Ogni fine anno, nonostante lo scetticismo alimentato dall'esperienza fatta nel mondo e tra gli uomini, è grande l'aspettativa per qualcosa che "accadrà", che dovrà accadere, aspettativa priva di ogni ratio, frutto di un'insensata speranza, proiezione di nostri desideri frustrati e bisogni nascosti. Siamo in attesa del Nuovo, desideriamo un nuovo orizzonte per continuare a nutrirci di illusioni, uscire cioè dalla caligine della depressione e avventurarci in spazi senza fine, pronti a ogni impresa fra terra mari e monti. Sono immerso in questi pensieri e percorro via Vaccari quando, in prossimità dell'Ufficio Postale, mi giunge l'eco del pianto accorato di una donna che tra i singulti lascia trasparire il motivo di tanta angoscia: mi ha lasciata così, senza una ragione, dovevamo passare insieme la notte di Capodanno e lui non si è fatto vedere! Sta conversando con un'amica che ascolta cercando di consolarla. E prosegue singhiozzando: cosa devo fare, non so cosa fare, mi hanno detto che è tornato con la sua ex; la donna è giovane, tutta in tiro su tacchi 12, e armeggia con rabbia allo sportello Bancomat che non risponde alla sua richiesta; la scena è triste e io, timoroso di essere frainteso, evito di offrire il mio aiuto ma cosa potrei fare? Se la donna è in crisi, io cammino a tentoni! Procedo verso il Bar del Gallo e avverto ancora il suo pianto che infine si perde nell'aria. A proposito dell'avvento del nuovo anno pieno di speranze e attese di cose buone, questo e episodio mi riporta alla realtà della nostra impotenza.
A. Ferrin modena, 1/1/ 2022
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