SCRIBERE

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libreria di zurau

venerdì 30 dicembre 2016

ASSENZE

                                                                 




ASSENZE         




Non prati erbosi
Aride zolle
Deserto
Senza memoria

Nel cammino
Forse smarriti
Vagate
Tra miraggi                                                                  
Dune precarie

Nel rifugio segreto    
Ambrosia e mirra
Esaltano                                                
Acque sorgive
Placano
L'arsura antica
                                               
Aspettate
Lasciate orme chiare
Che possa
Rivedervi ancora

A.Ferrin
Modena,31/12/2016
              


martedì 27 dicembre 2016

IL FRATELLO PIU' GRANDE

                                                          IL FRATELLO PIU' GRANDE



Per anni non ho avuto coscienza di essere parte di una famiglia numerosa: ciò accade a tutti i bambini nei primi anni di vita, quando non percepiscono del tutto il mondo che li circonda, il loro mondo è costituito e compreso nella fisicità del proprio corpo con i suoi bisogni primari.
Pertanto ho scoperto di avere fratelli più grandi quando sono emersi nella memoria ricordi e ombre fugaci di altre figure familiari, la cui presenza era poco assidua in famiglia in quanto presi dalla loro vita di adolescenti.
Ciò non è accaduto con le sorelle più vicine alla mia età e con le quali ho potuto condividere
esperienze infantili e giovanili.
Quindi penso a Ermanno e Gelindo, i mie fratelli maggiori.
Ermanno è mancato nel 2004, a Chicago negli U.S.A, a soli 71 anni, Gelindo a 86 anni il 22/12 u.s.
a Waupaca, Wisconsin in U.S.A.
Ho rivisto Gelindo dopo molti anni: ero bambino quando lui, arruolatosi  in marina militare, era
imbarcato sull'Incrociatore Andrea Doria.
Durante la crociera  transatlantica, la nave approdò a New York dove ai marinai fu concessa la franchigia, ma al termine del permesso egli non risalì a bordo e, aiutato dagli zii già residenti in U.S.A, si trasferì a Chicago dove prese in moglie l'italoamericana Marianna.
Quindi lo rividi quando tornò in Italia in licenza dal servizio militare che allora prestava nell'esercito
statunitense stanziato in Baviera, la regione tedesca occupata dagli americani dopo la sconfitta della
Germania nella seconda guerra mondiale.
Io vidi e lo ricordo alto e imponente.
Lo rividi altre volte, e ricordo in particolare l'incontro dei primi anni '70: ero sposato e avevo tre figli,
tutta la nostra famiglia era riunita presso i nostri genitori e quell'incontro mi colpì perché, passeggiando in giardino, mi cinse le spalle, e con un tono paterno mi chiese a bruciapelo : sei felice?
E poi, lava bene i denti tutti i giorni.
La cosa mi turbò al pensiero che mio fratello avesse solcato l'oceano per occuparsi della mia felicità, e della cura dei miei denti.
A.Ferrin

Modena, 27/12/2016


martedì 20 dicembre 2016

CHI SONO IO?

                                                                     CHI SONO IO?



Monsignor Galantino, in riferimento all'attentato terroristico di matrice islamica a Berlino, afferma
che non siamo alle prese con una "guerra di religione", ma che la responsabilità sarebbe del Dio denaro, l'antico "sterco del diavolo".
Nelle sue parole c'è una carenza di analisi o, piuttosto, una vera rimozione o cecità psicologica: come dire che non ci si rende conto che l'Occidente balla e canta sul ciglio del cratere di un vulcano che già ribolle minaccioso e minaccia di esplodere.
Siamo in presenza di una crisi di civiltà, la nostra, che ripete il ciclico iter di ogni civiltà destinata a
soccombere a un ordine più forte e integro, in grado di catalizzare i fermenti e le energie più giovani
dell'umanità.
Le cause di questo processo inarrestabile? La decadenza del Cristianesimo che ha esaurito l'originaria
carica rivoluzionaria, e conseguentemente la "stanchezza dell'occidente" incapace di fare fronte alle
nuove emergenze, e all'inarrestabile progredire del mondo islamico.
Un'esempio esplicativo di questo concetto io lo individuo in una delle molte dichiarazioni, in libera uscita, di papa Francesco: chi sono io per giudicare gli altri?
Se anche il papa non sa chi è, quale è il suo compito, e perché è stato eletto, di cosa stiamo parlando?
Antonio Ferrin
Modena, 21/12/2016

domenica 4 dicembre 2016

REFERENDUM



                                                            REFERENDUM





13:35 (3 ore fa)


Ho votato nella Scuola S.Carlo con moltissimi cittadini, in un'atmosfera distesa.
L'andirivieni dei votanti è ordinato, escono visibilmente sereni e sicuri
del dovere compiuto: si legge sul viso, e specialmente nei loro sguardi,
un senso di pienezza per la scelta fatta.
Anche i cani in attesa dei loro padroni sono tranquilli e composti, quasi
compresi dell'importanza del momento; osservo però che alcuni dei cani,
all'avvicinarsi dei proprietari, sono più irrequieti: guaiscono, o mostrano i denti.
Fiutano il "NO" o il SI?

Antonio Ferrin
Modena, 04/12/2016

martedì 29 novembre 2016

NIDO

 NIDO                                                                         


Passero intento
al nido
ruba al prato
un filo d'erba

Fragranza
d'erbe mature
lo sfalcio
vicino

Per il sentiero
la Bella correndo
affonda la chioma
nel cupo trifoglio.

Aria sospesa
il cielo azzurro

Lasciati cogliere
fiore di desiderio
la morte coglie
improvvisa.

A.Ferrin
Modena 1984

STUPIDARIO & DISUMANITA'

                                                                STUPIDARIO E DISUMANITA'



Guernica My Lai
Dresda Coventry
Sabra Shatila
Hiroschima
Auschwitz
Marzabotto
Pogrom Gulag
Katyn Foibe
Vota Antonio Vota Antonio...
Chi si ferma è perduto!
Avanti Popolo!
Sieg Heil!
1492
Libretto rosso
A ME!
Credere Obbedire Combattere!
Taci! Il nemico ti ascolta!
Eia Eia Alalà!
Venceremos!
Vamos a matar Companeros!
Hasta Victoria Siempre!
Allons Enfants de la Patrie!
Fratelli d'Italia...
Deutschland uber alles!
Wir vollen wieder waffen!
Sole che sorgi...
Mi manda Picone!
W l'Italia, la Germania, la Francia, il Butan, L'Inter e la Spal!Viva me!
W la Repubblica dell'Ossola, di San Marino, di Andorra, di Seborga!
W il Gran Ducato di Toscana e quello del Terzo Piano
A. Ferrin

Modena
27/11/2016

Sentenze antiche
L'uomo è fatto di sterco e argilla.
Fango e cenere cosa hai da gloriarti?
La nostra mente erra nelle tenebre e non può discernere il vero e il falso.
Non c'è altra certezza se non che niente è certo, e niente è più miserabile e più orgoglioso dell'uomo!


SABRA E SHATILA

 SABRA E SHATILA                                                          




Sabra Shatila My Lai
Katyn Dresda
Auschwitz Hiroshima
Tar El Zatar Lodz
Marzabotto Coventry
Guernica

Ci stracciamo le vesti
Non abbiamo memoria
Nostra è la linfa
Dispersa

Un delitto più giusto
Dell'altro?
Siamo tutti
Di Israele e Palestina

La mole ci scuote?
Nostro è un solo
Sudario


A.Ferrin
Modena, ottobre 1982

sabato 26 novembre 2016

Le donne e la Chiesa

                                                     

                                                             Le Donne e la Chiesa

Classico autogol del Cardinale Scola che afferma: "se non ci fossero le donne, la Chiesa non
esisterebbe più".
Parole sante: come farebbe la Chiesa senza le Pie donne e le religiose che si occupano dei servizi
al Clero di ogni livello, e che vengono anche importate in Italia come forza lavoro?
A.Ferrin

Modena,26 novembre 2016



mercoledì 23 novembre 2016

PORTA NUOVA


                                                                PORTA NUOVA




Luglio 1967
Il treno entra nello scalo della stazione di Porta Nuova a Torino, arrestando la corsa ai blocchi che delimitano la piattaforma passeggeri.
Porta Nuova, il suo nome è altamente simbolico: forse significa che all'uomo si apre una porta per condurlo a esperienze nuove e significative? E' ciò che spera ogni uomo iniziando un nuovo
percorso della vita senza sapere dove lo condurrà: il mistero è parte dell'ignoto e dell'avventura. Durante il lento e lungo viaggio, Brenno ha soppesato il pro e il contro della situazione in cui si trova: ha 24 anni, senza arte né parte, è consapevole di dovere compiere ancora molta strada per colmare il vuoto che avverte dentro e intorno a se.
Cerca di scuotersi dal torpore che l'afa e il battito cadenzato del treno sotto il sole di luglio hanno provocato: è in viaggio con il futuro collega di lavoro Frontali, il belloccio della compagnia, che non
si stanca di parlare dell'Armida, la ragazza di cui è innamorato ed è riamato.
Il treno ha seguito la direttrice da Ferrara a Torino attraversando la Pianura Padana nella calura estiva, tra campi gialli di stoppie, terre assolate e paesaggi più verdi all'apparire delle prime colline piemontesi, alture non elevate, dai dolci pendii decorati da filari di vigneti.
Nella città Sabauda frequenteranno un corso di addestramento alle vendite organizzato da Oreal Italia; il corso avrà la durata di 40 giorni, e saranno ospitati dalla multinazionale francese in un albergo adiacente Piazza Statuto dove ha sede la società.
E' una nuova avventura che affronta con ottimismo dopo l'esperienza lavorativa in Montecatini, il
Servizio di Leva, il lavoro presso le Assicurazioni Generali e Reale Mutua, nonché il lavoro svolto a Basilea e a Monaco di Baviera in una breve e non esaltante esperienza di migrante, e quindi di girovago in Europa.
D'altra parte, il "movimentismo"di questi ultimi anni è stato reso possibile dalla favorevole situazione economica in cui è l'Italia, grazie al famoso "miracolo economico" del quale si notano ancora gli effetti: il consumismo, il benessere diffuso, il lavoro che non manca, e questo fa sì che, volendolo, non si resti disoccupati a lungo.
Brenno ripensava con piacere a queste esperienze: evidentemente doveva (e poteva) dare sfogo al suo forte desiderio di esplorazione ed evasione da una realtà che avvertiva limitata e ormai asfittica, e tutto coincideva con la fortunata circostanza della conoscenza di Selma, la ragazza olandese notata e avvicinata sulla spiaggia della costa ferrarese, il suo primo piccolo amore che a lui sembrò grande a
fronte delle infatuazioni giovanili degli anni precedenti.
Selma era ebrea, i suoi nonni provenivano dalla Germania che avevano abbandonato per sfuggire
alla persecuzione razziale, ma fu tutto inutile poiché, con l'occupazione nazista dell'Olanda, alcuni
membri della sua famiglia furono rinchiusi nei Lager tedeschi e vi perirono.
La madre Henriette e il padre si salvarono perché erano in Indonesia, allora dominio olandese, e infatti Selma era nata a Giacarta; Henriette aveva lasciato l'ebraismo perché, diceva, le religioni sono
causa di molte tragedie dell'umanità, e lo sono state anche della Shoah.
Sul treno diretto a Torino, Brenno ricordava anche le prime esperienze negli squallidi lupanari dei quartieri spagnoli a Napoli, città in cui svolgeva il Servizio di Leva; quelli erano i quartieri più poveri e caratteristici della città, rivedeva le acerbe prostitute, anche con figli, che erano le più innocenti tra
papponi, profittatori e faccendieri di ogni genere: scorrazzava con i commilitoni nell'intrico dei vicoli sudici e impervi che si inerpicano da via Toledo verso Montecalvario.
Le così dette "case chiuse", i Casini dello Stato, erano stati aboliti sul finire degli anni '50, e pertanto era subentrata una effettiva liberalizzazione della prostituzione; i quartieri più degradati, già noti come centri del malaffare, erano diventati postriboli diffusi a cielo aperto, dove si susseguivano i "bassi" sempre aperti alla curiosità e ai desideri dei visitatori. E ricordava anche via Speranzella che si incrociava nella risalita al Montecalvario e, in prossimità di una scalinata stretta e ripida che lambiva la Chiesa della Concezione, c'era un vico angusto, rischiarato da una piccola luce proveniente da un basso; una stoffa dozzinale all'ingresso lasciava intravedere il suo interno costituito da una sola stanza e sul grande letto era distesa una giovane che non faceva mistero della sua disponibilità.
Era molto bella e sorridente, ma il soldato, una volta vicino al suo letto aveva notato che nell'angolo più nascosto c'era una culla  con un bambino biondo e paffuto che si afferrava alle sbarre di
protezione, sgranava grandi occhi rivolti al nuovo venuto, e si apprestava a piangere quando Brenno decise di rinunciare all'avventura; uscì dal basso frettolosamente, non senza porgere il compenso pattuito alla ragazza.
Ma qualche suo commilitone, forse meno ingenuo, azzardava l'ipotesi che egli avesse fatto la comparsa nella sceneggiata organizzata dalla stessa prostituta per non dovere "pagare dazio".
E che dire delle Pensioni compiacenti dislocate sulle spiagge dei Lidi ferraresi della costa adriatica? Queste, a loro volta, erano partecipi della stagione delle vacanze estive perché ospitavano le signore e i clienti che in inverno avrebbero "ricevuto" nelle loro case di città.                                                       Era un'avventura individuare queste Pensioni: nessuno sapeva e diceva, e faticosamente, con un accenno, un nome, un cenno d'intesa, si giungeva alla meta.
E il dialogo con i tenutari era delicato, si recitava a soggetto con dialoghi grotteschi,  fatti di allusioni, parole cifrate, o di amici che avevano segnalato e fornito un nome rassicurante; infine, Sesamo si apriva e l'uomo poteva accedere al bordello ricavato nello spazio di fortuna celato da un pannello
di faesite.
Insomma, in quegli anni i riti della seduzione erano estenuanti e perciò molti ragazzi erano "anime in pena", in attesa dell'occasione fortunata di potere accedere a una vera esperienza sessuale; i giovani erano davanti a un bivio:  praticare per libera scelta la virtù della castità, o rassegnarsi all'auto gestione della tempesta ormonale da cui erano investiti, sballottati fra i sensi di colpa e il timore della cecità minacciata dai preti.
Frontali, detto Piron nella compagnia, era il tipo scanzonato, andatura dinoccolata, sorrideva di tutto e tutti, era figlio unico educato nella libertà da convenzioni e pregiudizi: si faceva più serio, ma non troppo, quando parlava dell'Armida, la sua ancora, diceva, e allora riferiva di emozioni ineffabili e momenti dolcissimi che custodivano nella loro intimità.
E in compagnia eravamo ammirati di tanta fortuna e forse anche gelosi.
Insomma erano passati gli anni della prima gioventù e Brenno si era concesso più di un anno sabbatico in uno stato di grazia e pienezza, ma era giunto il momento di mostrare più senso di responsabilità.
Con Frontali aveva superato le prove di selezione Oreal, e fantasticavano sul  nuovo lavoro nei negozi delle parrucchiere, e così conoscere molte donne che un luogo comune affermava fossero molto disinibite, e che perciò costituivano un promettente terreno di caccia.
La società e i suoi costumi subivano cambiamenti rapidi e profondi, ma questo accadeva meno nei rapporti uomo donna per il persistere nella società italiana della cultura cattolica ancora dominante, e infatti Brenno pensava a Selma che , sedicenne, si abbandonava con felicità e naturalezza alle effusioni amorose, e confidava di fare uso, come le sue coetanee, di contraccettivi.
L'uomo ne avrebbe avuta la riprova ad Amsterdam, per l'atmosfera di libertà che si respirava nella vita dei suoi cittadini, per il modo in cui erano regolamentati prostituzione e consumo di droghe, e pertanto non gli parve di essere capitato in un società dissoluta, ma piuttosto in un Paese ordinato, civile e tollerante.
E già nostalgico era il ricordo di Selma, che scriveva lettere tenerissime con una grafia minuta e aggraziata.
Gli uomini vagheggiano e vaneggiano, ma è la vita a riportarli sul terreno della realtà sfrondata da speranze e illusioni, pur offrendo nuove prospettive; in altri termini, l'uomo pensa e crede di avere progetti e di essere determinato a realizzarli, mentre i fatti, il caso e la necessità lo prendono per mano e lo conducono altrove.
Brenno e Frontali sono ormai nel grande atrio passeggeri di Porta Nuova e si apprestano a raggiungere in taxi l'albergo di Piazza Statuto.
Fuori dalla stazione, in Corso Vittorio, c'è il frastuono del traffico cittadino e lo sferragliare dei tram: è la prima volta che i due uomini vedono Torino, la sua architettura affascina e richiama alla
memoria la Parigi dalle vie ampie e alberate, le facciate liberty e barocche con tetti spioventi e abbaini.
Il Corso in Oreal  sarà breve per Brenno, il tempo sufficiente per conoscere Mario Silvano, un importante consulente di Milano che intrattiene sulle nuove tecniche di vendita mirate al settore in cui opera la società, e un grande personaggio delle vendite franco-algerino, Beggiani (ha scelto di essere francese dopo l'indipendenza ottenuta dall'Algeria nei primi anni '60 con la rivolta contro il dominio francese).
Il Corso sarà di breve durata perché a Torino si materializzano gli zii Laino e cugini che sono immigrati a Torino da Crotone; dalla città calabrese e da tutto il Meridione è ancora in atto una vera transumanza di molti meridionali verso il Nord-Italia dove è in atto un vorticoso sviluppo industriale.
Lo zio Attilio, con la zia Stella e i figli Rina, Luigi, Flora, Arturo e Pino si sono stabiliti nella cintura industriale di Torino, a Collegno.
Rivedere i cugini ha propiziato la conoscenza della sua prima moglie Renata: è collega di lavoro
di Rina in un importante negozio di moda femminile situato in Piazza Statuto, adiacente la sede della Oreal.
Per farla breve, Rina e suo marito invitano Brenno a cena nella loro casa, dove incontra Renata, a sua volta ospite della cugina.
Lui, ragazzo timido, è colpito dalla presenza della ragazza: è bella, i capelli lunghi biondo/cenere
e gli occhi castano chiari, la pelle diafana, e sulle guance alcune lentiggini.
E tuttavia, superata la sorpresa, aveva partecipato alla conversazione con quella ragazza che voleva "darsi un tono", e infatti si toccavano temi impegnativi storico/politici italiani, e ci fu un piccolo incidente dialettico quando si parlò della seconda guerra mondiale, e lei a dire con enfasi che durante la guerra era stata rinchiusa con la sua famiglia in un campo di concentramento in Svizzera, o quando enfatizzò, sopravvalutandola, l'importanza della "Repubblica dell'Ossola".
La cosa in verità, a lui sembrò inverosimile e lo disse anche sorridendo: si sapeva tutto dei Lager nazisti e dei Gulag sovietici, ma non di quelli svizzeri; lei si adombrò e cercò di essere persuasiva, ma infine riuscirono a non litigare, e convennero che lei non era stata in un campo di concentramento, ma piuttosto internata con la famiglia nella Svizzera neutrale che aveva aperto le porte ai civili in fuga dalla valle per sottrarsi alla rappresaglia dei tedeschi occupanti, dopo la caduta dell'effimera Repubblica dell'Ossola,
Brenno, da quella sera cominciò a corteggiare Renata; la incontrava "casualmente" all'uscita dal lavoro, poi si offriva di accompagnarla a casa quando a sera doveva rientrare nell'abitazione di Piazza Bernini, dove alloggiava presso una anziana vedova: erano ormai sere autunnali, nebbiose e umide.
Infine le propose un incontro domenicale cui ne seguirono altri durante i quali esploravano la città con lunghe camminate, instancabili e curiosi di tutto.
E' facile percorrere le strade di Torino perché la sua viabilità è razionale e ordinata, è uno scacchiere dove vie, piazze e monumenti, sono agevolmente raggiungibili e così, di buona lena, camminavano per ore senza apparente fatica; ciò era dovuto al piacere di essere insieme, di vivere sentimenti
condivisi: avvertivano le sensazioni ineffabili di una conoscenza che recava nuove emozioni e
aspettative per il futuro, il tutto con i piccoli gesti e le parole misurate di chi pensa e scruta l'altro nel
magico rituale del corteggiamento.
Brenno, al fianco di Renata capiva che tutto era diverso rispetto alla conoscenza di Selma: questa era una ragazza giovanissima, dolce e di un certo candore, mentre Renata era già donna, aveva fatto
scelte coraggiose di autonomia e indipendenza, lasciando la sua Domodossola per trasferirsi a Torino.
Pertanto l'incontro con Renata era la causa prima della sua nuova vita: l'immagine di Selma era sempre più lontana e confusa. Decise di abbandonare l'Oreal, e di non fare ritorno a Ferrara.
Così in poche domeniche esplorarono Torino, o almeno i monumenti e gli scorci  più interessanti della città e i suoi dintorni; la Città è anche un libro aperto sulla storia d'Italia: vie e piazze raccontano i Savoia, i Moti Carbonari e Risorgimentali, le Guerre di Indipendenza che portarono all'Unità d'Italia.
Si recarono anche a Volpiano, dove vivevano la nonna paterna Cristina , (il nonno era già scomparso) i figli Elia e Achille, e le figlie Anna e Maria: tutti avevano lasciato Arzergrande, nel Veneto, per trasferirsi in Piemonte, sempre per motivi di lavoro; nonna Cristina era la stessa di sempre, amorevole con tutti, Elia e Achille erano sposati a due venete, Beppina e Antonia, e infine le zie Anna e Maria erano nubili, mentre le zie Ada, Brigida e lo zio Luigi erano sposati e lontani, e tutti erano di stretta osservanza cattolica.
Egli aveva fatto esperienza della vita bigotta che conducevano, trascorrendo una breve vacanza nel loro vecchio podere di Arzergrande, una casa patriarcale dove genitori e figli vivevano con frugalità giornate di continuo lavoro, tra preghiere, giaculatorie, messe e recite del rosario, giornate in cui i rari momenti di evasione erano costituiti dai pettegolezzi riguardanti i loro paesani e, occasionalmente, anche i parenti vicini e lontani; indelebile nella sua memoria di ragazzo il ricordo di nonno Gelindo,
già vecchio e dipendente dai figli, che mostrava la povera bottega in cui aveva esercitato il mestiere
di fabbro e  maniscalco, con la forgia, il mantice, l'incudine e gli utensili utilizzati, forse, anche da suo padre nella prima giovinezza.                     
E il ricordo delle sere in cui la numerosa famiglia si riuniva intorno al grande tavolo della cucina, e sul tavoliere precipitava dal paiolo di rame una colata di polenta densa e gialla che veniva distesa, al suo centro era versato il condimento di pomodoro, infine il più anziano degli zii ritagliava le porzioni con un filo per cucire e le distribuiva.
Leggenda vuole che, raramente, una saracca pendeva al centro della tavola e ciascuno dei presenti
strusciava il boccone sul pesce affumicato. 
Dunque tra Brenno e Renata progrediva la conoscenza reciproca, lei si esprimeva su ogni argomento, la conversazione fluiva come acqua corrente, aumentava l'emozione per la vicinanza e la confidenza più intima; camminavano sempre più vicini, mano nella mano, il profumo di lei gli era ormai familiare, le carezzava i capelli e lei sorrideva.
Una sera, il cielo già imbrunito, erano in Piazza Carlo Felice, fronte Porta Nuova, ormai in Corso
Vittorio, e si dirigevano al Parco del Valentino, ma non l'avrebbero raggiunto perché lui possedeva le chiavi della mansarda che i cugini condividevano con amici per condurvi le "fidanzate", e anche il ragazzo sperava di salire a quella alcova, promessa di felicità.
Non si sa quale storiella le raccontò, né quanto la ragazza gli credesse, o volesse credere, il fatto è che lei lo seguì alla ricerca del numero 63 di Corso Vittorio.
Questo palazzo è della Torino "Umbertina", un portone grande e massiccio, occorre la chiave per
utilizzare l'ascensore, e allora si inizia la scalata, forse sei piani a piedi, piani alti con gradoni che
non finiscono mai, infine si arriva al piano delle mansarde, individuano la loro, Brenno apre la porta con un rumore di vecchie ferraglie e si ritrovano in un grande sottotetto rischiarato da un lucernario e dalla finestrella dell'abbaino dal quale lo sguardo spazia sui tetti di Torino immersa nella caligine autunnale.
Il luogo è disadorno: due sedie impagliate, su una c'è una bugia con un mozzicone di candela, in terra
è adagiato un materasso con alcune coperte; è spartano, ma la tenue luce lunare e il riflesso delle luci cittadine gli conferiscono l'aspetto di un rifugio segreto e romantico.
La tensione emotiva è palpabile e l'emozione indicibile.
Continuarono a frequentarsi esplorando, con i cugini e i loro amici, le colline torinesi, fra boschi e
ruscelli verso Superga, sostando sui prati per rifocillarsi.
A sera rientravano in città con le luci già velate dell'autunno incipiente; erano felici, ma la felicità può essere offuscata da fatti imprevisti che possono sconvolgere ogni equilibrio e precipitare animo e mente nel disorientamento totale.
Lei gli ha detto di essere incinta. Brenno è stordito perché lontanissimo dal pensiero di una possibile
paternità, e la sua istintiva, viscerale reazione è di rifiuto: è terrorizzato, pensa di non essere pronto a fronteggiare una simile realtà.
La risposta della donna è serena e decisa: vuole portare a termine la gravidanza, e già pensa di farsi accogliere in un istituto religioso per ragazze-madri. Lei, peraltro, ha già rifiutato la soluzione di un aborto clandestino suggerito dai cugini in quanto pratici della cosa.                                                         In Italia la pratica dell'aborto è vietata, e la sua legalizzazione sarà introdotta solo nel 1978.
Pochi giorni di  tormento per l'uomo e la donna, poi Brenno le propone il matrimonio: le vuole bene e già ne vuole al figlio in arrivo; sulle prime lei è titubante, ma infine accetta, il matrimonio verrà celebrato a Collegno e, in seguito, altre due bambine, Annabella e Chiara, nate a Ferrara e Sassuolo, completeranno la famiglia.
Niente di nuovo sulla terra, se non fatti di ordinaria umanità: donne e uomini vivono infatti vicende
umane in cui maternità e paternità riscattano e giustificano l'esistenza.
A.Ferrin
Modena, 22/11/2016



lunedì 14 novembre 2016

LA VERITA' !?

                                                                   LA VERITA' !?

                                                         Confine U.S.A.-Messico



1) 1994 inizio della costruzione di muri, palizzate, cavalli di frisia,filo                                                                                  spinato, Barriere di piattaforme metalliche, recinzione elettronica con
     sensori e telecamere: tutti lavori iniziati con Clinton e continuati con          
     Obama.
2)  Dei 3200 km del confine fra Messico e USA, 1070 sono già protetti da
     ostacoli vari.
3)  Il confine più scoperto è quello naturale del Rio Grande, ma è arduo superarlo.
4)  750 sono le miglia di confine che gli Usa dovrebbero ancora  blindare.
5)  L'esperienza ha dimostrato che i clandestini riescono a superare il muro
     anche in 18 secondi.
6)  Si valuta siano almeno 7000 i clandestini morti nei vari tentativi di espatrio 
     clandestino.
7)  Durante l'amministrazione Obama sono stati deportati 2,5 milioni di
     immigrati illegali, e nell'anno fiscale 2016 la polizia ha catturato 600 
     mila clandestini negli stati confinanti con il Messico.
8)  Non di secondaria importanza è la penetrazione di droghe dal 
     Messico, con gruppi di spalloni spesso scortati da uomini armati.

Questi dati dimostrano tutto e nulla, ma forse lasciano intravedere  la somma di ipocrisie e falsità di cui è piena la politica e ogni tipo di propaganda.


A.Ferrin
Modena,15/11/2016

giovedì 10 novembre 2016

LAMENTO DI IPPOCRATE


                                                     LAMENTO DI IPPOCRATE
                                                       

Con mezzi pubblici, e pedibus calcantibus, mi sto recando in via Mascagni dove è l'ambulatorio del
dott. Crucetti, il medico dentista indicatomi da un amico comune.
Sono dolorante per un molare compromesso che mi fa vedere le stelle; la strada è già deserta e in penombra, scarsamente illuminata da luci tenui provenienti da alcune finestre; camminando, ricordo
che Pietro Mascagni è il compositore che ha scritto la musica di Rapsodia Satanica, colonna sonora per l'omonimo film degli anni '30 del secolo scorso. Certamente è solo suggestione, ma intravedo nello squallore della strada, con le ombre precoci e quasi inattese, un che di sinistro che acutizza il mio malessere e cerco di affrettare il passo.
Finalmente individuo il vecchio condominio dove è l'ambulatorio, noto la targhetta usurata dal tempo
con il nome del Dentista quasi illeggibile, comunque premo il pulsante della suoneria e attendo.
Pochi minuti ed ecco il rumore metallico dello scrocco e l'uscio si apre lentamente lasciando intravedere l'alta figura di una donna vestita di una tunica bianca che mi scruta con curiosità, e io mi affretto a dire chi sono e perché sono di fronte a lei, anche se la donna ha senz'altro già notata la mia guancia gonfia e il viso deformato dal dolore lancinante.
La donna è la moglie del Dentista e si chiama Filomena di Materdomini, è minuta, di una magrezza inquietante, ora la sua espressione è più dolce e disponibile, il viso circondato da capelli folti e arricciati, quasi crespi, con una accentuata cotonatura che forma un baldacchino sul capo;
mi introduce in un salottino con poche sedute, una panca è ricoperta da cumuli di riviste ormai vecchie (ma ciò accade in tutti gli ambulatori medici!), e sul tavolino un calendario dell'anno precedente con volantini pubblicitari che annunciano eventi di molti mesi prima.
Mi fa accomodare e mi annuncia al dottor Crucetti che di nome fa Vito, è originario del Tavoliere delle Puglie, ma non devo attendere molto perché la donna ritorna facendo strada verso l'uscita a una signora, che poi mi confesserà essere sua sorella abitante in quel di Montale, il che mi
ricorda subito di chi si tratta, si chiama Penelope, me ne aveva parlato mia moglie in merito a una
vicenda che aveva fatto scalpore fra amici e parenti: mi pare si trattasse di una famosa "salama da sugo", la specialità ferrarese che avventurosamente era giunta a Modena dalla Città Estense e che Paolo della Rocchetta non era riuscito a consumare per la strenua opposizione della sua Penelope.
Ma ora voglio andare oltre perché sono troppo dolorante e ansioso di mettermi nelle mani del
dottore perché dia sollievo al mio dolore.
Entrando nello studio, le grandi luci si attenuano e l'ambiente è pervaso da una tenue luce azzurro-rosa che può conciliare pace e sonno;  il medico mi guida alla poltrona di fronte al "Riunito", luogo deputato alla tortura, e allora noto che affissa alla parete c'è l'immagine di una Santa, mi dicono
Santa Apollonia, Patrona dei dentisti, e io spero lo sia anche dei loro pazienti.
L' icona religiosa è in ceramica policroma di Grottaglie, ed è adornata da due lumini di cera accesi
che poggiano su una piccola mensola, la Santa tiene nella mano sinistra una tenaglia d'altri tempi che
i cavadenti utilizzavano in passato, come forse facevano anche i maniscalchi quando toglievano i chiodi dai ferri dei cavalli; sulla stessa mensola c'è una piccola statua della Madonna contenente acqua benedetta, la osservo e Filomena di Materdomini, notando la mia curiosità, conferma che lei è molto devota a quella Madonna che sarebbe apparsa a Medjugorie nell'ex-Jugoslavja.
L'ambiente ha assunto un'atmosfera mistica, mancano solo il suono dell'organo e le voci bianche.
Io sono attonito e molto preoccupato: dove sono? Dove sono capitato? Ecco, Donna Filomena e il maritoVito si avvicinano all'immagine della Santa e recitano alcune giaculatorie; io assisto rispettoso
e perplesso alla cerimonia, peraltro breve.
Quindi le luci si riaccendono, una lampada scialitica mi inonda di luce bianca, Vito applica la
mascherina sulla sua bocca, controlla la batteria di strumenti disposti sui bracci del "Riunito", strumenti fissati a flessibili e cavi tentacolari, tutti protesi ( così mi pare e temo) ad assediare la mia bocca.
Donna Filomena controlla il funzionamento del lavabo nel riunito e avvia il compressore, mentre il dottore è assorto in reconditi pensieri: Vito ha movimenti lenti, sempre ponderati, quasi di bradipo, la sua mente sembra vagare lontano dallo spazio angusto in cui ci troviamo.
Infine il Dentista afferra, uno a uno, scavatore, trapano e fresa, e comincia a ravanare nella mia bocca,
tra i denti e nei recessi più nascosti; il molare offeso è devitalizzato, e tuttavia l'esplorazione è
fastidiosa perché accade che gli utensili tocchino nel vivo le gengive sensibilissime.
Evidentemente il mio livello di sopportazione è raggiunto e superato, cado in deliquio e la mente è precipitata in un mondo di visioni piene di luci e suoni psichedelici, mi hanno forse propinato sostanze allucinogene? Nella realtà fantastica in cui mi trovo, Donna Filomena è un'Odalisca che circonda di attenzioni lascive il suo Vito, che si concede estatico alle mollezze con un sorriso ineffabile; lei è avvolta in una finissima stoffa che veleggia per le movenze che lasciano intravedere l'eleganza del suo corpo, lui invece è cinto ai fianchi da un semplice pareo che lascia scoperte due gambe che sembrano stecchi di legno: compaiono infine alcune bellissime giovani donne seminude adornate di fiori che danzano al suono dolce di tamburi e ukulele.
Non saprei dire per quanti minuti io sia stato in questa condizione di estraneità al mondo reale e pertanto, quando recupero la lucidità, ignoro ciò che è accaduto, la vista è sempre più nitida, lo stato
di coscienza emerge dalle nebbie, e percepisco confusamente alcune parole tra il dottor Crucetti e Filomena: <ci è andata bene>, dice lui alla donna, e questa di rimando:<andiamo a San Giovanni Rotondo da Padre Pio per grazia ricevuta>, io comincio ad afferrare il senso di quelle parole.
Il dato di fatto è che Donna Filomena ha il camice in disordine e il palco dei capelli è scarruffato, mentre il dottor Crucetti, cerca invano di darsi un contegno acconciandosi il ciuffo di capelli che non ha.
Sono disorientato, mi dirigo all'uscita mentre si sente il lamento remoto, triste e prolungato, del vecchio Ippocrate proveniente da non so dove.
A.Ferrin
Modena, 10/11/2016                                                             


lunedì 24 ottobre 2016

MA'T Settimana della salute mentale

               
                                                                  MA'T


Sabato pomeriggio, in attesa di entrare al Cinema Astra, mi sono fermato in via Emilia Centro,
in angolo con Piazza Matteotti: sentivo suoni acuti di ottoni e tamburi che si avvicinavano sempre
più e, in lontananza, avanzava un corteo partito da Largo S.Agostino.
Allora ho ricordato che poche ore prima Chiara mi aveva annunciato che avrebbe fatto un servizio
fotografico al " Màt Pride", la marcia dei matti, in occasione della Settimana della Salute Mentale.
Così ho deciso di assistere al passaggio del corteo preceduto dalla Banda musicale di Modena; in
realtà, come spesso accade, molti eventi sono annunciati con un'enfasi eccessiva rispetto alla realtà
dei fatti, anche se in presenza di una manifestazione importante e socialmente utile.
Infatti la Banda è un poco scalcinata, con pochi elementi, disordinata nel portamento, suonano
a memoria, ma volonterosamente.
Lo stesso corteo è esiguo, con pochi malati e i loro parenti, due uomini sui trampoli, alcuni volontari
che distribuiscono palloncini e altri che reggono manifesti esplicativi circa i temi della manifestazione
non mancano due fotografi a documentare il tutto, una di questi è Chiara che notandomi mi si avvicina
noto anche il Vigile urbano in motocicletta che fa da staffetta: ha sollevato la moto sul cavalletto e si è piantato a gambe larghe nel bel mezzo della strada, ha gli stivali di pelle nera, i pantaloni infilati e attillati, giberna e cinturone, manganello e pistola e infine la paletta segnaletica infilata nello stivale, si guarda intorno con atteggiamento marziale, questa immagine richiama alla mente scene Western.
Ciò che più mi sorprende e mi fa sorridere è il tizio in testa al corteo che regge un cartello.
Egli è un cittadino frequentatore abituale del Centro di Salute Mentale e del bar della Polisportiva
situato al piano terra, molto docile ed educato, cerca di scroccare piccole consumazioni, ma lo ricordo
bene sopratutto perché io e mia moglie lo abbiamo sorpreso alcune volte a pisciare in pieno giorno nella siepe condominiale.
Gli spettatori osservano incuriositi, alcuni sorridono o commentano, ecco un commento per tutti : poverini, hanno dei problemi.
Ho pensato che tutti noi abbiamo dei problemi, più o meno consapevolmente, e che tutti avremmo
dovuto "entrare nel corteo" e confonderci con i matti.

Antonio Ferrin
Modena, 24/10/2016

domenica 23 ottobre 2016

IO, DANIEL BLAKE

                                                                                                                                                                                                   IO, DANIEL BLAKE


Ho visto il film di Ken Loach, film in cui il regista affronta il tema del Welfare inglese.             Prende in esame il caso emblematico del sessantenne Daniel alle prese con i suoi problemi di cuore che lo rendono inabile al lavoro, ma che nello stesso tempo non riesce ad accedere ai sussidi di malattia e disoccupazione per la stupidità e inettitudine della burocrazia.                                           Infine Daniel muore di infarto proprio nell'ufficio della burocrazia dove finalmente avevano accettato
di esaminare il suo caso, per cui si può ben dire che "muore di burocrazia".
Pertanto il tema interessa tutti, anche noi che viviamo in società che si dicono socialmente avanzate, ma che sono anche terribilmente complesse e competitive, e nelle quali le burocrazie sono veri Moloch
incombenti, minacciosi e imperscrutabili.
Quindi l'argomento è ampiamente dibattuto, ma io desidero accennare alla maestria con cui Loach gira
la pellicola, coinvolge emotivamente lo spettatore, provocando in lui indignazione, pietà, pianto e
disperazione.
Infine, nel funerale dei poveri (perché celebrato al mattino molto presto) la giovane Kate, amica di sventura di Daniel, legge un biglietto trovato in una tasca dell'uomo morto, è la dichiarazione che si
riprometteva di leggere davanti alla Commissione riunita per esaminare il caso: 
Io sono Daniel Blake...sono un Cittadino...niente di più...niente di meno... 
La recitazione è magistrale, non solo quella di Daniel, ma di tutti gli attori, anche dei più spregevoli per esigenze di copione.

A.Ferrin
Modena 22/10/2012

venerdì 23 settembre 2016

FESTIVAL della FILOSOFIA--

                                                      Festival della Filosofia
                                                                a Modena


17 settembre sabato pomeriggio

Salutate Annabella e Chiara, mi reco in Piazza Grande dove è già in corso la Lezione Magistrale di Roberto Esposito sul tema La crisi bio-politica dell'Europa: la platea è stracolma, occupata da
moltissimi anziani disciplinati e composti sulle sedie, mentre i giovani, più le femmine
dei maschi, con gli inseparabili zainetti agghindati di etichette e ninnoli, si muovono ancora nella piazza alla ricerca di spazi utili in cui sostare.
Nell'occasione, osservo quanto siano ormai omologati i comportamenti di giovani e anziani rispetto all'uso degli strumenti informatici: la platea pullula di anziani e, anche qui, sono più le donne che "giocano" con questi apparecchi, e i più evoluti sono collegati con fili e cuffie a più strumenti, tanto che sembrano ammalati in terapia intensiva in libera uscita.
Poi noto che parte dei giovani è accovacciata nella posizione del loto sotto il Portico del Comune dove sono intenti ad annotare sui quaderni i brani salienti della conferenza, e non capisco come riescano a cogliere la voce del Relatore che giunge tra il brusio e lo scalpiccìo diffusi.
Ma non intendo ascoltare la relazione, voglio infatti visitare il centro informazione per prendere la documentazione sui lavori dello stesso festival, ma l'ingresso mi è inibito da un tipo che mi chiede cosa desidero; io sono sospinto dal flusso di visitatori e curiosi che si muovono in ogni direzione creando così una calca alla quale è difficile sottrarsi, rispondo dunque rapidamente che vorrei
ritirare materiale informativo, e lui di rimando: ma deve fare l'esame HIV? Sono già impaziente, e dunque lo fisso con uno sguardo che vuole trafiggerlo perché non capisco il senso di questa domanda, che oltretutto pone con tono così elevato che sovrasta il clamore in cui sono immerso.
Ma quello aggiunge subito: il centro è chiuso perché adibito ai prelievi per la ricerca dell'HIV tra i
visitatori che vogliano sottoporsi a questo esame.
Ovviamente declino l'offerta, mi tuffo nella folla anonima e cerco di sottrarmi all'abbraccio della
massa, e in prossimità di via Canalchiaro, scorgo due crocchi di giovani seduti in cerchio sui ciottoli che giocano a carte: uno con un mazzo di napoletane, e un'altro con carte colorate da bridge.
Una scena suggestiva in un'atmosfera strapaesana: le bancarelle di libri, quella dei gadget della Fiera,
la Piazza, in cui si stagliano il Duomo di Lanfranco e Wiligelmo con la Ghirlandina, attorniati dai bar felicemente pieni, insomma mancano le bestie all'incanto, le grida di banditori e mediatori per sentirmi calato del tutto nel mezzo di una scena propria dell'oleografia medioevale.





19 settembre 2016
Ieri si è concluso il Festival il cui tema era "AGONISMO".
Come di consueto mi sono alzato molto presto e mi sono avviato in Corso Canalchiaro per raggiungere Piazza Grande dove intendevo assistere a Lezioni Magistrali che ritengo interessanti, una di Marc Augé Rivincita, l'altra di Umberto Galimberti Agonia.
Le strade sono pressoché deserte, solo piccoli sparuti gruppi con zainetti a spalla procedono nella mia direzione, quasi tutti turisti, ma nelle vicinanze di Piazza Grande il flusso aumenta e incrocio quanti sono invece diretti verso Piazza Risorgimento; ad un tratto una coppia di turisti stranieri effettua uno scarto sul marciapiede e istintivamente li imito evitando così di incappare in un voluminoso escremento canino: gli stranieri sono scandalizzati, ma io assolvo il cane che intenerisce quando, dopo avere depositato il suo obolo, raspa istintivamente e invano sul cemento per nascondere il misfatto, ma non il suo proprietario che si presume sia più consapevole, ma che di certo non mostra molto senso
civico.
Raggiunta la Piazza alle 9,15, lo spazio è già gremito da molti in attesa che Marc Augé tenga la sua relazione, allora mi dirigo in Piazza xx Settembre dove è stata eretta una tensostruttura in grado di
ospitare oltre 1000 persone che possono seguire in diretta streaming l'evento, ma anche questo spazio si  riempie velocemente, pertanto prendo posto e inizia la processione dei ritardatari, vere anime in pena alla ricerca di un posto a sedere: io sono seduto vicino a due signore anziane( almeno160 anni in due), all'estremità del corridoio centrale dove si è già formata una fila di ragazze sedute in terra,
con i quaderni aperti sulle gambe e pronte ad annotare le parole dei relatori. Il quadro è rassicurante: più generazioni sono vicine, accomunate da un interesse culturale condiviso.
Finalmente, sono le 10,30 quando il Prof Augé, tra il gracchiare e i sibili degli amplificatori, prende la parola.



Rivincita
Marc Augè.
Sociologo di grande fama, esperto di filosofia e antropologia della contemporaneità.
Parla di culto totemico, di Totem astratti e appartenenza totemica, con particolare attenzione alla dimensione rituale del quotidiano.
Accenna all'illusione come espressione del desiderio, all'esperienza intensa del tempo nella struttura
socio temporale; quindi a un'età fatale per la rivincita attraverso congiunzioni mitiche e necessarie
"traversate del deserto" (Malrau), esemplare al riguardo la vicenda dei Generali francesi De Gaulle-Petain  colleghi nell'Arme.
Il Maresciallo Petain, l'eroe di Verdun, diventa Presidente della Francia occupata dai tedeschi, mentre De Gaulle si ribella a tutto ciò e dalle Colonie francesi in Nord Africa guida la lotta contro i tedeschi, poi si rifugia a Londra fino alla vittoria.
Diventa Presidente della Francia liberata, Petain è condannato a morte per tradimento, ma De Gaulle
commuta la pena nell'ergastolo
Marc Augè  ricorda anche Saint Just e il Terrore a Parigi del 1794 come tentativi di scorciatoie nell'iter della storia.
Infine accenna alla rivincita come rappresentazione del passato e rappresentazione illusoria del futuro,
in un dinamica ciclica dei conflitti, senza soluzione di continuità.
Ogni desiderio di rivincita è desiderio di vendetta e vuol dire consumarsi, in altri termini, inseguire la
rivincita si resta vuoti.
Già nel '700 Kant si chiedeva: cosa è l'uomo, cosa posso fare, cosa posso sperare: i grandi problemi
cui l'uomo deve fare fronte sono sempre gli stessi, ma saranno irrisolvibili finché nel sistema formativo la filosofia sarà separata dalla scienza.
Infine noi tutti siamo protagonisti di piccole "traversate del deserto"nel corso della vita in quanto soggetti a sconfitte, emarginazioni, e quindi capaci di rivincite più o meno fortunate e tempestive.



Agonia
Umberto Galimberti
Filosofo e Psicanalista Junghiano


Il relatore inizia in maniera provocatoria : dobbiamo metterci il cuore in pace, dobbiamo morire, e l'Agonia (lotta) non è con un'entità astratta come la morte, ma semplicemente fra l'individuo e la Specie, poiché partecipiamo della natura che ha suoi scopi ben precisi, che persegue il fine della
continuazione della specie, di ogni specie.
A fronte della vita del singolo individuo, trionfa il diritto della specie; l'uomo come ogni essere vivente ha una temporalità ciclica che prevede nascita vita e morte: nell'economia generale della Natura, della sua conservazione e continuazione, vita e morte hanno pari dignità e necessità.
Pertanto la natura è crudele, ma di una crudeltà innocente, e così espressioni quali "natura malvagia"
"montagna maledetta" vulcano, e ogni flagello che colpisce l'uomo non sono contro ma nell'ordine delle cose, indipendenti dalla volontà di chicchessia.
Ma l'uomo (il mortale) dai suoi primordi ha sviluppato uno smisurato senso di onnipotenza, con l'Etica e lo sviluppo del pensiero, è diventato tracotante e ha riposto cieche speranze in una sopravvivenza impossibile; la concezione "naturalistica" della filosofia greca e pagana, è sostituita dal pensiero Giudaico/Cristiano: Dio invece di Natura--Anima invece di Interiorità.
Il Tempo ha un senso, quindi la storia, e il concetto di Salvezza nel Cristianesimo conduce al futuro
positivo, a un'avvenire dell'illusione poiché il Cristianesimo si può ben definire "cultura dell'illusione"
( uomini non morirete mai) pertanto il dolore dell'uomo diventa una "caparra per l'eternità".
E noi ci dibattiamo tra "casualità della vita" e "gioco ingannevole della vita", e viviamo la vita quasi
fosse un "Debito da pagare"(Anassimandro), in una dimensione tragica.
Nell'agonia, la nostra psiche non riconosce la morte, non la sente, e il moribondo precipita nelle tipiche affabulazioni del morente.
Alcuni aforismi o sentenze:

                              "il primo di noi due che muore, io vado a Parigi"

                   "Avere guidato i popoli, o essersi ubriacati in solitudine non fa differenza"

                                           "Religione strumento di potere"   (Crizia)

                                  "gli Dei parto degli uomini per rassicurarsi"(Democrito)

                                           "l'Uomo è misura di tutte le cose" (Protagora)


Modena, 19/9/2016

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lunedì 12 settembre 2016

PER LARA E LEA

La felicità in un prato verde.



Nei campi di Crodo c'è una pastora che quasi tutti i giorni porta un gruppo di pecore a pascolare nei prati che circondano la casetta in cui abitano due sorelline, Lara e Lea, con il loro papà Maumau e la mamma Alendra; la casetta è piccola ma molto carina, è adagiata sul pendio attraversato dal torrente con le sue acque che scrosciano rotolando dal monte verso il fondovalle.
La pastora si chiama Ermengarda ed è molto affezionata al suo gregge che conduce dall'ovile
ai prati pieni di erba tenera che le pecore brucano, mentre gli agnellini, ancora troppo piccoli, cercano di poppare il latte della mamma.
L'arrivo del gregge è segnalato dal suono allegro dei campanellini legati al collo degli animali, e a volte si vede Ermengarda che porta sulle spalle una pecorella troppo debole, o forse pigra.
Ogni tanto sui prati arriva anche una mucca enorme, si chiama Gelsomina, che pascola tranquillamente
vicina al gregge, stanno tutti vicini, e mentre le bestie brucano lentamente e senza stancarsi, la pastora si riposa nell'erba e tira fuori dalla bisaccia pane e formaggio.
Lara e Lea non si stancano di ammirare le pecore e la mucca, e sanno anche che gli animali al pascolo sui prati della loro casetta sono utili per tenere lontane anche le vipere; osservano gli agnellini che si   rincorrono e giocano felici e le pecore/mamme hanno un bel daffare a sorvegliare le loro birichinate,
mentre Gelsomina, sdraiata nell'erba, è contenta perché piccoli uccelli la liberano dai fastidiosi parassiti che la tormentano.
Quando il sole comincia a nascondersi dietro i monti, Ermengarda riporta il gregge al riparo, dove le
pecore sono munte, e con il prezioso latte la pastora e suo marito fanno del formaggio pecorino squisito.
Anche Gelsomina ritorna nella sua stalla, dove si sottopone alla mungitura, ma produce molto più latte
di una pecora!
Ora è buio, tutti sono stanchi, Ermengarda e suo marito Annibale, la mucca, le pecore e gli agnellini, sono a letto come i pastori, o sulla lettiera di paglia gli animali; sono tutti al sicuro, si sente solo il muggito di Gelsomina e il belare degli agnelli: forse si stanno dando la buona notte?

Antonio

mercoledì 7 settembre 2016

S L A



                                                             S  L  A
                                                                                                     Sclerosi Laterale Amiotrofica



Giunto al termine del lungo e penoso calvario che caratterizza questa malattia, alle prime ore del  
mattino, erano le 3,30, e' morto Claps dopo una lotta impari con un morbo che ancora oggi non perdona.
Forse è l'agonia più drammatica riservata all'uomo colpito da questa malattia: egli è testimone e vive su di se con mente lucida, e con la consapevolezza del medico quale era Claps, l'ineluttabilità della lotta e quindi verifica sul proprio corpo la degenerazione progressiva del sistema neurologico che via via paralizza l'apparato muscolare fino a comprometterne le funzioni vitali, e in cui solamente l'ausilio di cure palliative può attenuare la sofferenza crescente, specie nella fase terminale.
Claps era il migliore amico di Umberto, suo compagno di studi alla facoltà di medicina dell'Università di Modena, città dove si erano conosciuti, Umberto proveniente da Bari, Claps da Potenza.
Questa mattina, con Umberto e altri amici medici, ci siamo recati a Gaiato di Pavullo nella Clinica dove Claps ha vissuto immobilizzato nel suo letto per oltre un anno, e nella quale era già allestita la camera ardente.
Come sempre, queste occasioni sono vere "cartine di tornasole" per conoscere la natura umana; c'è la partecipazione composta dei presenti che esprimono il cordoglio e la pietà come possono, o riescono a fare, poi la tensione si allenta e cominciano a fluire i ricordi, gli aneddoti, e spunta qualche sorriso, poi la storiella apparentemente inopportuna, ma che in realtà serve a scacciare dalla mente l'ombra molesta della morte.
Ma il tentativo di esorcizzare la morte è reso vano dalla sua presenza tangibile nel corpo composto di Claps che, a poche ore dal decesso, non mostra ancora i segni del deformante "rigor mortis", con il risultato che il suo volto appare meno sofferente di quanto non fosse durante l'agonia.
Il fratello del morto è preso tutto dall'organizzazione delle esequie, quasi eccitato passa da un crocchio all'altro per aggiornare, indicare, modificare o confermare i dettagli organizzativi che mutano spesso, ma, si sa, i decessi di amici e congiunti sono sempre improvvisi e inaspettati anche quando tutti li credono imminenti, e ciò è dovuto allo stesso meccanismo di rimozione con cui vogliamo allontanare il pensiero della morte.
Pertanto ci si sofferma sugli aspetti decorativi degli addobbi floreali, della solennità richiesta al sacerdote, e approntare infine una cerimonia decorosa per tributare allo scomparso il cordoglio più sentito e sincero, anche se con ciò vogliamo forse consolare noi stessi per la disperazione in cui siamo.
A un tratto si percepisce una sorta di accelerazione nelle disposizioni che precedono il funerale: si reciterà un primo Rosario serale nella camera mortuaria della Clinica, poi una messa con benedizione alla chiusura della bara prima del suo trasferimento in città dove sarà celebrato il vero funerale
Infine la vita prevale, la vita deve continuare e rivendica i suoi diritti, il morto resta solo nella piccola camera ardente, la cassa in cui riposa è chiusa dal coperchio di legno intarsiato; amici e parenti cominciano a sciamare con i commenti più diversi, c'è tristezza ma l'atmosfera è distesa e l'animo più leggero per la certezza di essere sopravvissuti, e si colgono frammenti di voci e sussurri che accennano alla eredità di Claps, e ai suoi aventi diritto.

Antonio Ferrin
Modena, 7/9/2016



domenica 4 settembre 2016

VORREI


                                                             
VORREI


Venticello di mare
reca malinconia
a blandire
con memorie
illusioni di fanciullo
Essere signore
della terra
padrone del cuore
dell'anima
esplorare
terre nuove
rilucenti
azzurro e smeraldo
senza pena
curare
teneri tralci
gemme
di primavera
Piccolo uomo
guscio vano
angusto
spirito
senza fine.


A.Ferrin
Modena, 30/8/2016

sabato 13 agosto 2016

Il SEGRETO



Il Segreto


Il segreto per vivere felici fra i garbugli e le pene della vita?
Poiché molti si sono cimentati, e lo fanno tutt'ora, nell'impartire consigli utili alla bisogna,
perché non partecipare a questo gioco futile, senza la pretesa di volere o dovere essere originale?
Prima di tutto, fare ciò che un tempo si diceva nel mondo contadino, cioè "portare il cervello all'ammasso"; in altri termini, se un'uomo pensa di avere un cervello, provveda a collocarlo in un
luogo sicuro al riparo da ogni rischio o tentazione di doverlo usare.
Se invece l'interessato è più o meno consapevole di esserne privo, ha un compito facilitato: potrà
condurre la sua vita nella stoltezza più totale.
Pertanto sarà in pace con tutti, non dovrà conformarsi a regole e precetti morali, e così sarà l'uomo
che ha capito tutto della vita, sarà ammirato, stimato, e temuto dai suoi simili.
E con buona pace della coerenza, i grandi trasgressori affermeranno che la virtù è premio a se stessa, e che l'onestà paga!
D'altra parte anche la grande "Madre Teresa di Calcutta" aveva dichiarato che" La sofferenza è il segno che Dio ci è vicino" a consolazione degli ultimi e più poveri dell'umanità.
E' sempre una questione di fede...

Antonio Ferrin
Modena 13 Agosto 2016



LUCERNARIO



 LUCERNARIO



Volto al cielo
lanterna magica
con ombre fugaci
di cumuli e cirri

Sosta felice
gabbiani stremati
timide tortore
beccano invano

E s'involano ancora

La mente fugge
dal varco ialino
nello spazio lontano

Per dove?

Ovunque silenzio e pace
siano conforto
per l'animo stanco.


Antonio Ferrin
Modena, 11/Agosto 2016


   

mercoledì 22 giugno 2016

DA PROMESSE

Dalla raccolta
PROMESSE
Poesie e racconti brevi
di Antonio Ferrin
del 1992      

                                                    
                                                       IL TAFANO





Ieri sera ho notato un tafano sul muro della cucina, la sua vista mi ripugnava, e ho cercato quindi di fargli guadagnare l'aria libera ma, non riuscendovi, ho deciso di immobilizzarlo lasciandolo infine
apparentemente inanimato sul pavimento.
Infatti non era morto, perché questa mattina si trascinava faticosamente nella stanza, e allora l'ho
raccolto e gettato sul davanzale della finestra dove un piccolo ragno aveva teso un'invisibile rete nella
quale il tafano rimase subito prigioniero: l'infelice si divincolò per liberarsi, ma peggiorò la sua
situazione, e lo stesso tessitore accorse per renderne sicura la cattura.
Il grosso tafano, ormai consapevole dell'inutilità di ogni resistenza, e quindi della prossima sua fine,
era immobile e il ragno, così piccolo al suo cospetto, lo dominava e ne esplorava il corpo per
individuare il punto da cui avrebbe aspirato la linfa.
Non volendo essere testimone di questa visione terribile e vera, con un colpo di saggina ho
distrutto la tela, e il tutto ho gettato nella terra.


                                                    FIORINA

Era l'una nel pieno della notte quando l'Odilia si imbacuccò ben bene, uscì dalla stalla e si avviò sul
sentiero del Versurone. Faceva molto freddo, la neve caduta ostacolava il passo della donna che
tuttavia procedeva per raggiungere i casolari più lontani, fino alle pendici del monte.
Doveva farlo perché era morta improvvisamente Fiorina, la mucca, la loro unica mucca, e la disgrazia avrebbe avuto più gravi conseguenze economiche se subito, prima che facesse giorno, non si fosse
riusciti a venderne la carne ai contadini della valle.
Nella sfortuna infatti scattava la solidarietà dei valligiani che acquistavano come carne macellata fresca
quella che altrimenti il Veterinario comunale avrebbe fatto distruggere. Perciò, mentre l'Odilia
svegliava i paesani e li invitava a prendersi il loro pezzo di vacca, Viterbo, suo marito, era nella stalla
intento a smembrare la carcassa dell'animale, e imprecava per quello che gli toccava fare alla povera
bestia.
Tutti giunsero alla cascina prima dell'alba, quasi in processione, per scegliere la loro parte, e di Fiorina non rimasero che gli zoccoli, la coda con il ciuffo, e un mucchio di ossa pulite.
I contadini sostarono presso il camino per i soliti commenti di circostanza, il bicchiere di vino in mano per rinfrancarsi e riscaldarsi prima di fare ritorno alle loro case.
Rimasti soli, Odilia e Viterbo si abbandonarono stremati sulla vecchia ottomana, a guardarsi senza parlare.
Più tardi l'uomo si recò all'Ufficio Comunale per denunciare la macellazione del bovino, poi andò al
mercato bestiame per cercare una vitella che, disse, avrebbe chiamata Fiorina.



                                                        WALFRIDO


Walfridoo...Walfridoo..., si spolmonava l'Amerisa, ormai con la voce a pezzi; si era inoltrata nei boschi cedui del Praticciolo e dell'Acquachiara alla ricerca di Walfrido, figlio tanto amato quanto
fonte di preoccupazione. L'uomo, trentenne, soffriva di turbe mentali perché si diceva fosse "nato
con il forcipe", ma i suoi problemi psichici non erano tali da costituire pericolo per la comunità, che
infatti lo considerava un folletto benigno, e gli stessi paesani aiutavano l'Amerisa nell'accudirlo.
D'altra parte, Walfrido era veramente mite, incapace di aggressività, e le sole stramberie erano di
camminare senza posa per il paese, con lo sguardo assente e sorridente, e di vagare nei boschi alla
ricerca di ceppi nuovi su cui cacare.
Sì, proprio così, per i bisogni più importanti entrava nella selva, individuava il ceppo, magari tagliato
di fresco che l'ispirava e lì faceva il suo bisogno. Tutti sapevano di questa bizzarria e ne ridevano,
mentre sua madre ne moriva di vergogna.
Quella mattina, finalmente, l'Amerisa lo intravide accovacciato sul ceppo prescelto: il figlio era tutto
assorto, lo sguardo smarrito tra le fronde che nascondevano il cielo. Lo chiamò ancora una volta e lui,
senza tradire emozioni di sorta, si sistemò i pantaloni e la raggiunse fra i noccioli.
Era accaduto che il Sindaco, su consiglio del Medico Condotto, aveva disposto per Walfrido una visita
neurologica di controllo nel Policlinico di Modena, e perciò Arduino e Tullio, le guardie comunali, lo
aspettavano per condurvelo.
La comitiva avrebbe dovuto fare ritorno al borgo prima di sera, e il Sindaco, che aveva buone ragioni
per diffidare dei due funzionari, si era prodigato con consigli e raccomandazioni paterni.
I tre partirono alle otto del mattino con la macchina di servizio: Arduino alla guida, Tullio al suo fianco, e Walfrido sul sedile posteriore, presero la Statale dirigendo verso la pianura con un'andatura
lenta e prudente, quasi solenne, come se Arduino, consapevole del compito affidatogli, volesse
rimarcare il proprio ruolo di conduttore e capo spedizione.
Giunti alla Cascina Rossa, Tullio propose di sostarvi per riscaldarsi con la famosa grappa clandestina
di Rodolfo, le due chiacchiere e più di un bicchierino fecero volare il tempo e, ripreso il viaggio, quasi
subito Arduino decise di fermarsi alla Locanda del Cervo.
Solo per un bianco disse, e così con Tullio se ne fece un litro, mentre con gli altri avventori parlavano
di donne, e dei funghi che abbondavano nei boschi delle Polle.
Walfrido, rigorosamente astemio, osservgava paziente gli Ufficiali del Comune che centellinavano il
vino e sorrideva sempre a tutti, felice di essere fra tanta gente nuova. Poi fecero tappa alla trattoria
della Querciagrossa che era l'ora del pasto sacrosanto, e bevvero e mangiarono senza misura, il povero
Walfrido, pure nella sua confusione mentale, sembrava capire, e forse iniziò a preoccuparsi quando,
risaliti in macchina, le due guardie, stonatissime, si misero a cantare a squarciagola e Arduino pigiò
l'acceleratore affrontando le curve con stridore di gomme e freni.
Infine giunsero in pianura, e in vista della città i due, con il folletto che li seguiva docilmente, fecero
un'altra pausa all'Aquila Bianca per ingollare una buona dose di nocino per rimediare, così dissero,
alla pesantezza di stomaco che li affliggeva.
Arduino e Tullio erano ormai in un loro mondo felice, in uno stato di ebbrezza totale; era pomeriggio
inoltrato e il cielo già si incupiva quando attraversarono la città diretti al Policlinico, violando segnali
e divieti vari, provocando così l'inseguimento dei Vigili Urbani. Questi raggiunsero i montanari al
Pronto Soccorso, dove Arduino e Tullio, farfugliando e ondeggiando, si esibirono in uno spettacolo
esilarante e grottesco, e non seppero spiegare il motivo della loro calata in città.
Walfrido che era sobrio, nonostante la sua aria stranita e il sorriso stereotipato, passò per un signore
qualsiasi che era lì per caso. Ce ne volle per chiarire ogni equivoco per scongiurare il pericolo che il
folletto fosse lasciato libero e indifeso nella città, e che i due vitaioli fossero ricoverati nella Neuro.
Lassù in paese si parla e si ride ancora dell'avventura di Walfrido e dei due compari.
Arduino e Tullio hanno perso in autorità, ma nessuno lo sa o lo dice, e la vita continua come sempre.
Il Sindaco, che in pubblico deve darsi un contegno, si è sbellicato come pochi in privato, ma ha deciso
che la prossima volta Walfrido sarà accompagnato in città dai carabinieri.

Antonio Ferrin
Modena 1992
                                                                                                                                                                                                                                                                             


                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       


lunedì 13 giugno 2016

Da "FRAMMENTI DI SOGNO" del 1986



                                                               



ATTIMO                                                                     RIONE MOTTA



Presagi di voluttà                                                          Il sole penetra                                           sono gli aromi                                                                       a spicchi
nell'aria lieve                                                                disegnando
il turbine di pensieri                                                     ombre informi
si dipana                                                                       di case pallide
tra fronde chiassose                                                      e mute.
di queruli passeri.                                                         Logge
Sussurri di mistero                                                       di legno antico
chiamano altrove                                                          tetti di beola
echi di suoni remoti                                                      abbaini e fumaioli
vagano nella selva                                                        mostrano al sole
sono amati                                                                    tenui colori.
frammenti                                                                     L'azzurro denso
di sogno.                                                                       si perde
                                                                                     fra aspri pendii
                                                                                     dove il borgo
A.Ferrin 1986                                                              è incastonato
                                                                                     come pietra dura.
                                                                                    Povere vecchie case
                                                                                    come dimenticare
                                                                                    se colori di pietre
                                                                                    aromi di abetaie
                                                                                    giungono qui
                                                                                    a ricordare un'altra età?

                                                                                   A. Ferrin    1986






















SULLA STRADA                                                                                                                                                                                                                                                                      

                 


Procedi verso il mare                                                                                                                
con affanno
solchi terre verdi
di Romagna.  
Cortine di colline                                                                                                                         guardano la grande via
con sguardi furtivi
cogli lampi di bellezza
l'ordine mirabile
dei vigneti
i frutteti nella piana
fieri cipressi
schierati  
sui declivi                                                                                                                       
la maestosa farnia
nel campo di stoppie.
Ma non puoi sostare
corrente impetuosa
di macchine urlanti
costringe nell'asfalto
infido e fuggi
la massa che incombe.
Non ha volto
il suo mistero è sfida.
Felice viandante
d'altre stagioni!
Regolava il passo al ritmo
consueto della natura
per sentieri polverosi
viveva l'avventura
con ombre benigne
presenze umane.


A.Ferrin   1986