Il Filo Nascosto
Film di P.T. Anderson sull'attività e la personalità di un grande sarto inglese degli anni '50.
Vicenda raccontata molto bene, in modo raffinato tipico dei film inglesi, cioè con misura e mestiere.
Vuole mostrare il meccanismo della seduzione, con quali strumenti agisce e si fa strada fra le resistenze che l'altro frappone alle manovre sottili e subdole, fino a esserne prigioniero e
catturato come in una tela di ragno.
La vicenda è narrata utilizzando espedienti tra il giallo e il noir in un intreccio psicologico fatto di
silenzi, sospetti e timori inespressi che però aleggiano tra ossessioni e fantasmi.
Non mi piace il doppiaggio italiano prestato a Day Lewis, e infine noto, come spesso accade in questo genere di opere, che il racconto utilizza l'armamentario della psicologia, del "non detto", lasciando nel dubbio lo spettatore, con un finale aperto buono per ogni lettura plausibile, ma spesso
arbitraria.
A.Ferrin
modena, 26/02//2018
SCRIBERE

libreria di zurau
lunedì 26 febbraio 2018
martedì 20 febbraio 2018
GIACOMETTI
GIACOMETTI
Ho visto il film biografico dedicato ad Alberto Giacometti, l'artista svizzero che ha lavorato molto a
Parigi, e morto a Coira nel 1966.
Mi piace che all'inizio del film, Giacometti, bene interpretato da Geoffrey Rush, corregga un gallerista in visita dicendogli di essere svizzero-italiano.
L'artista è il classico esempio di artista presente nell'immaginario collettivo, di "genio e sregolatezza" quasi un luogo comune, peraltro spesso corrispondente alla realtà: Giacometti infatti ha un rapporto
problematico con l'igiene, con l'ordine, con il denaro e con le donne.
Tuttavia è un artista, grande artista riconosciuto, ricercato e valutato nel mercato dell'arte, e ciò che mi piace di più della sua creatività, sono le sculture inconfondibili di figure umane o di animali esili e filiformi, quasi scarnificati: era ossessionato dalla propria magrezza, e convinto di dovere ingrassare.
A. Ferrin
modena, 20/02/2018.
Ho visto il film biografico dedicato ad Alberto Giacometti, l'artista svizzero che ha lavorato molto a
Parigi, e morto a Coira nel 1966.
Mi piace che all'inizio del film, Giacometti, bene interpretato da Geoffrey Rush, corregga un gallerista in visita dicendogli di essere svizzero-italiano.
L'artista è il classico esempio di artista presente nell'immaginario collettivo, di "genio e sregolatezza" quasi un luogo comune, peraltro spesso corrispondente alla realtà: Giacometti infatti ha un rapporto
problematico con l'igiene, con l'ordine, con il denaro e con le donne.
Tuttavia è un artista, grande artista riconosciuto, ricercato e valutato nel mercato dell'arte, e ciò che mi piace di più della sua creatività, sono le sculture inconfondibili di figure umane o di animali esili e filiformi, quasi scarnificati: era ossessionato dalla propria magrezza, e convinto di dovere ingrassare.
A. Ferrin
modena, 20/02/2018.
mercoledì 14 febbraio 2018
IL CORTILE
IL CORTILE
Dopo ore di esposizione ai raggi solari, lei e i bambini ripresero la strada diretta allo scalo Ferroviario dove era la loro casa: la pelle dei bambini era quasi ustionata e Laura, la mamma, ne aveva già spalmato con chiara d'uovo il petto e le spalle.
Avevano chiuso la baracca di legno posta sull'arenile, vicina alla battigia presso lo stabilimento sorto su palafitte: era minuscola ma ben disposta, con una piccola stanza adibita a cucina, e fuori il patio
dove ci si ritrovava per pranzare, conversare o giocare; riordinarono le suppellettili sparse, e si
assicurarono che paratie e serramenti fossero sigillati.
Così il piccolo corteo risalì lentamente la prima balza di creta che porta al terrazzamento, giardino di ginestre, viole e margherite, sorgenti o nascoste fra le erbe di campo, crochi e papaveri rossi: un vero quadro impressionista sotto il cielo nitido, il sole reclinante all'orizzonte e stormi di rondini che garrivano.
Giunsero infine molto stanchi al portone di ingresso che immette nel cortile della casa, salirono le scale che conducono all'appartamento, pronti a disputarsi l'ordine di precedenza nel bagno, con il corollario di scherzi e dispetti tra piccoli e grandi.
L' ampio cortile già risuonava del clamore prodotto nelle famiglie rientrate dalla spiaggia, del vociare
e strepiti fuoruscire dalle finestre spalancate alla curiosità dei vicini, a loro volta incuranti della propria intimità.
Ad un tratto si udì una voce stentorea e acuta di donna salire dall'androne: i bambini, assorti nei loro giochi, si irrigidirono e sgranarono gli occhi sulla donna che si sbracciava e inveiva contro chi non si capiva.
Allora alcune madri allarmate da tanto trambusto si precipitarono per le scale, e in cortile si misero a
difesa dei figli, pronte a sostenere l'assalto da ogni pericolo.
Ma la donna che sbraitava proferì un nome di donna abitante nel palazzo, un nome condito con offese
per lo più irripetibili e tra gli strepiti che non accennavano a calare di tono e intensità; allora le mamme, con i bambini stretti a se, si disposero a cerchio certe, o sperando, di potere assistere a una tragedia familiare, ma tra i protagonisti erano assenti gli uomini al lavoro e sopratutto la donna
destinataria del florilegio di insulti urlati dalla donna, ora più scarmigliata.
Finalmente, quasi obbedendo al desiderio più o meno recondito degli spettatori, si spalancarono le imposte di una finestra del primo piano e apparve (anzi prima si udì il suo urlo) la donna invocata che, additando quella che stava in basso la minacciò: disgraziata, adesso vengo giù e ti faccio vedere io!
E la rivale, poiché ormai si era capito trattarsi di disputa d'amore, o più prosaicamente di sesso, l'aspettava a piè fermo senza rinunciare alle invettive; la tensione era al culmine anche perché i muri
del cortile rimandavano, amplificate, grida esclamazioni e commenti dei presenti, ai quali si erano uniti i guaiti di alcuni cani randagi richiamati dal frastuono.
Le due donne si trovarono faccia a faccia: un silenzio irreale calò nell'arena per i pochi secondi che
sembrarono un'eternità. Poi le due si avvinghiarono pigliandosi per i capelli, cadendo e rotolando in
terra, si strapparono i vestiti mentre alcune donne cercavano invano di dividerle, e intanto spuntavano timidi sorrisi fra gli adulti, forse per un malcelato sadico compiacimento, spettacolo inaspettato per i
bambini sempre più preda di stupore e meraviglia, e i cani, credendo fosse festa, saltellavano eccitati.
bambini sempre più preda di stupore e meraviglia, e i cani, credendo fosse festa, saltellavano eccitati.
Tutto finì senza che ci scappasse il morto, rimasero sul lastricato solamente brandelli di stoffa con ciocche di capelli neri e biondi, e la vita riprese il suo corso allo stesso modo per fedifraghi, vittime e spettatori.
A.Ferrin
modena, 13/02/2018A.Ferrin
lunedì 5 febbraio 2018
PAMELA - INNOCENT-LUCA
PAMELA-INNOCENT-LUCA
Notoriamente la colpa non ha, non vuole avere, padri, mentre l'innocenza ne ha sempre troppi, ma
sospetti.
Sgomento e dolore per Pamela, vittima della sua fragilità, ma anche di un sistema che non riesce a tutelare vita e dignità dei più deboli fra i suoi Cittadini.
Di Innocent, a dispetto del nome, non si può non affermare che sia responsabile dell'oltraggio ferino fatto al corpo di Pamela, oltre che conseguenza dei problemi sociali indotti dal fenomeno migranti, fenomeno gestito quasi in maniera empirica nel nostro Paese.
E Luca? Luca, il "giustiziere di Macerata", penso sia frutto della campagna di odio che dilaga e
ottenebra la mente di frange marginali e marginalizzate; e non mi lascio fuorviare dal ritrovamento
del "Mein Kampf" in casa del "giustiziere" perché si tratta del vecchio metodo di caccia alle streghe,
del "dagli all'untore", ovvero la pretesa di individuare il male assoluto da additare al pubblico ludibrio.
Ma infine, a mio parere, la causa di questo clima di incertezza e smarrimento è dei politici, almeno di parte di essi: alla irresponsabilità che mostrano quando si esprimono, fomentando l'odio e screditando
le istituzioni.
Non sanno che ne uccide più la lingua (o la penna) della spada?
A.Ferrin
modena, 05/02/2018
Notoriamente la colpa non ha, non vuole avere, padri, mentre l'innocenza ne ha sempre troppi, ma
sospetti.
Sgomento e dolore per Pamela, vittima della sua fragilità, ma anche di un sistema che non riesce a tutelare vita e dignità dei più deboli fra i suoi Cittadini.
Di Innocent, a dispetto del nome, non si può non affermare che sia responsabile dell'oltraggio ferino fatto al corpo di Pamela, oltre che conseguenza dei problemi sociali indotti dal fenomeno migranti, fenomeno gestito quasi in maniera empirica nel nostro Paese.
E Luca? Luca, il "giustiziere di Macerata", penso sia frutto della campagna di odio che dilaga e
ottenebra la mente di frange marginali e marginalizzate; e non mi lascio fuorviare dal ritrovamento
del "Mein Kampf" in casa del "giustiziere" perché si tratta del vecchio metodo di caccia alle streghe,
del "dagli all'untore", ovvero la pretesa di individuare il male assoluto da additare al pubblico ludibrio.
Ma infine, a mio parere, la causa di questo clima di incertezza e smarrimento è dei politici, almeno di parte di essi: alla irresponsabilità che mostrano quando si esprimono, fomentando l'odio e screditando
le istituzioni.
Non sanno che ne uccide più la lingua (o la penna) della spada?
A.Ferrin
modena, 05/02/2018
venerdì 2 febbraio 2018
P.F. Casini
P.F. CASINI
P.F. Casini è candidato dal P.D. a Bologna nelle prossime elezioni politiche, cioè catapultato dalla galassia, già democristiana, tra le truppe sparse e in fuga della ramaglia della ex sinistra comunista o
sedicente tale.
Ora, è istintivo notare l'assonanza tra il nome del democristiano di lungo corso, e la nota istituzione
abolita nel '58 con la legge Merlin (absit iniuria verbis), quasi che, aboliti i "casini di Stato", siano rimasti a loro memoria i guazzabugli e garbugli della politica, mestiere ormai senza regole in cui il
vincolo di mandato è "antidemocratico e lesivo della libertà personale", con la conseguenza che è
scomparso il cosiddetto "senso dello Stato", virtù d'altri tempi.
E' ormai retorica pura parlare di "senso dello Stato", e quindi di morale pubblica, del concetto di "Res Publica" come patrimonio comune caro agli antichi romani.
A.Ferrin
modena, 2/02/2018
P.F. Casini è candidato dal P.D. a Bologna nelle prossime elezioni politiche, cioè catapultato dalla galassia, già democristiana, tra le truppe sparse e in fuga della ramaglia della ex sinistra comunista o
sedicente tale.
Ora, è istintivo notare l'assonanza tra il nome del democristiano di lungo corso, e la nota istituzione
abolita nel '58 con la legge Merlin (absit iniuria verbis), quasi che, aboliti i "casini di Stato", siano rimasti a loro memoria i guazzabugli e garbugli della politica, mestiere ormai senza regole in cui il
vincolo di mandato è "antidemocratico e lesivo della libertà personale", con la conseguenza che è
scomparso il cosiddetto "senso dello Stato", virtù d'altri tempi.
E' ormai retorica pura parlare di "senso dello Stato", e quindi di morale pubblica, del concetto di "Res Publica" come patrimonio comune caro agli antichi romani.
A.Ferrin
modena, 2/02/2018
Iscriviti a:
Post (Atom)