NOTE DI VIAGGIO
7 Agosto
Sono fermo in autostrada nei pressi di Parma. Nella notte e di primo mattino si sono verificati incidenti in direzione Sud in cui sono stati coinvolti mezzi pesanti che trasportavano maiali vivi, quasi certamente diretti ai salumifici del modenese, la famosa porcopoli italiana.
Gli addetti inseguono nei campi circostanti gli animali che approfittano dell'insperata libertà, e felici
razzolano e grufolano, quasi fossero consci del loro destino, io sorrido e simpatizzo per essi.
L'incidente ha provocato un morto e la perdita di molte bestie le cui carcasse sono sparse sull'asfalto, già da alcune ore l'arteria è bloccata nelle due direzioni di marcia; il caldo è soffocante e temo che il
sole a picco e la vettura ferma provochino un'incendio: la colonna delle auto si perde all'orizzonte
e, come me, decine di automobilisti sono sulla carreggiata, in piedi a osservare lo spettacolo.
Dopo due ore il serpente di macchine si muove lentamente, e ci vorrà almeno un'ora prima che la
circolazione possa tornare alla normalità.
Infine sono a Varzo, all'hotel Sempione. Mi distendo sul letto, ma per combattere il caldo che imperversa anche fra i monti, preferisco entrare nella doccia sotto il getto d'acqua fredda.
Alle 20 sono in una condizione accettabile per raggiungere la Trattoria Derna, e d'altra parte sono affamato e stanco: nella giornata funestata dall'incidente stradale e la fuga dei maiali, dal caldo e dalla sosta forzata, non ho avuto voglia di sostare a un autogrill per rifocillarmi.
In Trattoria mi hanno riconosciuto e ho notato il mio libretto riposto con altri nell'espositore allestito.
L'atmosfera è serena e gli avventori sono quasi tutti stranieri, io scelgo piatti ossolani e sono rinfrancato per il cibo che prendo con un bicchiere di vino Prunet.
8 Agosto
Anche qui a Varzo la notte è afosa, e fatico a prendere sonno; al mattino rimarrò in Valle e domani
scenderò a Domo.
Approfitto della vicinanza al confine elvetico per recarmi alla Frontiera e nel tragitto spero di individuare il sito di Balmalonesca, o almeno di ciò che ne resta, cioè quasi niente.
La Val Divedro, come via di comunicazione fra Italia e Svizzera non riveste l'importanza di un tempo, quando non c'erano Trafori, ferrovie e moderne autostrade, e la vecchia via napoleonica era l'unico collegamento tra il Vallese svizzero e il Piemonte-Lombardia. La Valle è stretta, spesso impervia, ma esercita un fascino particolare riesumando memorie di importanti vicende storiche.
Procedo in macchina fino alla Parrocchiale di Varzo che finalmente è aperta e posso visitarla: ha la pianta romanica di molte chiese in queste valli, ma il loro interno è barocco; questa non ha la bellezza
di quella di Baceno, gli arredi sono più poveri, molti affreschi sono in rovina come gli stucchi, e
prevalgono i segni di abbandono e incuria.
Queste contrade si spopolano sempre di più, il patrimonio edilizio si deteriora e molte case sono
pressoché vuote e munite di cartelli "vendesi".
Le case vecchie, di sasso, sono addossate le une alle altre in vicoli che si arrampicano per pendii
severi, e i muri a secco che seguono tratturi e sentieri si sfaldano ma resistono ancora.
E commuove questa resistenza dell'opera dell'uomo che, sempre meno, frequenta questi luoghi.
Infine mi dirigo al Confine sulla vecchia strada del Sempione risalendo il corso della Diveria
che la fiancheggia.
La valle è sempre più stretta, limitata da pareti rocciose alte e levigate, sono le Gole di Gondo.
Noto che questo confine è una fortezza naturale quasi inespugnabile e, infatti, Napoleone decise la
costruzione della nuova strada di valico perché era problematico fare transitare i suoi cannoni sulla
vecchia!
E tuttavia, nonostante le difficoltà di transito, ancora negli anni precedenti il 2° conflitto mondiale,
gli Svizzeri, spinti dalla politica revanscista mussoliniana, fortificarono il confine: casematte e postazioni sono ancora visibili, incastonate nelle falesie di granito che incombono sulla valle, ma ora sono solo testimonianza delle paure degli uomini da un lato, e delle velleità di altri uomini in preda a deliri di onnipotenza.
In ogni caso non capisco le angosce degli Svizzeri: il Vallese gode di difese naturali costituite dalle
Gole di Gondo, e dalla impervietà della stretta Val Divedro dove il fiume Diveria scorre vorticoso verso la piana ossolana, e infatti il territorio è più adatto alle invasioni da nord, e furono sempre di più le genti svizzere-germaniche a discendere le valli verso l'Italia.
9 Agosto
Dogana di Gondo, la frontiera è praticamente sguarnita: transitano pochi turisti nei due sensi e i frontalieri fanno commercio di piccolo cabotaggio rifornendosi di carburante, sigarette e cioccolato,
ma di qua e di la del confine è evidente il discrimine fra le due realtà nazionali.
In Italia il paesaggio umano e urbano è più dimesso, evidentemente più povero, mentre la Svizzera
mostra subito l'aspetto più nuovo e dinamico di una società affluente e certo più ordinata.
Un tempo queste valli erano italofone, ma da molto tempo sono germanizzate.
Prima della costruzione della strada napoleonica, e prima ancora della Galleria del Sempione, Ginevra era collegata alla Valdossola con una strada non sempre percorribile, quasi una mulattiera,
percorsa anche da diligenze con servizio passeggeri e postale; pioniere di questo servizio fu un facoltoso mercante Vallese che utilizzò con più regolarità il collegamento Ginevra-Italia.
Stockalper, questo il suo nome, fu così potente da acquisire il monopolio del commercio del sale e
altre derrate, nonché il diritto di imporre gabelle sul traffico di confine.
Lascio Varzo e raggiungo la piana di Domodossola, alloggio da Sciolla, il vecchio albergo dove faccio tappa quando sono in Ossola.
Da quando sono partito da Modena soffro di nausea, pure essendo io a guidare, e allora non ho pranzato, ma questa sera mi riprometto di cenare all'Eurossola: è l'antico Spinoglio ora totalmente
ristrutturato e infatti è moderno e confortevole; negli anni '70 ho pernottato anche nel vecchio Spinoglio quando era già polveroso e quasi cadente, ma ancora caratterizzato dallo stile montanaro,
dal colore grigio-azzurro, decori e fregi su finestre e sotto le grondaie e gli abbaini che spuntavano
dal tetto di beole.
Ora le pareti esterne sono di un rosa intenso, sono scomparsi gli abbaini, e sul tetto, le beole di pietra
serena hanno lasciato il posto a tegole anonime.
Negli anni '70 la mia area di lavoro comprendeva anche il novarese, ma raramente raggiungevo la Valdossola perché scarsamente produttiva nel mio lavoro; quando lo facevo era per fare visita ai
miei suoceri, e in ogni caso vi ritornavo volentieri in quanto la Valle era ed è importante nella mia vita: ho sposato una ragazza di Domo e a Premosello è nato Maurizio, il primo dei miei figli.
In attesa del pranzo ho curiosato nel piazzale della Stazione passeggiando tra i molti turisti stranieri
che calano dalla frontiera attirati dalla convenienza economica del nostro mercato.
Domani vedrò Maurizio, Lara, Lea, e Alessandra.
10 Agosto
Mi sono svegliato presto e ho dormito bene perché l'aria è raffrescata dalla pioggia caduta copiosa
nella notte.
Consumo la colazione in albergo, ma molto rapidamente perché non voglio essere bloccato dal titolare che ieri mi ha costretto all'ascolto del suo "curriculum vitae": gli alberghi di lusso a Milano
(Gallia) e a Stresa, e poi la sua gestione del Grand Hotel presso la cascata del Toce in Val Formazza.
Dirigo la macchina verso Crodo, sono in anticipo ma sono impaziente.
Sono quasi le 10, ma le strade sono deserte, e anche Crodo è inanimata; mi fermo proprio davanti
allo stabilimento della "Crodo" dove producono il famoso Crodino, e non posso non considerare
quanto sia lucrosa questa produzione, una produzione ad alto valore aggiunto: acqua naturale di fonte
che sgorga senza soluzione di continuità, addizionata di coloranti e aromi e con prezzi al consumo di tutto rispetto. Finalmente, sono quasi le 11, suono al cancello di Maurizio che apre, e sull'ultimo
gradino della scala appaiono Lara e Lea sempre radiose.
Andiamo a pranzo da "Sciolla", ma ne siamo tutti delusi a dispetto di come lo magnifica il titolare,
quindi ci trasferiamo nella bella e caratteristica Piazza Mercato, una piccola bomboniera di stampo
rinascimentale dove le bimbe, instancabili, giocano, e noi adulti possiamo conversare: poche ore di
serenità e mi godo lo spettacolo dei bambini presi dai loro giochi, incantati mentre compiono alcuni
giri sulla giostra decorata con motivi floreali rosa e azzurro.
Infine giunge l'ora di separarci: sono molto stanco perché sono reduce da un viaggio breve ma
faticoso.
11 Agosto
Sulla strada per Modena preferisco percorrere il lungolago da Baveno ad Arona: è sempre bella
questa strada panoramica che svela a ogni curva scorci suggestivi del lago Maggiore.
Arona è impraticabile perché è giorno di mercato, e pertanto rinuncio a districarmi nel traffico
convulso di macchine e pedoni fra i banchi degli ambulanti, poi mi libero dall'imbuto in cui ero
e sono sulla superstrada per Sesto Calende.
Procedo senza intoppi fino a Modena che raggiungo stanco e felice.
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CHE CI FACCIO QUI?
E' il titolo del libro del bravo e famoso scrittore Bruce Chatwin morto prematuramente: è la domanda
che mi faccio anche io, ma non trovo risposta.
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Il Gabbiano
Sono sveglio da pochi minuti e fisso il soffitto spiovente della mansarda dove spicca il rettangolo
luminoso del lucernario: il cielo è terso, di un azzurro intenso.
A un tratto il vetro è scosso da un grande uccello che vi si è posato: un gabbiano bianco con le
zampe di un giallo ocra come il grande becco leggermente adunco.
E' imponente, gonfio di piumaggio e becca sul vetro afferrando, o credendo di afferrare qualcosa
da mangiare: è uno dei gabbiani "spazzini" che vengono da acque vicine e lontane alla ricerca di cibo.
E' bellissimo. ma subito, raccolto il cibo, si libra nell'aria con leggerezza ed eleganza.
Mi ha ricordato l'immagine felliniana del pavone che appare con la sua splendida ruota, quasi per
magia, nella neve di Rimini e subito scompare.
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Ho riletto d'un fiato "Il Cantico dei Cantici"
Meraviglioso, e penso di avere provato anche io le ineffabili emozioni descritte nel Cantico: sublimi
metafore dell'amore divino e umano, indistinguibili nell'accezione più elevata, un ideale ineffabile
che può ripagare delle sofferenze e difficoltà della vita.
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A. Ferrin
modena
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EMMA
poesia di USHI FLACKE
Piccola mano nella mano grande
Piccolo passo con un grande passo
Così andiamo per questa terra
Cammini un po' con me
E mi fai mille domande
Chiedi del sole, della neve, del vento
Chiedi se i sogni possono volare
Perché le chiocciole sono viscide
Se invecchiare fa male
Perché il pesce è così liscio
E se l'uomo vive più di cento giorni
Se si può vedere l'amore
E se le rane fanno le uova
Perché ci sono l'uomo e la donna
Piccola mano nella grande mano
Piccolo passo e un grande passo
Così andiamo per questa terra
Cammina un po' con me
Cosa è l'amore cosa è la vita
Un albero cresce o sarà trapiantato
Abbine cura poiché
Anche tu sarai grande
E in pace potrai vivere.
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