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libreria di zurau

domenica 14 luglio 2019

LA FORESTA



Un bambino (o una bambina, che niente cambia) fu condotto dai genitori ai margini di una foresta ; questi lo amavano, lo avevano desiderato, e considerato la sua venuta al mondo un dono prezioso.
Non si sa perché, per chi e per cosa, pensarono che fosse cosa giusta per il bambino, tutto solo, affrontare il mondo oscuro e misterioso della foresta.
I genitori, peraltro attenti alla modernità, si ispiravano ai testi educativi più avanzati, e nello stesso
tempo più antichi, riandavano con la memoria a lontane letture giovanili e Testi scolastici: da un lato
quelli di bambini cresciuti nelle foreste, di bambini accuditi da lupi e tigri, poi diventati uomini, o, ancora, l'usanza di tribù e popoli primitivi di abbandonare piccoli e giovani a fronteggiare, fra stenti
e pericoli, una natura ostile: insomma, quella che si dice "rito di iniziazione" o "educazione spartana", ed è già molto che non si ricorresse ancora a una "Rupe Tarpea", o ai sacrifici umani agli Dei onnipotenti e vendicativi.
Dunque il bambino, abbandonato all'ingresso della foresta, teme di affrontare l'ignoto, è ignaro della realtà,dei pericoli in essa nascosti, e tuttavia prevale in lui la curiosità e la felicità di esplorare il mondo in cui si muove e il vulcano interiore che lo alimenta.
Penetra nell'intrico della vegetazione dove si apre il varco con sudore, si ciba di bacche e  la notte
sosta e riposa su un letto di foglie, si addormenta al clamore notturno della selva, fra ululati e paure ancestrali senza voci e suoni familiari.
Percorre sentieri impervi, scruta ogni passo, sperando di scorgere un balenio di luci che lascino
intravedere uno spicchio di cielo libero.
Il bambino(o la bambina) trova infine l'uscita dalla foresta, sarà più uomo o donna, ma non più umano di prima; ha abbandonato le illusioni e il mondo fertile della creatività, ma anche la fantasia  innocente e le aspettative di libertà.
Scopre allora una'umanità diversa, altra rispetto a ogni aspettativa e promessa: un'umanità aliena e imperscrutabile, che lo turba al punto di non sapere se "la vita sia morte e la morte vita", una parvenza di realtà, e vaga a tentoni in una caligine che nasconde la via.
Il bambino scopre inoltre il gioco grottesco delle convenzioni nella vita pubblica e privata, gioco che può essere meglio definito come ipocrisia, che nelle relazioni sociali e politiche, si traduce in una riproposizione della foresta che credeva di avere lasciato, e dove, pur nell'oscurità, era tutto più
chiaro: riconoscere il pericolo, le persone amiche, le cose utili e innocue.
Allora, fuori di metafora, egli vive e vivrà in una foresta vergine che impone la sua legge, una legge fatale cui non può sottrarsi.
Il suo desiderio più autentico, infine, è quello di giungere, dopo un percorso a ostacoli fatto di verità spacciate come tali, (poi contraddette da nuove verità sedicenti assolute) di lotte per la sopravvivenza, a uno stato mentale distaccato dalle cose, che accetta il mistero della vita e della sua inconoscibilità.
A.Ferrin
modena/15/7/2019

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