Questa notte, ancora una volta, mi sono svegliato con la musica di Verdi, il Dies Irae dalla sua Messa. Anche se scettici o non credenti circa la narrazione religiosa e la relativa dottrina cristiana, non si può restare impassibili al suo ascolto, e ciò perché è un racconto profondamente umano: tocca i nodi cruciali della nostra esistenza, i gangli da cui si dipanano e prendono forma tutte le domande e la ricerca di risposte alle nostre paure e angosce. Voglio immaginare che nella notte dei tempi qualcuno, o qualcosa, abbia affidato ad altri un incarico ben preciso come una ricerca di marketing: indagare e definire un programma dettagliato per procedere all'organizzazione di una umanità ancora ignara di se e perciò disorientata: in questo caso la religione è stata provvidenziale perché sul nostro Pianeta, da Est a Ovest, ha fornito all'uomo una ragion d'essere. Ma questa ipotesi suggestiva postula un uomo in un perenne stato di sudditanza, uno stato da cui l'uomo, nel frattempo cresciuto, vorrebbe emanciparsi, senza però riuscirvi. Dobbiamo sottostare alla nostra fragilità, accettare che la verità ci sia preclusa, e così ricorrere alla consolazione della filosofia e delle religioni. Pertanto è comprensibile, e anche liberatorio, emozionarsi davanti alla passione di Cristo: prima o poi tutti saremo sulla croce e anzi, già vivendo, paghiamo il nostro debito con la vita.
A. Ferrin Modena, 24/10/2023
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