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libreria di zurau
venerdì 15 novembre 2019
KOSAKLAND
Kosakland, è la piccola Patria che i nazisti promisero ai Cosacchi quando questi scesero al loro fianco nella battaglia di Stalingrado.
L'odio di Stalin e dei Soviet per i Cosacchi nasceva dal primo dopoguerra quando, caduto lo Zar e lo
zarismo, era subentrata una feroce guerra civile fra Bolscevichi e Menscevichi, guerra civile nella quale i Cosacchi, sempre fedeli all'impero zarista, avevano avversato la nascente Russia Sovietica.
Con il trionfo dei comunisti, iniziò la persecuzione dei Cosacchi e di tutti gli oppositori del nuovo regime, per i quali si aprirono i Gulag, e la deportazione in Siberia.
Quando, nel '41, la Germania tradì il Patto "Molotov-Ribbentrop" invadendo la Russia, i Cosacchi si
unirono agli invasori che, in cambio dell'alleanza, promisero di cedere al popolo Cosacco nuove terre per edificarvi il loro nuovo Stato.
Ma le vicende belliche condussero alla sconfitta della Germania a Stalingrado, e le Armate tedesche,
incalzate dall'Armata Rossa, furono costrette a ripiegare, anzi a una vera e propria rotta.
I resti dei combattenti Cosacchi, insieme alle famiglie, seguirono i tedeschi nella ritirata verso l'Ovest; era un corteo povero, ( da 30 a 50000 persone) con pochi mezzi, illusi di raggiungere terre
nuove dove avrebbero potuto fermarsi: la loro "terra promessa" era la Carnia in Friuli, ma durante questo esodo i Cosacchi non sono stati trattati meglio di come sono stati trattati gli italiani dagli stessi tedeschi nel corso della comune ritirata dalla Russia.
Gli Alleati incalzavano i Tedeschi dal Sud, e i Partigiani calavano dai monti, i Tedeschi in ritirata su tutti i fronti riparavano in Carinzia, e invece i Cosacchi furono ricacciati verso Est perché Stalin ne pretese la consegna per punirli del il loro "tradimento"; il Generale inglese Alexander dovette obbedire per rispetto di accordi preesistenti fra i vincitori.
I resti di questa umanità di uomini donne e bambini, furono caricati su vagoni-bestiame e ricondotti
in Russia: molti di essi preferirono suicidarsi, altri furono gettati nel fiume Drava, e si pensa che pochi siano sopravvissuti a fatiche, fame e malattie, e poi all'esilio in Siberia.
La Carnia è una terra molto bella, ed è struggente il pensiero che quel popolo disperato abbia per poco vissuto nell'illusione di avere realizzato un sogno.
A.Ferrin
modena, 15/11/2019
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