SCRIBERE

libreria di zurau
venerdì 20 maggio 2016
RITORNO A MUTINA
Finalmente, al termine di un viaggio avventuroso, sono rientrato a Modena.
La via Emilia è inagibile per i ponti crollati e le strade sconvolte, così come la linea ferroviaria Bologna-Milano è fuori uso perché manca l'energia elettrica e i treni, bloccati sulla massicciata sono
ormai preda di disperati in fuga dalla città e in cerca di rifugio.
Mancano notizie di prima mano, ci si deve accontentare di "sentito dire" con tutto quanto ciò può
significare: i fatti certi sono pochi, ma sufficienti per descrivere una realtà ancora inimmaginabile nei primi anni '80 del secolo scorso.
Dopo anni di degrado pubblico e privato, di ondate di immigrati provenienti da Africa, Medio-Estremo Oriente e addirittura Centro America, in presenza di una denatalità inarrestabile, la condizione geopolitica e umana del Continente è cambiata radicalmente: gli Stati nordeuropei sono riusciti a creare un "cordone sanitario" che li separa da quelli meridionali, con il risultato che l'Italia
con i suoi venticinque milioni di immigrati è ormai in mani extracomunitarie, la Francia ha lasciato la sua Provenza agli arabi e al Terzo mondo, e la Spagna, che infine era riuscita ad annettersi Gibilterra, ha fatto di questa un'eccellente porta di ingresso in Europa per le popolazioni affamate provenienti dal centro e nord Africa, il Belgio è praticamente estinto: francofoni e fiamminghi sono tacitamente
controllati e amministrati da francesi e tedeschi.
La Germania, che già controllava i Fiamminghi, si è annessa l'Austria, realizzando così il vecchio progetto Hitleriano, e ora presidia in forze il confine con l'Alto Adige.
La Svizzera, infine, dal marasma economico e sociale in cui è piombata l'Europa, ha tratto nuova linfa per la sua sopravvivenza, potenziando così il suo ruolo di storica cassaforte rifugio per i capitali di equivoca e dubbia provenienza, e per le immense risorse occulte vaganti nel mondo.
Le cause di tutto ciò sono ovviamente molto complesse e non univoche; prendiamo l'Italia, sempre priva di un vero potere pubblico accettato e rispettato dai cittadini, ma piuttosto in balia di fazioni
economico-politiche impegnate in lotte fratricide per spartirsi il "malloppo", è precipitata in un clima di corruzione diffusa e resistente a ogni azione moralizzatrice, azioni peraltro velleitarie e di pura facciata.
Determinante è stato anche il fallimento dell'Unione Europea, dove l'ideale forte e nobile di una Europa unita è stato sconfitto dagli egoismi di tutte le parti in gioco, dei forti contro i deboli.
Pertanto un'Italia allo sbando, con una classe politica incapace di reagire e organizzare una qualsiasi
autodifesa, e invece propensa a ricorrere a ogni mezzo lecito e illecito per trovare salvezza in qualche
isola felice, in anguste valli dimenticate da Dio e dagli uomini, o a rifugiarsi su palafitte sorte su acque incontrollate che si sono riappropriate dei loro antichi terreni.
Questi transfughi hanno allestito proprie milizie armate che compiono scorrerie in Modena e dintorni
in spregio di ogni legge di giustizia e umanità.
Dunque sono rientrato in città da nord, presso la Cittadella, e sono subito sgomento per le rovine
che intralciano il cammino, e penso subito con gioia alle mie figlie che con la madre sono al sicuro nell'alta Val d'ossola, con Maurizio e la sua famiglia.
Sono stremato dalla fatica e dagli stenti patiti, ma sono preso dal desiderio e curiosità di rivedere Modena, l'antica Mutina dei Romani.
Ho saputo che la più folta comunità di immigrati, di origine nordafricana, si è insediata nei quartieri medioevali, e che si appresterebbe a ripristinare una parte delle mura cittadine utili per la sua difesa;
in molti palazzi storici vive asserragliata ciò che resta della borghesia modenese protetta da soldati di ventura.
Molti facoltosi modenesi, sognando un'impossibile ritorno alle origini, hanno ripreso possesso delle loro Ville fortificate nel forese, e altri ancora hanno occupato le vecchie caserme dell'esercito italiano dismesse da moltissimi anni, e alle cui garitte di vedetta appaiono come fantasmi volontari armati che guardano strade deserte e mute: ma chi oserebbe avventurarsi in questa città, di notte, fuori dai rifugi e lontano da mura amiche?
In città sono numerose le moschee ricavate da chiese i cui campanili sono ora minareti che svettano sui borghi medioevali. Mi aggiro nei pressi dell' antico mercato coperto che, ampliato con l'annessione di molti negozi vicini, è ora un vero suk orientale pervaso dagli inconfondibili aromi e sentori di spezie e nel quale donne, uomini e bambini si muovono freneticamente in un vociare confuso e suoni inconsueti: sono i "barbari" che abbiamo tanto temuto e temiamo ancora, ci stupiamo della loro presenza fra noi, della naturalezza che mostrano nel disbrigare le nostre stesse occupazioni, e benché siamo ancora timorosi di tutto, sospettiamo ormai di essere tutti, autoctoni e nuovi venuti, barbari,
Vagando nelle strade strette a ridosso di Piazza Grande, ho constatato che il Duomo è intatto, come lo è l'Abbazia di San Pietro con le sculture del Begarelli, gli affreschi della sacrestia e il bellissimo chiostro delle colonne.
Altri cittadini si sono rinchiusi nel bunker mostruoso edificato dal Banco San Geminiano al tempo lontano e felice della dissipazione e della grandeur dei banchieri; questi cittadini si sono isolati in questa ridotta militare decisi a resistere a ogni costo, in attesa di un nemico sconosciuto del quale non si notano segnali.
I preti non sono scomparsi, ma si mimetizzano: indossano povere tuniche di sacco e chiedono
l'elemosina nelle case; nulla si sa del vescovo, cosa fa e dove si trova, mentre tutti sanno che il vecchio Papa Francesco, dimessosi nel 2019, si era trasferito nella Terra del Fuoco in Argentina, lasciando in Vaticano le sue vecchie scarpe ortopediche e il crocifisso pettorale di argento.
Sede papale vacante, nulla risulta dell'elezione di un nuovo Pontefice, ma si è al corrente di scontri durissimi nel Collegio Cardinalizio, e di fastosi balli sulla terrazza dell'attico del defunto Cardinale Bertone, balli ai quali si dice partecipino anche le donne ammesse al sacerdozio e dispensate dal nubilato, come i preti dal celibato.
Ma infine non risulta che in Italia e nel mondo vi siano richieste pressanti di una elezione papale "Hic et nunc", in altri termini non si correrebbe il rischio di una nuova "Viterbo".
Ma tornando a Modena, noto anche il degrado in cui versa il vecchio Direzionale 70, con le sue "vele" ridotte in ruderi tra i quali bivaccano nomadi e razziatori, frutto di un degrado inarrestabile.
Ma ciò che offende di più e ferisce, è l'abbandono in cui versa la città: la rete fognaria non raccoglie le acque reflue e quelle nere, le caditoie sono ostruite da detriti e non possono scaricare nelle grandi cloache sotterranee, ma più di ogni altra cosa, è insopportabile il lezzo della immondizia che, non raccolta, si accumula senza sosta nelle strade divenute discariche a cielo aperto; d'altra parte, l'inceneritore di via Cavazza è fuori uso per le ragioni dette prima, e non può quindi smaltire la collina di rifiuti che diventa sempre più montagna.
Insomma, è saltata la rete di istituzioni e servizi indispensabili perché la città possa vivere civilmente, ma temo che nessuno, oggi, si ponga questo problema, poiché tutti vorrebbero almeno sopravvivere, nonostante tutto e tutti.
Antonio Ferrin
riproduzione riservata
Modena 19 Maggio 2016
lunedì 9 maggio 2016
SULLA STRADA
SULLA STRADA
Mi reco all'Ospedale di Vignola per visita di controllo dopo l'intervento chirurgico: l'appuntamento
è fissato per le 15,30, ma ho deciso di partire in corriera questa mattina perché non ho voluto
coinvolgere e impegnare le mie figlie e un amico che si era detto disposto ad accompagnarmi laggiù.
Così sono andato in Autostazione, un luogo anonimo e anche fatiscente, è da moltissimi anni che non
utilizzo questo mezzo e ne ho un ricordo molto lontano nel tempo.
La memoria mi riporta agli anni '50, gli anni del Collegio, quando si partiva per le vacanze estive o per le istruttive visite turistiche in Italia, e sono indimenticabili i lunghi tragitti necessari per giungere
in Trentino, e memorabile la nausea da mal d'auto che colpiva noi ragazzi quando la corriera percorreva la tortuosa Gardesana orientale o i tornanti delle valli alpine.( A quel tempo non c'erano Autostada del Sole, né Autobrennero!)
E non escludo che nausea e malesseri vari fossero provocati dall'odore nauseabondo di cui erano
impregnate le corriere dove, peraltro, non era vietato fumare.
Ma ora sono in attesa della Corriera che mi porti a Vignola: la sala è animata dai passeggeri in
partenza per le varie destinazioni, passeggeri che rappresentano plasticamente la composizione sociale
del "viaggiatore tipo" che non ha la macchina e si affida al mezzo pubblico, e testimoniano anche la stratificazione di tipo economico: tra essi gli extracomunitari e gli immigrati prevalgono.
Come è mia abitudine, sono disponibile alle nuove esperienze perché sono curioso di quanto mi accade
intorno, e sono felice quando infine posso salire in corriera dove, per fortuna, occupo il posto libero
accanto a una ragazza molto carina.
Già questo incontro fortuito mi permette di ricredermi circa molti "luoghi comuni" di cui siamo vittime, più o meno consapevolmente: ciò è dovuto alla nostra vita sociale "appartata", in gruppi chiusi, privi di comunicazione e scambi, e ciò conduce al pregiudizio e al timore dell'altro.
Non si comunica con i giovani, e allora questi diventano strani, oggetti misteriosi, perché noi adulti
abbiamo dimenticato la nostra gioventù, diffidiamo degli immigrati e li guardiamo con sospetto, ma sono solamente diversi da noi, come lo siamo noi per loro.
Insomma la diversità, le diversità sono una peculiarità del mondo animale, mondo di cui siamo parte
a pieno titolo.
Ma devo dire che qualcosa accomuna giovani e meno giovani, italiani e stranieri, belli e brutti, ricchi
e poveri: la mancanza delle buone maniere, del rispetto di regole di comportamento civile nei luoghi
pubblici e con la cosa pubblica e con ciò non intendo generalizzare.
Ma la ragazza che siede al mio fianco è perfetta, corretta nei modi e nel linguaggio, quasi timida e pudica al punto che molti suoi coetanei potrebbero definirla "nata vecchia".
Per il resto quasi tutti i viaggiatori sono immersi nei loro I Phone, Smart e video, e non si curano d'altro, parlano a voce alta ( in ciò si distinguono i neri), salgono a bordo sprovvisti di biglietto con
una disinvoltura che sfiora la prepotenza, ( in questo si distinguono gli arabi) e perciò non dovrei sorprendermi quando nei pressi di San Vito sale a bordo una pattuglia di 4, quattro controllori.
Infatti, al mio stupore, il conducente afferma che ciò è necessario perché i gruppi di "portoghesi" colti
in fallo spesso reagiscono aggredendo il personale dell'azienda di trasporti.
Distratto dalla mia passione per la ricerca sociale, mi sfugge in parte la visione della campagna di
Vignola in pieno sole, ancora punteggiata di ciliegi in fiore, una terra lussureggiante, molto ricca, che qui diventa sempre più mossa da balze che guardano l'Appennino che incombe.
Ma eccomi in Ospedale a Vignola, vado subito in Chirurgia dove invano spero di rivedere i due
novantenni che ho lasciati agonizzanti.
E' tutto molto triste, ma è anche preoccupante che io cerchi di essere sempre vicino alla morte, che mi aggiri comunque nei suoi paraggi.
Antonio Ferrin
Modena 6 Maggio 2016
domenica 8 maggio 2016
GUERRIGLIA E SOVRANITA'
Guerriglia e sovranità
Guerriglia al Brennero, mentre al di là del confine gli austriaci sono indisturbati.
Il ministro degli Interni austriaco partecipa, ed è applaudito, al congresso SVP di
Bolzano, e Bergoglio in Italia fa e dice quello che vuole.
Tutto va bene, o c'è qualche cosa che stride? Forse non siamo "ventre molle" della
sola Europa, ma del mondo intero.
Antonio Ferrin
Modena
sabato 7 maggio 2016
FRAMMENTI DI SOGNO
FRAMMENTI DI SOGNO
FRAMMENTI DI SOGNO
Il sogno, l'illusione, l'utopia, sono
elementi vitali per la nostra esistenza
e ciò spiega, forse, perché ne
raccogliamo e amiamo anche i frammenti.
(Raccolta di poesie di
Antonio Ferrin
pubblicata nel 1986.)
Ho Sognato
Ho sognato cose di fanciullo dalla collina rotolavo nel grano verde di maggio
e tracciavo impervi sentieri
Correvo al mare,
linea azzurra all'orizzonte e stremato affondavo il viso
nella terra ocra chiara
Erano ristoro e gioia il sapore
di terra, l'aria marina di scirocco
e il brusio lontano di greggi
governate da cani sapienti.
modena, 1983
Figli
Occhi attoniti
di ebano e azzurro nella notte
nel crepuscolo
Rose sbocciate
nella siepe brulla
rugiada offerta
all'erba secca
del prato.
modena,1983
ALPE BUSCAGNA
Da vette di pietra bianca
piomba il vento e frulla
nel ginepro e mirtillo
dell'alpe Buscagna
Siamo saliti
per l'aspro sentiero
tra abetaie noccioli
e valli di prati erbosi
Ora supini esausti
miriamo la ghirlanda
di giogaie e cime
che vegliano la piana
Alpe rugata da vorticose acque
spumose di iride e cristalli
ove risuona il lento rintocco
degli armenti alla pastura
Sostiamo ancora
in questa pace rara
poi come torrente inquieto
scenderemo al piano.
1983
VEGLIA
Nebbie rare vagano
senza meta questa sera
quasi ombre mute
celebrano riti segreti
tra le attonite farnie
1984
AGONIA
Come sei bella
sul bianco guanciale
ora la tua assenza
appare greve sonno
potrà questo respiro
lenire le tue pene?
Riposa, riposa
non andare via.
Ma la morte paziente
veglia ancora
guarda l'ignaro sorriso
che porterà via.
1979
INCANTO
Velo di nebbia sfoca
valle donzella
acque salmastre
tra salicornia giunco scirpo
Silenzio fra le erbe
e la cannella palustre
tace il gabbiano
il falco riposa
né l'incedere dell'airone
turba l'attimo
Ma nere folaghe
oscuri presagi
con verso beffardo
negano l'incanto.
1984
PENSIERO
Pensiero
nella notte
vaga tra gli alberi
spogli
spettrali
nelle brume
d'autunno
e segue
il treno lontano
il suo battito
che muore
nelle spire
di nebbia.
1984
ATMOSFERA
Luce bianca tepida
inonda le contrade
in ore quiete
pare senza tempo e vita
la città.
E' un rapido inganno!
Nei vicoli in ombra
nei luoghi segreti
brulica di vita
odi il mormorio
come eco di mare?
1985
PRIMAVERA
Aria allegra d'aprile
muove esili salici
l'erbe fresche del prato
e increspa la marcita
Tutt'intorno la vita
fermenta e risplende
nel meriggio che non sa
del tramonto.
Perché il sole non tramonta
in noi si fa sera.
1984
DESIDERIO
Il tuo sguardo
è filo di seta pura
tesse sul mio viso
l'ineffabile disegno
del desiderio
1983
SONNO
La notte
raccoglie il suo manto
e scopre un cielo
di puro cristallo
Luce gioca
tra i capelli
e tu sogni ancora
forse felice
perché dolcezza
è sul tuo viso
Non ti destare
in silenzio
voglio guardare
il tuo sonno ignaro.
1983
SILENZIO
Il silenzio
scava nicchie sicure
nella terra sola.
Come gelida galaverna
ricama inquieti spiriti
di riposte paure.
1983
VOCE
E nel silenzio
eco di desiderio
improvviso
la tua voce
chiama
Triste lusinga
si perde
fra complici fronde
nel meriggio
di solitudine.
1984
ATTORE
Questa sera
non è vino allegro
che mi fa barcollare
nella via deserta
lastricata di specchi
da gelida pioggia
Mentre altri indugiano
tra le quinte
attore solitario
dico vane parole
e urlo per udire
la mia voce
Ma questa sera
non voglio recitare
come marionetta
dai fili spezzati
voglio abbandonarmi
libero e riposare.
1985
CHIARA A CARNEVALE
Cenci e brandelli
rosa e cobalto
colmi di stoppie
brillanti al sole
effimero
di febbraio
Spaventapasseri
innocuo folletto
le festuche sul viso
l'ampio cappellaccio
non celano gli occhi
grandi e sereni
1985
SERA DI NEBBIE
Sono stanco
e nascondo
il sorriso amaro
tra le pieghe fredde
di una folla ignara
Voglio riposare
nella sera di nebbie
pensare
all'aria diafana
che mi offra
un ampio orizzonte
Lasciatemi solo
non m'importa
cosa accadrà
Lasciatemi riposare
che sonno mi prenda
generoso
vincendo
questo corpo
arrendevole.
1985
SENZA SAPERE
Questo cielo
duro metallo
costringe la terra
in ombra
E noi
maschere buffe
corazze di paura
corriamo folli
la via obbligata
senza sapere
dove e perché.
1985
UNA ROSA
Passa l'uomo
delle rose
offre il fiore
alla donna
ammiccando
al cavaliere
Da me non sosta
perché solo
rose
non posso donare.
1985
FURIA
Quasi furia di mare
il desiderio di te
mi assale.
A un'aria nuova
complice
ondeggiano i sensi
sospinti da richiami
ingannevoli
dei tuoi occhi ambrati.
Come duole
questo canto
di sirena lontana.
1985
CIELO CHIARO
Fruscio di pioggia
sulla neve
che muore
freddo vento
sui vetri diacci
il passero nascosto
fra coppi sconnessi
attende la felicità
di un cielo chiaro.
1985
ROSA IN SONNO
Come rosa in sonno
nell'ombra proteggi
il tuo mistero.
Tenebra senza fine
fuggi presto
che lei schiuda
i candidi petali
per donarmi
un'alba felice.
1985
MARINA
Una sera gravida di ombre
avvolge il mare
e inutile volgi lo sguardo
al vuoto orizzonte.
Una sera di silenzio
invade la dimora
aroma di sale e alghe morte
reca la brezza della notte.
Non echi di giochi
sull'arenile né lo strepito
della città in sonno
è l'attimo
del segreto dialogo
col mare.
Confidi liberi pensieri
ti nutri del suo respiro
sussurro cadenzato
della risacca
stanche onde
si frangono sulla battigia.
1984
CASTELLI
Il bimbo ride e gioca
sulla battigia
con castelli di sabbia
paziente riporta la rena
che l'onda scherzosa
sottrae
Il bimbo è triste
piange la torre abbattuta
nella festa dei grandi
perché non sa
l'effimera felicità
dei giochi di sabbia
1984
PIETRA
Nell'assolato meriggio
torpide membra
nella macchia ombrosa
e invano
tendi la mente
all'animo immobile e muto
pietra ostile
che erpici e lame
sfida nella buona terra
Spezzati pietra!
Dissolviti generosa
per non morire
lascia che linfa e umori
ti portino via
con giochi fanciulli.
1985
OMBRA
Ombra
nel cupo respiro
della notte
ti cerco
e vai come
spira di nebbia.
1985
DONNA TRISTE
Preda
di furia tiranna
rami scomposti e vinti
lo sguardo smarrito
le pieghe amare
del viso.
Albero scavato
da bora e salsedine
il corpo pallido.
Questo
delirio di odio
insidia e offende
la bellezza.
1984
PIANOFORTE
Note struggenti
di motivi antichi
feriscono l'animo
senza pace.
Vorrei qui
con me
lei
perché solitudine
lento veleno
non cresca
come loglio
nella terra incolta.
1985
ALBA
Il canto di fringuello
nell'alba opaca
un sole lontano
rischiara campi perlati
dalla notte.
La cascina rosa e verde
e l'aia sono deserte
non voci di fanciulli
che esplorano la macchia
come arcana foresta.
Solo il mormorio
di remote strade
una lama di luce
violano
la cupa frescura
dei tigli.
1985
PROMESSE
Tutto è silenzio
che il giorno muore
e tu supina
perdi lo sguardo
lontano.
Conducimi
dove vaga
il tuo animo lieve
svela il segreto
del tuo sorriso.
Suono di onde
fruscio di vento
o eco di antiche
dimenticate
Promesse?
1984
CANTI E BALLI
Canti e balli
per me questa sera
Acqua sorgiva
scorri libera
diffondi
stille di rugiada
fulgore
dagli occhi splendidi.
Tu plachi
la mia arsura
ma penso a te
allegro clown
che dolore e tristezza
hai negli occhi veri.
Tu lo sai.
E sei più bella.
1985
FANCIULLI
Fanciulli eravamo
ricordi
Signori dei campi
correvamo in frotte
per fossi e pometi
nella sera
Seguendo tracce
di lucciole
esploravamo
magiche lusinghe
della fantasia
Poi invisibili
scrutavamo la
lucente filigrana
in cielo
e cantavamo la nostra
ebbrezza nell'aria chiara
stupiti
delle cose arcane.
Allora alto
risuonava il tuo canto.
Ma stelle folli
tracciarono un oscuro disegno
cantavi la vita
e la morte ti ha amato
il tuo anelito
ha spento sulle labbra.
Il tuo sorriso incorrotto
per me
ora che le notti hanno
veli cupi
né lucciole danzano
nei campi sconvolti.
1983
In ricordo di Franco compagno di giochi.( anni '50)
mercoledì 4 maggio 2016
IL CASOLARE ( di Antonio Ferrin, raccolta pubblicata nel 1997) 4 maggio 2016
IL CASOLARE
Sconosciuti
Sconosciuti
ci guardiamo
attoniti
Non odio
amore
negli occhi
ma nostalgia
attesa.
Forse
nel silenzio
possiamo sognare
e sperare
ancora.
1997
Balbettio
Balbettio
di canuti fanciulli
per dire
parole rimosse.
Piegati
occhi velati
scrutano l'orizzonte
invano.
Non onda
o battito d'ali
sul mare livido.
1997
Lontano
Lontano
vorrei essere
lontano
Come farnia
da radici profonde
sono qui
immobile.
Che importa
se fronde
ristorano
e nutrono.
Io sono qui
lontano
vorrei essere
lontano da qui.
1997
Gabbiano
Vola la mente
come gabbiano
su mare infinito.
Precario splendore
l'inganno
della fantasia
poi che il pensiero
come gabbiano stremato
si posa.
1997
Non voglio
Non voglio amarti
questa sera.
Voglio desiderarti
e contemplare ancora.
Gli occhi, la bocca
il tuo segreto
sono promesse
di ebbrezza e gioia.
1997
Treno
Nel sibilo d'aria
la fanciulla sospira
l'uomo assorto
voci acute e sussurri
negli occhi
il torpore della notte.
Lei è pallida
capelli biondi
come onde
non la turbano
il rollio
e il brusio diffuso.
Con grazia e fermezza
è attenta al suo viso
si specchia
crea maschere buffe.
Ecco solleva il capo
e risplende.
1997
Sorriso
Il sorriso
il fulgore
dei tuoi occhi
per la mia quiete.
La tenerezza dei baci
il tuo ardore
per la mia felicità.
1997
Una barca
Una barca
bianca e verde
in balia
di mare tempestoso.
Io ai remi
fuggivo
l'onda alta
tu
bianca polena
dominavi
marosi in furia.
Poi dall'onda
la barca scivolava
nel mare placato
puro smeraldo.
Sul fondo scoglioso
spuntava
un'algida luna.
1997
Casolare
Passeri felici
ghiandaie
dipingono
beole ferrigne.
Lucertole pigre
sui muri spettrali
stretti da rovi
dove il colubro
riposa.
Fronde gravate
di inutili frutti
tremano
e nel querceto
il cuculo richiama.
Casolare solitario
il sole inonda
lontani pendii
saliamo stanchi
dal piano
per donarti vita
e ci riscaldiamo
alla tua brace.
1997
Magma
Amore
Vita
Morte
Pena infinita
distillare
pure
poche parole
dal magma
del nostro tormento.
1997
Acqua chiara
Acqua chiara
sgorga
per noi stremati
nel mirto del pianoro.
Poiché sospiriamo
questa quiete
saliamo ancora
un'altro guado
l'ultima balza
già lontana
è la foschia
della valle.
1997
Nel sogno
Nel sogno
turba la quiete
il bisbiglio segreto
Angoscia padrona
oscuro groviglio
che il soffio di luce
al mattino dipana.
1997
Questa primavera
Questa primavera
ha fiori spenti
e verde cupo
mentre aspetto
perduto altrove
il tuo ritorno.
Mi troverai
sul sentiero
di biancospino
guardare la vita
fuggire
per strade lontane.
1997
Fantoccio
Ha scelto
un'alba di nebbie
per fermare il treno
nella terra solitaria.
Chi era?
In silenzio
pensiamo
a coincidenze
incontri perduti
nell'estenuante attesa.
Assorti
non vogliamo guardare
il fantoccio spezzato
tra pietre purpuree:
con muta disperazione
ci aggrappiamo alla vita.
Povero uomo
solo e stanco
un destino benigno
forse
ti ha donato
un lampo
di follia e verità.
1997
Risacca
Un refolo
dalla macchia
reca note antiche
sul deserto arenile
che vogliono lusingare
il mare.
E sussurra
l'eterna risacca
troppo grande
è il mare
remoto e arcano
è il mare.
1997
Orizzonte
Orizzonte di fuoco
dissolve il giorno felice.
Stanco
senza pena
ho voglia
di sogno e oblio.
1997
Radura
Nel querceto
spoglio di autunno
arbusti e rovi
ostili
nascondono ruderi
di povere case
penetrate
dalla boscaglia.
Nella radura
tumuli abbandonati
fra pietre scomposte
vagano
timide ombre
di morti.
1997
PROMESSE ( poesie e testi brevi) raccolta del 1992 di A.Ferrin
PROMESSE
...questo il mio sogno:
una modesta casetta in campagna
con un piccolo orto vicino a una fonte...
(Orazio)
Ricordare Respiro
Sono tornato
Un prato verde nella stanza
una pietra bianca vuota
Vorrei dimenticare dove muri bianchi
Voglio ricordare rimandano
Non voglio dimenticare. il respiro
come rantolo
estremo.
Antonio Ferrin
Modena Antonio Ferrin
Modena
da PROMESSE
SULLA RENA
Sulla rena di fuoco
riposa
attende
che l'ultimo sole
declini
Vince il torpore
la brezza di mare
e lei sorge
con occhi assenti
che vuol sognare
ancora.
Antonio Ferrin
Modena 1992
da "Promesse" 1992
NEVE
Una coltre
la notte
ha disteso.
Ombre vaghe
nella via
limacciosa.
Fanciulli muti
nel biancore
che sfugge.
1992
VENTO CALDO
Vento caldo
d'autunno
scuote le fronde
e tremolano
Come maestose
vanesse si librano
le foglie ingiallite
che poi stremate
cadono
crepitano
nel turbine di vento.
da Promesse 1992
HO PORTATO
Ho portato
fiori di campo
perché era triste
Non voglio
nei suoi occhi
cielo grigio
ombra
sul volto
stupito
Ho portato
fiori di campo
per un suo sorriso.
Modena 1992
PAROLE
Ti penso
Invano
cerco parole
per te
per noi
Ho soltanto
parole semplici
per questo
tardo autunno
Con foglie morte
gelide brume
dona felicità.
da PROMESSE
1992
SE AMORE
Se amore
è questa pena
ineffabile
nostalgia
del tuo sguardo
dolore
per la tua assenza
Se amore
è sconforto
perché taci
tenerezza
e felicità
se ti penso
Se questo è amore.
da PROMESSE
1992
Una lampada cristallina e accesa nella via stretta, ma la luce tenue
non dipana le ombre della sera caduta inattesa.
Questo silenzio senza pace è un gendarme che sorveglia
ombre furtive, paure sospese.
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Perché fuggire? Da chi e da dove? Per andare dove?
In ogni dove non potresti che essere te stesso, con te stesso.
L'unica realtà possibile e vera ha te come protagonista, e dunque
perché non vuoi riconoscerla, riconoscerti e accettarti senza riserve?
Cosa ha commesso questo "te stesso" per essere respinto così
tenacemente?
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Come tarda l'autunno!
Ancora giornate di sole e cielo terso, nebbie rare e poco freddo nelle
prime ore del mattino e a sera.
L'uomo delle caldarroste è all'angolo della strada, ma pare fuori luogo:
al profumo delle castagne manca il sapore delle nebbie, il fornello non
appare come focolare amico nella caligine densa.
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Lei mi fissava e rideva del mio stupore.
Era seduta al tavolo di cucina, le gambe divaricate, mostrava il biancore
dello slip.
Mi fissava e sventagliava le banconote nelle mani come carte da gioco.
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Ho sognato un bacio, sì un bacio.
Ricordo, mi pare di ricordare, che inizialmente ci sia in lei una certa
ritrosia, che non voglia baciarmi, o che voglia concedermi solo un bacio
sulla guancia.
Poi, gradatamente, mi porge le labbra, e il bacio diventa sempre più
appassionato, dolce e profondo.
Il risveglio è improvviso, con felicità e tristezza nello stesso tempo.
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Il treno è quasi vuoto. Percorro le carrozze avvicinandomi al locomotore.
Finalmente mi sistemo dove è una ragazza sola, impegnata a scrivere;
sembra un diario, pagine quasi vergini con frasi brevi alternate a piccoli
disegni colorati.
Al centro di una pagina bianca spicca con caratteri vistosi la scritta:
ho due occhi stupendi!
E mentre il treno va, la osservo con discrezione e ciò mi infonde grande
serenità.
Fuori, scorre la campagna coperta di neve, dentro la giovane ha gli occhi
stupendi e sognanti.
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Una piccola trattoria, ricavata da un'antica mescita di vini.
Il cibo è buono, genuino, e quel che più sorprende è la musica classica
diffusa nell'ambiente, e l'ostessa che conversa con i clienti del Correggio, dei Carracci, o del Futurismo.
E infine non ti sollecitano a mangiare, e infatti dopo il primo ti chiedono:
mangia ancora? Con l'aria di dire, non ne hai abbastanza?
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Il molo del porto, il suo punto estremo nel mare ai piedi del faro.
Le opere poste a difesa dalle mareggiate sono corrose e degradate
formando bassi fondali, quasi banchi corallini affioranti, dove l'onda più lunga,
ritirandosi, spumeggia e gorgoglia.
Mi piace il suono dello sciabordio provocato dai piedi mentre seguo il
movimento dei granchi.
Ne sollevo uno evitando la presa delle chele e lo mostro a lei come trofeo.
Lei, seduta sulla bitta, mi guarda e sorride.
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E' lontano il frastuono della città.
Ciajkovskij mi tiene compagnia, e questa atmosfera discreta, domestica,
ristora più del cibo che prendo.
Due uomini sono a un tavolo, una coppia è in un altro, e due tavoli sono
occupati da me e da una ragazza.
Vorrei alzarmi dal mio e sedere al tavolo della ragazza.
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Calavamo a frotte, silenziosi e guardinghi, dai calanchi che aprivano ferite
profonde nel pendio della collina muscosa.
Giunti al piano, le spade di legno sguainate, muovevamo strepitando contro
gli Sciangaisi, la banda rivale.
Placatosi il clamore di legni incrociati, di urli nei furiosi e incruenti corpo a corpo, vincitori e vinti esausti, raggiungevamo l'ovile di Totonno.
Il pastore ci rifocillava con latte appena munto e ricotta fresca servita
su larghe foglie di fico.
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Dal treno la terra scorre velocemente, ma si colgono ugualmente scorci
di paesaggio molto suggestivi.
I campi sfalciati di colore verde chiaro e ocra, un gregge in un campo di
stoppie, un altro campo di fieno in ricrescita, e ancora di stoppie di granoturco, i primi solchi di una nuova aratura in uno, e un'altro sconvolto
dalla raccolta di barbabietole.
Una strada lontana, un campanile solitario, case sparse, il verde cupo dei
sempreverdi e grandi alberi maculati di giallo.
La periferia che si avvicina, la selva di case in cui si addentra il treno.
La campagna che muore in spicchi, fettucce e fazzoletti tra le case già alte.-----------------------------------
L'arenile è deserto, solo gli addetti alle pulizie, in silenzio, rastrellano i detriti
lasciati dalla risacca, ma non disturbano i saccopelisti che, allineati sulla battigia, dormono nei loro sacchi.
In lontananza sembrano mummie rivolte al mare: un'immagine surreale di
sarcofaghi immersi in un silenzio religioso, quasi un richiamo ancestrale a
visioni antiche.
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Come pianta rampicante il suo corpo minuto aderisce e si avvinghia all'uomo che cede al viluppo insinuante e tenero.
Lei poggia il capo sul suo petto, e l'uomo le fa mille carezze: nel silenzio solo
il sibilo del loro respiro.
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Che pensieri cupi! Eppure sono inevitabili al cospetto di questo cielo limpido sul mare azzurro quando si rimane inerti spettatori di pietra.
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Breve sosta in un bar sulla via del ritorno verso casa.
Assaporo in questa pausa l'atmosfera rara creata dalla nebbia che grava sulla zona; un'atmosfera inconfondibile: i rumori attutiti, il frastuono delle macchine che si annichilisce rapidamente nella cortina uniforme, dalla quale
uomini e cose appaiono magicamente per dissolversi subito, catturati da una realtà ignota.
Nel bar c'è un'aria sonnolenta, nelle persone un'espressione assente, lontana, come di chi non aspetta niente e nessuno.
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E' un dolore lancinante osservare da quinte e loggioni, sempre in disparte, in una condizione di voyeurismo mortificante.
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Arcidio Baldani è un vecchio professore a riposo.
Poeta, filosofo e scrittore prolifico, porta i suoi libri sotto il braccio e li
offre in vendita ai passanti rivolgendosi loro, anche in modo provocatorio, con dissertazioni erudite, declamazioni, indignato con tutti e di tutto.Ovviamente è un genio incompreso, controcorrente, che rifiuta i circuiti ufficiali della cultura.
Ma come è bello, così dignitoso nella vecchia grisaglia, i capelli candidi ribelli, e libero.
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E' notte, e il silenzio, il silenzio prezioso, è interrotto qua e la da rumori discreti, ovattati, provenienti dall'esterno.
Il silenzio d'altra parte non può, non deve essere totale.
Come potrebbero essere apprezzate le sensazioni profonde e indicibili che esso può dare, se non si avvertisse anche l'eco di un
lontano frastuono dal quale si è riparati e protetti?
Da "PROMESSE" Modena 1992...................................................................................
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