LA CORTE
E' un film francese del 2016 presentato a Venezia.
Ieri pomeriggio mi sono recato al cinema Truffaut per vedere questo film; dopo il "Condominio dei
cuori infranti", anche questo, francese, mi è piaciuto.
I francesi sono bravi in questo genere dove sono importanti gli attori caratteristi, in storie comuni e
quasi"sottotono", ma dense di significato, recitati con naturalezza e un pizzico di ironia.
Il film narra la giornata di un Presidente di Corte d'Assise che deve giudicare due genitori per la morte di una bambina di sette mesi.
La giornata si dipana tra siparietti godibili con protagonisti gli imputati, i giurati,e sopratutto il Presidente della Corte e una testimone: il protagonista Fabrice Luchini, e la giurata Babett Knudsen.
A dispetto di ciò che afferma il Presidente Racine iniziando il processo: "il compito dei tribunali non
è la ricerca della verità ma piuttosto l'affermazione e la supremazia della legge", la sentenza per i
genitori della bambina è di assoluzione, e in essa prevalgono umanità e comprensione.
Devo tuttavia riferire di ciò che è accaduto nella sala durante la proiezione del film.
Io sono entrato per tempo nella sala ancora deserta e ho preso posto nella poltrona più esterna di una
delle file più lontane dallo schermo, come preferisco abitualmente.
In attesa dell'inizio dello spettacolo, gli spettatori prendono posto e si distribuiscono abbastanza uniformemente: due donne e due uomini chiedono di entrare nella fila che occupo, e l'ultimo, un uomo, si siede proprio accanto a me; non sono più nello splendido isolamento che desidero,
Infatti mal sopporto la sua vicinanza e allora mi faccio coraggio, mi alzo e mi sposto due file
avanti, sempre nella poltrona più esterna.
Ora sono ancora solo e mi rilasso mentre l'inizio dello spettacolo è ormai prossimo, attendo che si spengano le luci quando tre donne fanno cenno di volere entrare nella mia fila, si accomodano e una
occupa la poltrona al mio fianco.
Ho visto il film senza muovere un muscolo: ho tenuto il braccio destro fisso sul bracciolo, e la donna teneva il suo sinistro senza dare mostra di volerlo ritirare, e così, per l'esiguità dello spazio disponibile abbiamo tenuta la posizione per novanta minuti.
Il film mi è piaciuto molto, ma confesso che ho goduto di più della vicinanza di quella donna: il contatto fisico, benché superficiale e fortuito, trasmetteva attenzione e calore, abbandono e tensione
emotiva. Ho avvertito un ineffabile "Profumo di donna".
Antonio Ferrin
Modena
11 Aprile 2016