Greppia o Mangiatoia, dal latino Praesepae, questa è l'origine dell'antica rappresentazione della natività, patrimonio della nostra cultura, soppiantata nel secondo dopoguerra dalla tradizione nordica
dell'abete, e che tuttavia resiste ancora come ricordo del Natale cristiano.
Nei primi secoli del cristianesimo, gli stessi Vangeli non sono prodighi di notizie circa la nascita del Cristo, e di Giuseppe e Maria; tutto è narrato come una favola bella e suggestiva, una favola in cui i protagonisti sono comuni mortali in povertà, e molti di essi vivono in capanne o grotte con animali domestici.
Solamente dal IV e V°secolo, diventato il cristianesimo religione dell'Impero, e lasciate le catacombe, i cristiani organizzano la loro religione strutturandola con dottrina, teologia, gerarchia e liturgia; il merito è dei cosiddetti Padri della Chiesa( S.Paolo, S.Agostino, ecc.).
La nascita del Presepe che noi conosciamo risale invece al 1200 per merito di S.Francesco: è una
rappresentazione poetica di una vicenda sospesa tra realtà storica, sogno, fantasia, e fortemente simbolica.
Il racconto evangelico, dal punto di vista della comunicazione non potrebbe essere più azzeccato: un
neonato bello adagiato sul pagliericcio, vegliato amorevolmente da mamma e papà, al calore animale
di una stalla; questa visione commuove piccoli e grandi: c'è meraviglia e stupore come per ogni nascita, c'è tenerezza e istinto di protezione per un essere fragile e indifeso, quasi che la nostra specie
voglia farsi scudo a difesa dei nuovi nati.
D'altra parte questi atteggiamenti protettivi non sono prerogativa dei soli umani: anche il mondo degli animali adotta comportamenti "umani" con i suoi cuccioli, insomma è una strategia difensiva e istintiva di sopravvivenza presente in tutti gli esseri viventi.
Tutto questo per dire che tutti ci siamo più o meno commossi davanti al Presepe, dalla più semplice e
povera mangiatoia, alle più sofisticate e grandi ricostruzioni fatte di tecnologia ed effetti speciali.
Le immagini dei Presepi dello zio Attilio, di mio padre Leone o di mio fratello Ermanno, sono
indelebili nella memoria: erano creazioni e produzioni frutto di tradizione e cultura, passione, amore
e ingegnosità.
Ricordo infine i pecorai che, lasciati gli ovili e coperti con pelli di pecora, scendevano al piano con le greggi governate da cani sapienti, migravano al suono di zampogne e sonagli.
E'facile affascinare i piccoli, e sono consapevole che i ricordi più lontani possono essere ingigantiti e idealizzati dalla nostalgia per ciò che abbiamo perduto.
A.Ferrin
20/12/2018