitto noto che dalle imposte chiuse di molte finestre filtrano esili lame di luce: è chiaro
che molti cittadini sono rifugiati nelle case per propria scelta o necessità.
Mi affretto quasi confortato di non essere tutto solo nella città desolata.
A. FERRIN
modena, 26/12/2017