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libreria di zurau

venerdì 17 ottobre 2025

ERMESSENDA

Tutti le chiedevano dove aveva preso quel nome o, per meglio dire, dove i suoi genitori l'avevano  pescato. Lei, diventata adulta, si era tolta la curiosità, scoprendo che era il nome di una nobildonna catalana vissuta a Carcassonne nell'anno mille. Questo non aggiungeva né toglieva qualcosa alla sua realtà degli anni 2000, infatti è una curiosità innocente indagare circa le nostre origini, e così la donna  non vi trovò nulla di strano, anzi ostentò il proprio nome come una rarità. Ma lei era oppressa da altri pensieri mentre si recava al mercato dell'usato (l'americanstrazz): come avrebbe potuto spiegare il motivo per cui la sera prima non si era presentata all'incontro fissato presso la confraternita della "Lasagna"? Aveva le sue buone ragioni: era stabilito con Arturo di vedersi dopocena per visionare documenti importanti riguardanti l'azienda che gestivano insieme. E lei, oltretutto non aveva previsto che la serata potesse finire in gloria, cioè in incontro amoroso. La donna, procace e in salute, libera da vincoli e fumisterie varie, era anche disinibita come molte sue coetanee, e ciò che più conta era bella, gli occhi di acqua marina e capelli biondo cenere, infine avrebbe potuto dare lezioni più che dotte anche a luminari della sessualità circa i benefici che ricavava dall'esercizio regolare di quella pratica. Dopo la serata trascorsa con Arturo, svuotata di energie, si era addormentata felice della pienezza che avvertiva nell'animo e nella mente. Rientrata nella casa a tarda sera, aveva appreso dell'ultimo femminicidio a Milano, dove un 52enne ha accoltellato, uccidendola, la sua ex compagna 29enne. Ermessenda già immaginava che i giornali ne avrebbero fatto titoloni a tutta pagina e pieni delle analisi più disparate, che il femminicidio sarebbe stato evocato come tipico del maschio italiano prigioniero del costume e cultura per cui la donna è oggetto e quindi sua proprietà esclusiva. Anche a lei, donna, quest'analisi appariva parziale, viziata di pregiudizio e comunque insufficiente per spiegare la complessità del fenomeno; lei, più semplicemente, pensava a uomo e donna come universo speciale della natura posto in una stessa metaforica "barca". Ovvero il problema riguarda la società intera, e ciò che sembra riguardare solo l'uomo, in realtà chiama in causa anche la donna, anche lei ha problemi con la sua femminilità e sessualità: lei stessa, troppe volte, complice mercato e consumismo, si mostra come  oggetto di desiderio. Poi ci si mettono le passioni umane, quasi tifoserie, a esasperare gli animi. In tempi come l'attuale, in cui le diversità e trasgressioni sono omologate, (ormai rivendicano anche la Ola!) è da irresponsabili alimentare e speculare sulla contrapposizione maschio femmina. In altri termini, l'uomo non può essere considerato unico responsabile e perciò capro espiatorio di un flagello sociale. E' ingiusto perché da un lato la scelta manichea allontana la soluzione dell'inguanguano, quando nello stesso tempo non si vogliono introdurre fisiologia della sessualità nonché educazione sessuale e affettiva in ogni livello del percorso educativo in cui bambini e bambine dovrebbero essere iniziati fin dalla tenera età.  

Modena, 16/10/2025

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