Anche questo Ferragosto è passato! E'passato senza fare troppi danni: dallo stupore per il fuggi fuggi generale, alla nostalgia di altre stagioni; oggi, domenica, la città è ancora deserta perché il grande ritorno dei vacanzieri si avrà il prossimo fine settimana.
Di prima mattina mi avvio per strade silenziose al centro della Città: il cielo è tinto d'azzurro, terso e luminoso; le serrande dei negozi sono abbassate, e solo qualche caffetteria offre la colazione ai rari avventori.
Da via Albinelli, ecco Piazza Grande: vuota appare più vasta di quanto non sia in realtà, un suo lato in ombra, è occupato dalla banca con il suo portico che guarda il fianco del Duomo e l'abside che biancheggiano al sole con le preziose pietre di Vicenza e Istria, un'altro lato è presidiato dal Palazzo del Comune, e l'altro ancora da edifici curiali, il tutto dominato dalla Torre Ghirlandina.
Questa è la Piazza dei modenesi per antonomasia, già nel Medioevo luogo di mercato e vita cittadina
e ora vetrina delle sue bellezze, bellezze oggi più godibili in questo scenario quasi metafisico.
Sono sotto il portico a contemplare le guglie e i portali cesellati del Duomo, i leoni stilofori, e l'attigua "Preda Ringadora", la leggendaria grande pietra in marmo rosso di Verona.
E penso per un attimo e con emozione che, per edificare Duomo e Ghirlandina, Lanfranco, Wiligelmo e i Maestri Campionesi, hanno riutilizzato marmi e parti della Mutina Romana.
La Piazza, ripeto, è vuota, cammino a passo lento quando noto che una delle panchine poste
sull'acciottolato, è occupata da una donna: è sola, assorta nella lettura di un libro.
Sono sorpreso perché è cosa molto rara vedere persone leggere nei luoghi pubblici o sui mezzi di trasporto, e infatti siamo sempre più impegnati in connessione permanente con amici e parenti, rapiti in realtà virtuali.
Così sono molto curioso, e ho il coraggio di avvicinarmi alla signora e chiedere cosa sta leggendo,
ben sapendo che per me è un pretesto per dialogare, lei è molto gentile ed ecco, il più è fatto; la
conversazione scorre fluida: si parla del libro, poi si toccano temi di interesse comune, cercando di soddisfare anche innocenti curiosità, e Sonia, questo il suo nome, è loquace e racconta di se.
Ha 55 anni, non è sposata e non ha figli; ha una relazione affettiva vissuta a distanza con un coetaneo ma quando si incontrano fanno scintille: lei confessa il carattere volitivo di "donna in carriera" e narra
delle lotte sindacali sostenute nella sua azienda, poi si lascia andare a una confidenza con pudore, ma anche con malcelato compiacimento, affermando che il suo lui ormai è domato, è un agnellino, e io di
rimando mi limito a dire che ho due matrimoni alle spalle, e tre figli.
Io sono laconico perché non posso e non voglio rivaleggiare con questa donna che porta i suoi 55 anni con baldanza, quasi spavalderia.
Alla panchina si avvicina Giovanni, chiede se può sedere: è molto anziano e un aspetto distino, poi
dirà di avere 85 anni, e sono sorpreso dalla disinvoltura con cui partecipa alle chiacchiere: comincio
a pensare che questo sia un polo di attrazione, un piccolo porto franco aperto a tutti e dove agisce il
sortilegio che consente di esprimersi senza inibizioni, e infatti Giovanni si racconta: è al terzo matrimonio con una donna molto più giovane; dopo essere rimasto vedovo, ha cresciuto, tutto solo, quattro figli nati dalle prime mogli, e nello stesso tempo ha fatto la sua carriera di funzionario di banca, e ora è qui in pantaloni corti e una camiciola fantasia a godersi la compagnia.
Si unisce al crocchio Renato; inforca una vecchia bicicletta da uomo, è sorridente, sembra conosca
tutti e che sia atteso da tutti, e invece è il perfetto sconosciuto dotato di una carica di umanità non comune: prende subito il centro della scena e parla, parla senza dire banalità ma, anzi, racconta
aneddoti che presto si trasformano, tra frizzi e lazzi, in recite a soggetto che catturano gli ascoltatori;
mi ricorda un personaggio degli anni '50/'60 che viveva a Ferrara, detto "pendenza" per il modo in cui usava la bici, piegata da un lato, quasi sempre sul punto di cadere perché occupava la sella solo con una natica, e che gironzolava nel centro Città apostrofando e intrattenendo i passanti con detti e motti
arguti.
Sono personaggi picareschi, apparentemente liberi da ogni condizionamento, sempre simpatici, ma che non sai se siano sobri o alticci.
Infine si materializza Mirella: una quarantenne bistrata come si deve, con una chioma folta bionda;
è di Padova ma ignora la Cappella degli Scrovegni, sicura di se, è in abito elegante, e infatti dice che ha l'appuntamento con un amico ingegnere che la porterà a pranzo, e comincia a gesticolare in direzione della "preda ringadora", eccolo, è lui, e indica un uomo, ancora lontano, che si avvicina guardingo alla panchina.
Ecco l'ingegnere che saluta e porge la mano, e in quell'istante, dalla Ghirlandina risuonano i rintocchi
del mezzogiorno.
Ci separiamo e ognuno ritorna sui suoi passi: da quanto ho capito nessuno ci aspetta, ma a tutti è
mancato il coraggio di proporre un ulteriore momento di convivialità attorno a una tavola imbandita.
A.Ferrin
modena, 18/8/19