SAN GEMINIANO
Oggi a Modena si festeggia San Geminiano, Patrono della città, e tra i primi suoi Vescovi; la tradizione vuole che, negli anni delle invasioni barbariche, abbia fermato Attila e le sue orde di Unni alle porte della Città, compiendo il "miracolo della nebbia" con il quale nascose Modena alla vista degli invasori.
In quel tempo i miracoli, anche i più inverosimili, erano molto frequenti, e direttamente proporzionali alla grande partecipazione e credulità popolare ai misteri della Fede.
Già da giorni il centro storico è teatro dei preparativi della festa patronale che porta in città oltre 550
banchi di ambulanti partecipanti al mercato tradizionale.
Mi alzo molto presto perché ho deciso, dopo molti anni, di assistere al Corteo storico che dal Palazzo
del Comune porta ceri e olio nuovo nella cripta in cui giace il Santo.
Dovrebbe essere con me anche Vito, il Cavadenti del Tavoliere, che credo di aver convinto, ma l'amico è oberato di lavoro (non è in pensione) e capisco che preferisca restare al calduccio tra le lenzuola vicino a Filomena, sua moglie.
Pertanto, da via Giardini mi avvio verso Piazza Grande e subito, all'ingresso di via Calle di Luca,
inizia la teoria dei banchi ricolmi di merci.
E' pieno giorno, e tuttavia i banchi sono splendenti di luci e colori, e la folla si accalca al richiamo
dei venditori che magnificano la loro merce con richiami fantasiosi e accattivanti: Siore e Siori, ecco, guardate quì, toccate qua...è tutto acciaio inossidabile, non come quelli di plastica che vi ho venduto
io...Siori e Siore... volete le carote a julienne, le zucchine a bastoncini? Ecco qua! E un altro banditore, dietro un grande banco ricolmo di pentolame di ogni forma e colore, Siore, solo 3 Euro a
pentola! E via di seguito tra il vociare confuso di adulti e bambini: questi ultimi mostrano di essere
felici di trovarsi nel caravanserraglio, mentre gli adulti non lo danno a vedere, ma certamente, dentro di sé sono tornati un poco bambini.
In Corso Canalchiaro la ressa di popolo è traboccante e travolgente, minaccia di portarti altrove, e devi fare a spallate per potere rispettare l'itinerario fissato in precedenza.
Mi capita in mano il foglietto sul quale ho annotato l'ubicazione degli orinatoi (leggi pisciatoi) nel
tragitto da casa a Piazza Grande: è un mio gesto gentile in favore di Vito che soffre di incontinenza
urinaria, e quando esce di casa è angosciato dal rischio di incorrere in questo disturbo, e perciò ho trascritto i locali pubblici dotati del servizio, di quelli fra essi che richiedono la consumazione per il lasciapassare e, per le urgenze estreme, anche qualche paracarro e angolo nascosto, ma Vito non c'è e io non ho bisogno di "spandere furtive lacrime".
Finalmente raggiungo la Piazza tutta ricoperta dalle bancarelle e invasa dal brulichio di popolo curioso di tutto, un'immagine che richiama quelle di ingenue stampe medioevali.
Percorro il grande Portico sotto il Palazzo Comunale e mi fermo a una delle colonne ai piedi della
scala dove prestano servizio d'onore due Vigili in alta uniforme; la scala conduce al Piano Nobile, sede di rappresentanza del Sindaco, dove si preparano i figuranti e i dignitari che sfileranno nel Corteo.
Ecco, il Corteo si muove e subito, ottoni e tamburi della Banda Cittadina in attesa nella Piazzetta dell'Orologio, intonano l'Inno di Mameli.
Apre la processione il mazziere che muove ritmicamente una mazza grande così, con un grosso pomo metallico alla sommità; quindi il Gonfalone della città, seguito dai figuranti in livrea colorata che reggono i grandi ceri e il recipiente con l'olio, destinati a bruciare in Duomo per tutto l'anno.
In testa al Corteo, fra i dignitari c'è, immancabile, il Sindaco Muzzarelli con fascia tricolore, seguito dai dignitari fra i quali noto l'ex Sindaco Pighi, ambedue reduci e superstiti del vecchio Partito Comunista
Il corteo è diretto in Duomo dove il Vescovo, al termine del Pontificale, impartirà la benedizione ai presenti con i resti di un braccio del Santo contenuti in un reliquiario di oro e argento.
Antonio Ferrin
Modena, 31 gennaio 2017.
SCRIBERE

libreria di zurau
martedì 31 gennaio 2017
domenica 29 gennaio 2017
MEMORIA
MEMORIA
Ricorre domani, 27 Gennaio, la celebrazione del Giorno della MEMORIA, la data in cui l'esercito
sovietico entrò nel Lager di Auschwitz, il più grande dei Konzentrations Lager allestito dai nazisti per il lavoro forzato e sterminio degli ebrei, e di altri oppostori e prigionieri di guerra.
I prigionieri sopravvissuti allo sterminio furono liberati, ed emerse la verità sul genocidio attuato
dal nazismo.
"...fuggire dalla realtà della vita, è una delle caratteristiche della fede, che rifiuta di tenere conto dei
fatti che accadono e che si affermano contro le leggi morali, ed imprimono al mondo ferree leggi, al
di sopra di ogni ideale..."
Non so chi abbia concepito questo pensiero, ma in ogni caso a me sembra molto vero, anche se molto
pessimista circa la capacità dell'uomo di migliorare se stesso e perseguire i suoi ideali migliori.
Infatti la Shoah è prima di tutto il fallimento dell'umanesimo, e mostra i limiti dell'uomo che con
superbia e orgoglio si pone al centro dell'Universo, mentre invece è un piccolo essere debole preda
di passioni e istinti primitivi.
La lotta dell'uomo per migliorare se stesso e l'umanità è assimilabile a un percorso accidentato in cui
cadute rovinose e balzi prodigiosi si alternano senza soluzione di continuità: quasi che l'uomo proteso verso il cielo, non riesca a spiccare il salto decisivo, e ritorni invece alla dura realtà cui lo costringe la
sua natura, zavorra inalienabile.
La Shoah teorizzata come "male assoluto", viene dalla cattiva coscienza degli Alleati vincitori della
Seconda Guerra mondiale che pensarono bene di risarcire gli Ebrei vittime, favorendo la nascita dello
Stato di Israele, ma a spese della popolazione che abitava quelle terre; a questo si aggiunga anche la
successiva strumentalizzazione e manipolazione da parte di Israele della loro stessa persecuzione e il conseguente incessante vittimismo elevato a strumento politico di propaganda.
D'altra parte gli Alleati avevano vinto la guerra, e in quanto vincitori dettarono il nuovo ordine mondiale e i tedeschi rappresentarono e furono additati quali unici responsabili del "male assoluto".
Ma si dimentica, colpevolmente, che la Shoah è anche il prodotto del pregiudizio plurisecolare anti ebraico coltivato dalla cristianità europea, e dalla Chiesa Cattolica in particolare( gli Stati della Chiesa di Roma furono gli ultimi ad abolire i Ghetti ebraici).
Pertanto Israele è sempre vittima, vittima per antonomasia e, al riparo di questo vittimismo, crede che
il mondo sia sempre suo debitore, per cui si sente legittimato a occupare terre non sue, a espandere i
propri insediamenti coloniali e urbani, impedendo infine l'indipendenza del popolo Palestinese.
Ciò facendo Israele ha reiterato e perpetua le peggiori politiche che sono alla base di ogni regime totalitario: l' odio razziale, la segregazione e la pulizia etnica.
Già Hanna Arendth, in merito alla Shoah preferì utilizzare l'espressione "banalità del male", e di ciò
si tratta perché lo sterminio di popoli non è cosa eccezionale nella storia dell'uomo, che infatti è capace di questo e altro, e la storia lo dimostra.
Ma Baumann con la sua ricerca filosofica ha chiarito la genesi e le basi che hanno reso possibile l'eliminazione di massa di 6 milioni di Ebrei e di altri milioni di prigionieri, oppositori, e "diversi" di varie nazionalità.
Secondo Baumann ciò che è accaduto a opera del nazismo è dovuto al livello di sviluppo raggiunto dalla società moderna che, mediante tecniche sofisticate e sempre più pervasive del potere della burocrazia e dei mezzi di comunicazione, rende possibile e consente il controllo capillare della società e il suo condizionamento.
Con queste premesse, Baumann fa intendere che potrebbero esserci altri stermini di massa sempre nel
disinteresse, se non complicità, di tutti; stermini di massa attuati con metodo scientifico da Poteri sempre più totalitari e incontrollabili dai popoli.
Infine consideriamo le innumerevoli guerre locali e le sciagure umanitarie che endemicamente
flagellano la terra; vicende che, prese singolarmente, non provocano il clamore di una Shoah, ma che sono vere tragedie per l'umanità, umanità che comunque sembra(è) sorda e cieca di fronte alle dure lezioni della storia.
27 gennaio 2017
Antonio Ferrin
Modena
scribere-kafkaant-blogspot.com
Ricorre domani, 27 Gennaio, la celebrazione del Giorno della MEMORIA, la data in cui l'esercito
sovietico entrò nel Lager di Auschwitz, il più grande dei Konzentrations Lager allestito dai nazisti per il lavoro forzato e sterminio degli ebrei, e di altri oppostori e prigionieri di guerra.
I prigionieri sopravvissuti allo sterminio furono liberati, ed emerse la verità sul genocidio attuato
dal nazismo.
"...fuggire dalla realtà della vita, è una delle caratteristiche della fede, che rifiuta di tenere conto dei
fatti che accadono e che si affermano contro le leggi morali, ed imprimono al mondo ferree leggi, al
di sopra di ogni ideale..."
Non so chi abbia concepito questo pensiero, ma in ogni caso a me sembra molto vero, anche se molto
pessimista circa la capacità dell'uomo di migliorare se stesso e perseguire i suoi ideali migliori.
Infatti la Shoah è prima di tutto il fallimento dell'umanesimo, e mostra i limiti dell'uomo che con
superbia e orgoglio si pone al centro dell'Universo, mentre invece è un piccolo essere debole preda
di passioni e istinti primitivi.
La lotta dell'uomo per migliorare se stesso e l'umanità è assimilabile a un percorso accidentato in cui
cadute rovinose e balzi prodigiosi si alternano senza soluzione di continuità: quasi che l'uomo proteso verso il cielo, non riesca a spiccare il salto decisivo, e ritorni invece alla dura realtà cui lo costringe la
sua natura, zavorra inalienabile.
La Shoah teorizzata come "male assoluto", viene dalla cattiva coscienza degli Alleati vincitori della
Seconda Guerra mondiale che pensarono bene di risarcire gli Ebrei vittime, favorendo la nascita dello
Stato di Israele, ma a spese della popolazione che abitava quelle terre; a questo si aggiunga anche la
successiva strumentalizzazione e manipolazione da parte di Israele della loro stessa persecuzione e il conseguente incessante vittimismo elevato a strumento politico di propaganda.
D'altra parte gli Alleati avevano vinto la guerra, e in quanto vincitori dettarono il nuovo ordine mondiale e i tedeschi rappresentarono e furono additati quali unici responsabili del "male assoluto".
Ma si dimentica, colpevolmente, che la Shoah è anche il prodotto del pregiudizio plurisecolare anti ebraico coltivato dalla cristianità europea, e dalla Chiesa Cattolica in particolare( gli Stati della Chiesa di Roma furono gli ultimi ad abolire i Ghetti ebraici).
Pertanto Israele è sempre vittima, vittima per antonomasia e, al riparo di questo vittimismo, crede che
il mondo sia sempre suo debitore, per cui si sente legittimato a occupare terre non sue, a espandere i
propri insediamenti coloniali e urbani, impedendo infine l'indipendenza del popolo Palestinese.
Ciò facendo Israele ha reiterato e perpetua le peggiori politiche che sono alla base di ogni regime totalitario: l' odio razziale, la segregazione e la pulizia etnica.
Già Hanna Arendth, in merito alla Shoah preferì utilizzare l'espressione "banalità del male", e di ciò
si tratta perché lo sterminio di popoli non è cosa eccezionale nella storia dell'uomo, che infatti è capace di questo e altro, e la storia lo dimostra.
Ma Baumann con la sua ricerca filosofica ha chiarito la genesi e le basi che hanno reso possibile l'eliminazione di massa di 6 milioni di Ebrei e di altri milioni di prigionieri, oppositori, e "diversi" di varie nazionalità.
Secondo Baumann ciò che è accaduto a opera del nazismo è dovuto al livello di sviluppo raggiunto dalla società moderna che, mediante tecniche sofisticate e sempre più pervasive del potere della burocrazia e dei mezzi di comunicazione, rende possibile e consente il controllo capillare della società e il suo condizionamento.
Con queste premesse, Baumann fa intendere che potrebbero esserci altri stermini di massa sempre nel
disinteresse, se non complicità, di tutti; stermini di massa attuati con metodo scientifico da Poteri sempre più totalitari e incontrollabili dai popoli.
Infine consideriamo le innumerevoli guerre locali e le sciagure umanitarie che endemicamente
flagellano la terra; vicende che, prese singolarmente, non provocano il clamore di una Shoah, ma che sono vere tragedie per l'umanità, umanità che comunque sembra(è) sorda e cieca di fronte alle dure lezioni della storia.
27 gennaio 2017
Antonio Ferrin
Modena
scribere-kafkaant-blogspot.com
martedì 17 gennaio 2017
HAL 9000
HAL 9000
E' inevitabile, scrivendo di intelligenza artificiale, evocare il famoso computer HAL 900 del film "2001:Odissea nello Spazio", il capolavoro di Kubrik tratto dall'omonimo romanzo di Arthur C. Clarke.
Questo romanzo tratta di fantascienza ma, al pari di innumerevoli ideazioni della mente umana,
prefigura realtà, virtuali o reali, a noi più o meno prossime.
Lo stesso Karol Capek lo scrittore Ceco di fantascienza, non pensava certo che il termine Robot da lui ideato avrebbe avuto tanta fortuna.
Il Robot e i suoi derivati(robotico e robotica), hanno invaso e permeato la terminologia della meccanica e della fabbricazione dei manufatti, e sono alla base delle tecnologie più sofisticate che hanno reso possibile il prodigioso sviluppo industriale del ventesimo secolo.
Lo sviluppo e le applicazioni pratiche indotte dalla ricerca scientifica hanno portato alle "macchine intelligenti" odierne e ciò comincia a impensierire l'uomo; infatti, ciò che pochi decenni fa era pura
fantascienza, diventa sempre più realtà: dagli automatismi più semplici a quelli più complessi,
dai primi robot che supplivano al lavoro manuale dell'uomo, sollevandolo dalle fatiche più pesanti, ai robot sempre più articolati in molteplici funzioni frutto di intelligenza superiore.
Nell'uomo si insinua una paura prima sconosciuta, che cioè le macchine intelligenti possano prendere
il sopravvento, che ai livelli più evoluti dell'intelligenza artificiale, possano interagire attivamente con la produzione intellettuale e scientifica della mente umana, con prevedibili e imprevedibili conseguenze.
La Ricerca guarda ormai a sistemi intelligenti sempre più assimilabili al cervello umano, sistemi che
oltre tutto potrebbero essere indenni dai rischi di patologie che colpiscono l'uomo, portandolo alla inabilità totale e, in extremis, alla morte.
Questo nuovo uomo, essere bionico, clone o umanoide, dovrà forse ricorrere periodicamente a semplici "tagliandi" di manutenzione, non avrà una morale come noi la intendiamo e pertanto sarà libero dai limiti e condizionamenti propri della sua natura o, invece, produrrà una nuova struttura etica inossidabile, inattaccabile e programmabile, quindi eterodiretta.
In ogni caso è inimmaginabile un futuro simile alla realtà che viviamo e percepiamo oggi, nel bene e nel male; infatti l'uomo, sempre più servito da mille diavolerie, sarà sempre più asservito ad esse, e dovrà sottostare a nuove schiavitù; probabilmente debellerà la fame e colonizzerà altri Pianeti, ma sarà sempre alle prese con gli interrogativi di sempre circa la sua provenienza e il suo destino, senza
peraltro affrancarsi dalla lotta per la sopravvivenza.
Così sposterà i suoi confini sempre più oltre l'orizzonte nella vana ricerca di risposte e verità che non esistono: troverà solamente pozze d'acqua dove placare l'arsura.
In altri termini, con una buona dose di ottimismo( o pessimismo?), si può intravedere in questo futuro (più prossimo che remoto), una condizione umana predeterminata, più controllata e controllabile anche nelle componenti più sensibili del cervello grazie alla medicina e alla manipolazione genetica.
Quindi un'umanità libera dalle passioni, inquadrata, asessuata e comunque infelice, lobotomizzata ma ormai ignara di se'.
Forse, senza che ce ne rendiamo conto, siamo già scrutati da inquietanti "occhi rossi" che vigilano,
pianificano, e dispongono della vita e della nostra morte.
A.Ferrin
Modena 16/01/2017
E' inevitabile, scrivendo di intelligenza artificiale, evocare il famoso computer HAL 900 del film "2001:Odissea nello Spazio", il capolavoro di Kubrik tratto dall'omonimo romanzo di Arthur C. Clarke.
Questo romanzo tratta di fantascienza ma, al pari di innumerevoli ideazioni della mente umana,
prefigura realtà, virtuali o reali, a noi più o meno prossime.
Lo stesso Karol Capek lo scrittore Ceco di fantascienza, non pensava certo che il termine Robot da lui ideato avrebbe avuto tanta fortuna.
Il Robot e i suoi derivati(robotico e robotica), hanno invaso e permeato la terminologia della meccanica e della fabbricazione dei manufatti, e sono alla base delle tecnologie più sofisticate che hanno reso possibile il prodigioso sviluppo industriale del ventesimo secolo.
Lo sviluppo e le applicazioni pratiche indotte dalla ricerca scientifica hanno portato alle "macchine intelligenti" odierne e ciò comincia a impensierire l'uomo; infatti, ciò che pochi decenni fa era pura
fantascienza, diventa sempre più realtà: dagli automatismi più semplici a quelli più complessi,
dai primi robot che supplivano al lavoro manuale dell'uomo, sollevandolo dalle fatiche più pesanti, ai robot sempre più articolati in molteplici funzioni frutto di intelligenza superiore.
Nell'uomo si insinua una paura prima sconosciuta, che cioè le macchine intelligenti possano prendere
il sopravvento, che ai livelli più evoluti dell'intelligenza artificiale, possano interagire attivamente con la produzione intellettuale e scientifica della mente umana, con prevedibili e imprevedibili conseguenze.
La Ricerca guarda ormai a sistemi intelligenti sempre più assimilabili al cervello umano, sistemi che
oltre tutto potrebbero essere indenni dai rischi di patologie che colpiscono l'uomo, portandolo alla inabilità totale e, in extremis, alla morte.
Questo nuovo uomo, essere bionico, clone o umanoide, dovrà forse ricorrere periodicamente a semplici "tagliandi" di manutenzione, non avrà una morale come noi la intendiamo e pertanto sarà libero dai limiti e condizionamenti propri della sua natura o, invece, produrrà una nuova struttura etica inossidabile, inattaccabile e programmabile, quindi eterodiretta.
In ogni caso è inimmaginabile un futuro simile alla realtà che viviamo e percepiamo oggi, nel bene e nel male; infatti l'uomo, sempre più servito da mille diavolerie, sarà sempre più asservito ad esse, e dovrà sottostare a nuove schiavitù; probabilmente debellerà la fame e colonizzerà altri Pianeti, ma sarà sempre alle prese con gli interrogativi di sempre circa la sua provenienza e il suo destino, senza
peraltro affrancarsi dalla lotta per la sopravvivenza.
Così sposterà i suoi confini sempre più oltre l'orizzonte nella vana ricerca di risposte e verità che non esistono: troverà solamente pozze d'acqua dove placare l'arsura.
In altri termini, con una buona dose di ottimismo( o pessimismo?), si può intravedere in questo futuro (più prossimo che remoto), una condizione umana predeterminata, più controllata e controllabile anche nelle componenti più sensibili del cervello grazie alla medicina e alla manipolazione genetica.
Quindi un'umanità libera dalle passioni, inquadrata, asessuata e comunque infelice, lobotomizzata ma ormai ignara di se'.
Forse, senza che ce ne rendiamo conto, siamo già scrutati da inquietanti "occhi rossi" che vigilano,
pianificano, e dispongono della vita e della nostra morte.
A.Ferrin
Modena 16/01/2017
sabato 7 gennaio 2017
L'ULTIMO DELL'ANNO
L’ULTIMO DELL’ANNO
Avevo salutato Filomena Mater Domini e il marito Vito Del Tavoliere sul finire di novembre nel loro studio di Ortodonzia Eterodossa, al temine di una seduta di cui ancora oggi non saprei definire la natura; per quanto ne so io si trattava della semplice ricostruzione posticcia di parte di un molare disintegratosi improvvisamente. Ma per i due, il mio problema era diventato un caso clinico da trattare con gli strumenti e terapie più strane, e per indurmi in loro potere erano ricorsi a mezzi illeciti, propinandomi intrugli che riportavano alla mia memoria i bicchieroni di olio di ricino e olio di fegato di merluzzo che la mia povera mamma mi obbligava a ingurgitare da bambino.
Mentre quell’immonda bevanda gorgogliava nella mia gola, rivolgevo uno sguardo supplice a Santa Apollonia appesa di fronte al Riunito in cui ero disteso mentre Vito Del Tavoliere e la sua “assistente” si arrabattavano con apparecchiature e strumenti, e i toni delle voci erano sempre più concitati, quasi isterici: il medico sollecitava Filomena a sveltire le operazioni di assistenza, le rimproverava la mancata preparazione di un impasto, la rottura di una fiala, e la rottura dell’erogatore dell’acqua, e lei che, infine perdeva la pazienza, si toglieva il camice e si appostava davanti allo schermo del computer, e il marito bisbigliava nel mio orecchio che la Filomena, quando era nervosa, si abbandonava alla visione di filmetti trasgressivi.
Io, per pudore e amicizia, avevo fatto finta di niente, ma ricordai quanto era accaduto la volta precedente,
Io, per pudore e amicizia, avevo fatto finta di niente, ma ricordai quanto era accaduto la volta precedente,
quando mi ero trovato invischiato nella situazione perlomeno imbarazzante che ho già raccontato. Perciò è comprensibile che io sia stato sorpreso per l’invito che Filomena e Vito mi hanno rivolto, di partecipare alla cena di fine anno nel loro appartamento a Modena; hanno un bel coraggio, mi sono detto, e sono entrato in uno stato di agitazione: che intenzioni hanno? Perché mi invitano? Allora, ammaestrato dai precedenti, ho voluto indagare e accertarmi circa il programma della serata, sugli invitati e sul menù: volevo porre le mie condizioni per salvaguardare da un lato l’amicizia cui, nonostante tutto, tenevo, insieme alla mia salute mentale.
Dunque fra i partecipanti, oltre ovviamente a Filomena e Vito, ci sarebbe stato Paolo della Rocchetta, affidabile per la sua proverbiale puntualità, e facilmente conciliante: sarebbe stato attorniato da un insieme di salame, salamelle, ciccioli e salsicce di cui era ingordo, il tutto annaffiato con lambrusco di sorbara. Conny l’avellinese, sorella di Filomena, nota per la visione strategica e organizzativa di ogni evento mondano, avrebbe sovrainteso alla serata, e Ivo della Gherardesca, marito di Conny, avrebbe fatto l’ospite di riguardo, cioè quello che osserva con distacco e si esprime con monosillabi.
Devo ammettere che la serata si è svolta in maniera soddisfacente: Conny ha supplito molto bene alla lentezza e sovra opposizione dei padroni di casa che si ostacolavano a vicenda nello spazio angusto della sala; ogni tanto Filomena scompariva nel reparto notte dove si fermava in preghiera davanti alle immagini dei suoi Santi di riferimento, Apollonia, Padre Pio, la Madonna di Medjugorje e il papa Francesco( lei giustificava il lumino acceso davanti al papa dicendo che per lei era già santo). Il tempo è trascorso abbastanza serenamente tra i commensali impegnati a consumare il ben di dio che occupava la tavola, solo Paolo, in disparte, proteggeva con le braccia e il corpo un grosso salame Felino nel timore che altri se lo affettassero. Infine è arrivato il momento del brindisi augurale per il nuovo anno, senza fuochi d’artificio, cappellini o stelle filanti, ma serenamente, a parte l’imbranato della compagnia che non è stato tempestivo nello stappare la bottiglia di spumante, e l’imbarazzo di vedere il dentista Vito abbracciare e tentare di baciare Paolo della Rocchetta che si sottraeva vistosamente al suo tentativo.
Questa sera, invece, notte delle Befane, alla tavola di Filomena siederanno la stessa Filomena, a nome di tutte le assenti, e insieme i tre "cavadenti", i compagnucci di merende, Enzo, detto il Bronzino di Riace, che in piscina, con le frattaglie al vento, ostenta orgoglioso il busto possente, Marcello, emblema della lentezza, diventata filosofia di vita che fa il paio con Filomena, con la quale ingaggia gare di lentezza, interminabili . Stefano infine, il siciliano arguto e pacioso che conosce la vita, è un amante della buona tavola e del bel canto: i suoi occhi gioiscono alla vista di un piatto di spaghetti (che sia abbondante!), e si illuminano al cospetto del carrello dei dolci: i compagnucci, o sedicenti amici, sghignazzano e cercano di metterlo alla berlina, ma Stefano procede imperterrito nelle sue degustazioni, con metodo e lentezza, senza curarsene.
A.Ferrin
Modena, 5/1/2017
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