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libreria di zurau

martedì 26 dicembre 2017

SUBURBICON

                                                                    SUBURBICON



Ieri sera ho rivisto Suburbicon, questa volta in Lingua e l'esperienza è stata positiva: avete presente la serie di film horror come "non aprite quella porta!" ? Beh, quelli sono film da educande rispetto a questo che, peraltro, mi ha ricordato anche Pulp Fiction, ma i colori sono quelli della provincia americana del secondo dopoguerra, girato che sembra un cartone, e sopratutto con violenza e sangue a piacere...qui tutto sarebbe causato dal razzismo: gli adulti ne sono responsabili e i figli come sempre le vittime; e lo stesso razzismo sembra sia il detonatore dell'esplosione di violenza nella stessa comunità bianca di questo "villaggio modello" inizialmente riservato ai soli bianchi, che impazziscono quando una famiglia di afroamericani vi si trasferisce.
In realtà la violenza e le peggiori pulsioni dell'animo umano preesistono, la comunità bianca si arrocca nel suo guscio e crede di dovere difendere la propria identità e purezza dalla presunta contaminazione dei neri, mentre è
invece nelle vite dei buoni puritani WASP che alberga la corruzione all'origine del massacro di cui saranno sempre
protagonisti i bianchi.
La sceneggiatura riporta ai primi anni '50: è perfetta, come pensavo, il soggetto è farina dei fratelli Coen.
Emblematico il finale della pellicola: dopo la strage, le violenze e le varie efferatezze, e con i cadaveri degli adulti ancora caldi, i due bambini ( il bianco e il nero) si incontrano sull'erba perfettamente curata del villaggio e, infilati i
guantoni, riprendono a giocare a baseball come nulla fosse. 
Finalmente l'uscita dalla sala è liberatoria, attenua la tensione che il film trasmette, anche se gli eccessi e le enormità di alcune scene provocano qualche scoppio di ilarità.
Le vie fuori dal cinema sono deserte, avvolte nell'umidità che bagna l'acciottolato, non c'è un'attività aperta, se non uno dei negozi Bangla stakanovisti disseminati nel centro storico, esercizi commerciali peraltro oggetto di critiche
e sospetti degli italiani, e che calano le serrande a notte inoltrata.
Sono imbacuccato per proteggermi dall'aria fredda pungente, e osservo i palazzotti antichi della città medioevale le
cui facciate stinte e anonime hanno marciapiedi dissestati; mi affretto verso San Francesco per rifugiarmi al caldo
della mia mansarda, e nel tragitto noto che dalle imposte chiuse di molte finestre filtrano esili lame di luce: è chiaro
che molti cittadini sono rifugiati nelle case per propria scelta o necessità.
Mi affretto quasi confortato di non essere tutto solo nella città desolata.

A. FERRIN
modena, 26/12/2017

sabato 23 dicembre 2017

NATALE?

                                                                       NATALE?


L'interrogativo è d'obbligo; forse è sempre stato così, ma in ogni caso l'atmosfera che si avverte
in questi giorni non è quella dell'attesa di una festa, o di una sentita commemorazione religiosa.
Il frastuono diffuso, la pubblicità, l'invito incessante all'acquisto e al consumo offuscano la mente,
stordiscono, e invano cerchi di estraniarti per recuperare un poco di spazio tutto tuo: infatti incombe
la necessità, quasi l'urgenza dell'acquisto con una corsa all'accaparramento delle "cose" che sono ritenute vitali per la festa.
Le vie più commerciali e frequentate sono presidiate da questuanti che stazionano in postazioni
strategiche, sperano con un augurio di meritarsi l'obolo, ma noto che il clima natalizio non incentiva
le elemosine.
Nella speranza di non ritrovarsi soli in una società già frantumata, fatta di solitudini, nasce il bisogno
di socializzare, e così donne e uomini cercano di colmare il vuoto  che avvertono anche tra la folla, rischiando di disperdere le energie residue inseguendo chimere e stelle lontane lontane.
Il fatto è che non solo io, ma anche alcuni amici e interlocutori occasionali avvertono questa sorta di nostalgia; questo fenomeno non riguarda i bambini che fortunatamente vivono con naturalezza, con
libertà e gratuità anche le gioie più piccole e vivono con pienezza il momento felice.
Noi adulti invece abbiamo perso la "leggerezza" di un tempo, appesantiti dagli anni che, come
zavorra, ci trascinano sul fondo o alla deriva.
Cerco di individuare le cause di tutto ciò, che sono molte: etiche, perché la società è priva di una scala di valori riconosciuta e condivisa, perché domina il relativismo nella morale privata e pubblica, e il sistema poggia le fondamenta sulla precarietà di un'economia basata sui consumi e sulla selezione in cui pesa più il potere reale( economico) rispetto al merito, un'economia dalla quale, peraltro, grandi masse sono escluse, e nella quale la competitività è funzionale al perpetuarsi del potere nelle mani di pochi, ovvero dei soliti più forti.
Pertanto è comprensibile che noi rimuoviamo questi pensieri molesti e che ci confondiamo nella folla partecipando alla rappresentazione di una realtà fittizia, recita alla quale siamo indotti da meccanismi
il cui controllo non è nella nostra disponibilità, e sorridiamo, come e con gli altri, celando la nostra intima disperazione.
Quindi accade di indulgere nei ricordi legati all'infanzia, un'età inconsapevole della realtà, l'età della fantasia e del sogno, un'età nella quale non sapevamo di consumi voluttuari, i bisogni erano semplici come il loro soddisfacimento con  le poche prelibatezze prodotte dalle donne di casa, piccole cose per noi preziose e il tutto aveva sapori inconfondibili.
Nei cortili e sulle scale persistevano aromi di pietanze rare, c'era aria di festa e i bambini, complici i
genitori, credevano veramente all'evento eccezionale che entrava a fare parte del loro immaginario.
Chiedere se fossimo più felici non ha senso: eravamo certamente più "ricchi", poiché i sogni non
hanno prezzo.
A. Ferrin
modena, 23/12/2017

giovedì 21 dicembre 2017

NOTTURNO

                                                                          NOTTURNO


Un sogno complesso e confuso mi ha risvegliato alle due della notte: ero preda di uno stato di ansia e timore; accesa la luce, ho riguardato la stanza e gli oggetti: tutto in ordine e il silenzio della notte violato solo da alcune auto dirette in Piazza Risorgimento.
Perché dunque questo risveglio causato da paure indefinite, e perciò anche più inquietanti?
Non voglio lambiccarmi il cervello oltre misura, cerco di rilassarmi, mi alzo per bere sperando che questo rituale funzioni e che possa riprendere il sonno interrotto.
Niente da fare, mi giro e rigiro nel letto ma sono sveglio come un grillo.
Allora mi alzo, mi infilo pantaloni e giacca sul pigiama, indosso scarpe da tennis. esco sul ballatoio e scendo le scale diretto al portone della casa.
Non sono abituato a queste uscite estemporanee, e infatti affronto il cortile e la via deserta guardingo
e attento a ogni ombra e fruscio, ma anche intorpidito dal freddo di dicembre inoltrato.
All'altezza del 51, nell'androne di un vecchio palazzo, c'è il fagotto informe di un barbone, e accovacciato al suo fianco un cane pastore che solleva la testa senza fiatare; pochi passi ancora e mi
addentro nel Vicolo Scuro dove luminarie festive ammiccano ancora e un gazebo in legno è deserto,
sembra deserto ma non lo è: alcune sedie di plastica sono impilate e assicurate con una catenella alla paratia, poco discosti una sedia e un tavolino dove siede una giovane donna.
Lei indossa un cappello rosso a larghe falde, un pellicciotto bianco e nervosamente aspira da una sigaretta, il mio passo è subito meno rapido e mi fermo a guardarla, forse troppo ostentatamente, mi rivolgo a lei con ironia e un sorriso che vuole essere amichevole: non ha freddo? Lo sa che fumare a
quest'ora fa più male? La butto lì per provocare o per disperazione, e lei risponde sorridendo: perché
non dici che fa male stare da soli, che la solitudine fa male?
E con uno scatto getta la sigaretta ancora a metà, ne sfila un'altra dal pacchetto e mi indica la sedia vicina.
Stordito dal "tu" inatteso, mi avvicino al tavolino e siedo al suo fianco.
E' molto bella, per usare un'espressione abusata, ma è la verità: sotto le falde del cappello e dal pellicciotto spunta un viso aggraziato, sulla fronte cadono piccole ciocche di capelli biondi, gli occhi
sono d'ambra, la bocca e le labbra un disegno perfetto, e le gote di rosa che sembra una bambola biscuit.
Cerco di riprendermi per realizzare che la donna, proprio quella che ho di fronte, mi ha invitato
al suo tavolo, e dopo alcuni convenevoli, mi parla ancora con disinvoltura quasi mi conoscesse da
sempre e ci fosse fra noi intimità; la osservo mentre i colori ritmati delle luminarie creano un viso
cangiante e luminescente.
E con lo sguardo sognante mi dice: sai cosa vorrei questa notte? Non lo so, dimmi, e lei: vorrei distendermi sul letto e riposare mentre tu, per me, vai a cercare due dozzine di ostriche, una magnum di champagne e una rosa rossa.
Io, sulle prime, non penso alla singolarità della richiesta e alle difficoltà per esaudirla, ma piuttosto all'idea fantastica e fantasiosa, promessa di evasione gratuita e felice dal grigiore quotidiano.
A.Ferrin
modena, 21/12/2017


lunedì 18 dicembre 2017

PREDICOZZI

                                                               PREDICOZZI


Mi riferisco ai predicozzi con i quali Bergoglio, al di la delle sue migliori intenzioni, fa semplice catechismo, cosa che ha sempre fatto ogni buon prete di campagna, come il vecchio parroco della mia infanzia: era brutto ma simpatico, con un abito talare liso dall'uso prolungato, quasi non possedesse una tonaca di ricambio; era povero, bofonchiava quando parlava ma era certamente di grande bontà.
Anche Papa Luciani nel suo breve pontificato cominciò con l'esercizio di una piccola, semplice catechesi a portata di bambini, ma subito i Cardinaloni si scandalizzarono: un Papa non poteva, non
doveva parlare così semplicemente, con parole così povere, e forse anche per questo cominciò la sua
parabola discendente che lo condusse a morte dopo soli trenta giorni.
Bergoglio invece pratica la sua spicciola catechesi con una perseveranza degna di miglior causa, e la sua ripetitività diventa retorica: ha appreso e mette in pratica poche, furbesche regole basilari della
comunicazione utile sopratutto con il popolo dei semplici e ingenui fedeli ai quali mostra l'immagine rassicurante di padre accogliente, e Dio sa se il popolo desideri avere un padre così: la sua regola basilare è di ripetere le stesse parole all'infinito come litanie e giaculatorie, veri e propri mantra utili per la meditazione alla stregua di quanto fanno i seguaci di molte altre religioni, e nel caso, il tutto è condito da baci e abbracci dispensati a piene mani a bambini e giovani, con buona pace dei pistolotti anti pedofilia.
Tutta altra faccia ha il Bergoglio politico: possiede la determinazione e la presunzione dei Gesuiti che ritengono di essere "defensor fidei", quasi depositari della verità, i più vicini a Dio, con l'ambizione di
svecchiare teologia e dottrina e per di più con la sottigliezza, ambiguità e rigidità tutta spagnolesca dei sudamericani, in realtà penso che i Gesuiti, più che uomini di fede, siano sempre stati e siano i legulei della dottrina cattolica.
Pertanto, a dispetto della sua catechesi buona per il popolino, la politica ufficiale della chiesa contraddice il buonismo e gli "strilli" propagandistici in essa contenuti, e persegue un disegno coerente per la conservazione del potere economico e ideologico fortemente minacciato dalla laicità sempre più invasiva della società moderna.
Infine, non vorrei si pensasse che nutro un viscerale pregiudizio e una personale e forse ingiustificata antipatia per questo papa, ma se questa è l'apparenza, così non è!
A.Ferrin
modena, 18/12/2017

ITALIANI

                                                                      ITALIANI 


Guarda caso, come accaduto in passato, i periodi delle festività natalizie, ferragostane e dei molti
"ponti", sembra siano i più propizi per mettere in atto gesti o consentire clamorosi"fatti compiuti" da parte del Potere, o dei poteri di varia natura che confidano nella distrazione dei Cittadini occupati dai
problemi quotidiani e che saltuariamente cercano di evadere dalla realtà.
E' accaduto in questi giorni con la traslazione in Piemonte delle spoglie della Regina Elena di Savoia
e del Re Vittorio Emanuele III di Savoia: il tutto nel silenzio del Governo e di ogni altra autorità.
Gli Italiani hanno appreso dei fatti da un oscuro Rettore del Santuario che così, surrogando funzioni  proprie dei pubblici poteri, ha rivelato che sì, tutto era già disposto per accogliere i resti degli ex Reali d'Italia.
Per carità di Patria (ma perché poi?), mi astengo da giudizi troppo netti anche se giustificati; d'altra
parte non potrei eguagliare in efficacia il Pasolini "Eretico e Corsaro".
Altro discorso sono le reazioni che da favorevoli e contrari sono intervenuti sulla vicenda: gli ipocriti
sono sempre in prima linea: i sedicenti democratici, quelli che hanno "avuto ragione"e hanno vinto,
quelli rivoluzionari in panciolle, gli eterni "partigiani", gli ebrei e il loro endemico vittimismo e infine
conformisti e codini.
Continuo a ritenere segni di civiltà la capacità di comprendere e perdonare, nonché il rifiuto di ogni
dogmatismo e manicheismo.
A. Ferrin
modena,18/12/2017

mercoledì 13 dicembre 2017

PAPAI

                                                                         


Fiocca la neve
sul borgo
della valle
sul poggiolo
ventoso
il lavatoio
e la fontana
Nel cortile muto
tutto tace
la casa è in sonno
dormono i miao
come gomitoli
nel cesto
Le bimbe
assopite
mentre Papai
già  libera
il cammino.

A.Ferrin
13/12/2017

domenica 10 dicembre 2017

9 Dicembre

                                                                        9 Dicembre



E' il giorno del mio compleanno: niente di sensazionale, mi capita tutti gli anni da 75 anni!                  Mi soffermo sul numero e sono sgomento, 75? Così tanti e non me ne sono accorto? Si, è come se non mi fossi accorto del trascorrere del tempo, delle traversie, di gioie e dolori, di avventure e rovesci che hanno costellato la mia esistenza.
Molte cose non le ricordo e questa perdita di memoria è provvidenziale perché gli esperti affermano
che la memoria non può trattenere tutto, pena essere preda della confusione mentale e quindi della pazzia.
Ho avuto con me Annabella e Chiara con Salvatore, e dopo pranzo ci siamo collegati "via Skype" con
Maurizio in Val d'ossola: lui, Alessandra e le bambine sono nella nuova casa a Ponte Maglio.
Sono evidentemente felici e le bambine sono eccitate perché hanno accolto in casa due gattini orfanelli; Lara e Lea mostrano tutta lo loro vitalità, Lara più controllata, e Lea un vero ciclone.
Nel pomeriggio inoltrato mi sono recato in via Scudari per visitare la mostra della Galleria di BPER
che espone opere del Sei Settecento di Pittori che hanno gravitato presso gli Estensi di Ferrara e Modena, opere che appartengono alla Banca della Città.
Io sono stato più volte nella sede cittadina della Banca ma non avevo notato un grande pannello su cui è stato riportato un bel mosaico romano del I° secolo d.c., rinvenuto negli anni '50 durante gli scavi delle fondamenta per la costruzione della nuova sede bancaria.
All'uscita dalla Galleria mi è stato donato, come a tutti i visitatori, un bel catalogo illustrato con la
riproduzione delle tele esposte.
Un dono gradito, come fosse un regalo di compleanno.
Questa mattina invece sono uscito di casa per acquistare il quotidiano e, in prossimità del mercato
Albinelli, ho fatto capolino nella chiesa di S.Bartolomeo dove, come di consueto, era in corso la Messa domenicale di rito Ortodosso a beneficio dei molti suoi fedeli che abitano a Modena;
non è la prima volta che vi assisto: mi piace la partecipazione corale dei fedeli, ovviamente non capivo una sola parola perché sono rumeni, ma i cori sono molto belli e armoniosi.
Con mia grande sorpresa, nella navata laterale ho notato una suora non molto alta ma larga così
come un altare, con abito talare e il capo fasciato di bianco e nero; ho creduto che fosse una suora
ortodossa, ma lei sorridente mi ha detto di essere cattolica, e che la ragione della sua presenza era
dettata dalla stessa mia motivazione: assistere a un rito antico già appartenuto anche ai cattolici e che ora la modernità ha snaturato.
Infine, a sera, Marcello mi ha invitato a casa sua per assaggiare la famosa focaccia di Teresa, ma come sempre, per i meridionali, "assaggiare la focaccia" vuol dire trovare la tavola ricca di tanti piccoli assaggi di contorni con salumi e formaggi, con dolce, frutta e l'immancabile Primitivo,
il loro vino pugliese, il tutto coronato da limoncello e caffè.
Ho constatato ancora una volta come per Marcello e Teresa la cucina e la tavola siano parte di un vero rito orgiastico, ovvero il piacere di degustare lentamente, ma molto lentamente, tutto ciò che offre la casa.
A.Ferrin
Modena, 10/12/2017



martedì 5 dicembre 2017

LUCI

                                                                          LUCI

Luci tremule
mille colori
da brume autunnali
piovono sulla folla
tra bagattelle
assorta
Fanciulli stupiti
grandi forzati
ondeggiano e vagano
ora di qua ora di la                                     
sotto ghirlande
e disegni fugaci.
I piccoli saltellano
tra zimbelli
con  strepiti
lampi di gioia
Tornano al letto
di semplici sogni
ignari del futuro
paghi di vivere
I grandi frugano
l'antica forza
svelando un deserto
senza orizzonte.
Lentamente
la notte divora luci
sempre più fioche
quasi spaurite
che il suo manto
nasconde
Nelle vie deserte
ombre furtive
si affrettano
fuggitive, attente
alla breve
felicità.

A.Ferrin
modena, 5/12/17