Ho deciso pressoché all'istante: superata ogni remora sono partito per Domodossola, dove non mi recavo da circa tre anni, e là potrò rivedere Maurizio, la sua compagna e le bambine Lara e Lea. Il viaggio non nasce sotto una buona stella, da Milano a Domo sono cancellati molti treni causa lo sciopero di alcune sigle sindacali, ma temo che l'agitazione indetta proprio di domenica non sia dovuta a semplice coincidenza, ma piuttosto al desiderio di sindacalisti di procurarsi una giornata di festa. Sotto la volta della Stazione Centrale è una vera bolgia: i viaggiatori sono disorientati e sciamano in ogni direzione, sono saltate le coincidenze e perciò assediano gli addetti alle informazioni che indirizzano ai grandi tabelloni elettronici come unica fonte di aggiornamento, allora, a frotte, tutti si ammassano sotto i display gli occhi fissi ai numeri che scorrono veloci. Molti corrono gravati da pesanti bagagli alla ricerca di un convoglio inesistente, altri si urtano e urtano, nel marasma i bambini stupiti intravedono un gioco nuovo e gli adulti in cerca di requie cedono alle suggestioni di vetrine allettanti. Nel clamore assordante mi lascio cadere sfinito su un blocco di cemento fine-corsa, da cui mi rialzerò solo con l'aiuto di un ragazzo nero; infine un'ancora di salvezza viene da un treno internazionale diretto a Francoforte che transiterà da Domodossola; finalmente il treno, dopo due ore di attesa, è instradato sulla linea del Sempione e potrò rilassarmi prima di giungere a destinazione. Le carrozze sono confortevoli e non affollate: si percepiscono le conversazioni altrui, dalle leggere alle più intime, una donna sui quaranta racconta la sua vita senza censure, ha abbandonato la famiglia d'origine perché aveva un padre padrone che urlava e menava, lei giura che sarà diversa con i suoi figli, e infine dice di non parlare più con i genitori, nella sua voce c'è il tono di rivalsa e orgoglio per essersi "liberata". Breve sosta del convoglio nella Stazione Rho Fiera dove, in uno dei marciapiedi deserti, un uomo alto e magro coperto da una tunica bianca si prostra più volte in una direzione precisa che intuisco sia la Mecca, poi riavvolge il tappetino di preghiera e ritorna sui suoi passi. A Domo mi accoglie un cielo grigio, quasi plumbeo, e pertanto dalla canicola di Modena passo a un clima autunnale, ma sono felice di essere in Val d'Ossola, luogo dei ricordi legati alla nostra famiglia. Me ne starò pochi giorni a rivedere immagini di giorni lontani in cui ottimismo e positività prevalevano grazie alla nascita di Maurizio, e poi agli anni seguenti di vacanze estive anche con Annabella e Chiara sopraggiunte: nessuno può privarmi di questi ricordi. Ora esploro la Città con curiosità: è curata e bene organizzata, a beneficio dei Domesi e dei molti turisti svizzeri frontalieri i quali danno alla Città l'atmosfera un po' cosmopolita tipica dei Paesi di confine. Prendo alloggio da Sciolla, l'antica locanda-trattoria e , pioggia permettendo, mi avventuro (tanto per dire) in Piazza Mercato, piccola ma preziosa bomboniera di architettura, ma questo vagare procura presto nostalgia, troppa e così, in attesa di Maurizio che da Crevola sta arrivando con Lara e Lea, siedo davanti al Bertani chiuso e leggo i giornali. Per cena a Ponte Maglio con Maurizio, Alessandra e le bambine (ma sono ancora bambine? Adesso crescono a vista d'occhio, fanno impressione perché si misurano con gli adulti senza timori reverenziali, e con una maturità impensabile alla mia generazione); non so come, chi ha sfidato chi, ma mettiamo in tavola il gioco di dama e Lea mi sfida, e io penso: ne farò un boccone. Scoprirò a mie spese, fra scherzo e sconcerto, di essere stato presuntuoso: avete presente il film "Napoli milionaria" con la partita a carte tra De Sica e il bambino, di cui mi sfugge il nome? Niente di meno tra me e Lea! Questa sera dopo cena guarderò la finale europea di calcio fra Inghilterra e Italia, preferisco guardarla nella mia camera perché sono molto stanco: prendo sonno molto tardi e solo per il tripudio dei tifosi che sale dalla piazza capirò che abbiamo battuto gli Inglesi. Ho dormito come un ghiro, forse grazie al letto nuovo con un materasso che, come si dice, ha conciliato il sonno; al risveglio la signora Lucia ha disposto l'abituale sontuosa colazione che riporta alla memoria la Pensione Bianca di Basilea, frequentata nei lontani anni '60.
Antonio Ferrin modena 15/7/2021
Nessun commento:
Posta un commento