SCRIBERE

libreria di zurau
giovedì 25 aprile 2019
LA TANA
Tutto taceva. Artemio, chino sulla tastiera, cercava le lettere che mente e anima gli dettavano: il ticchettio ovattato si udiva appena fra le pareti foderate di libri, mentre il brillio dello schermo non rischiarava del tutto gli angoli della camera.
Isolde entrò nella stanza: ti disturbo se mi sdraio sul divano? Sono molto stanca, Artemio distolse
lo sguardo dal video e le sorrise; la donna si distese sui cuscini con un sospiro di sollievo: nella penombra, erano quasi impercettibili il respiro del marito e il brusio del computer.
Erano uniti da sentimenti e idee; Artemio, piccolo possidente della regione, faceva della scrittura una scelta di vita, un'attività in cui sperava di esprimersi al meglio, la moglie aveva deciso di proseguire nell'insegnamento ai più piccoli della scuola di paese, e l'agiatezza in cui vivevano consentiva loro di coltivare la propria indole, e godere di una certa libertà.
Non è del tutto casuale che il marito si ritrovasse nel ruolo di creativo, e la moglie in quello di una professionista della scuola, e infatti c'era chi disquisiva sul cosa e dove fosse la creatività, se cioè fosse nelle mani logore del contadino, o in quelle diafane e levigate di un intellettuale.
Il silenzio fra i due era apparente, il dialogo infatti era costante, e aveva un andamento carsico fatto di sguardi, complicità e ammiccamenti, ma ora, Isolde temeva di disturbare Artemio che, a sua volta, voleva agevolarne il riposo, ma infine egli le chiese: hai letto il mio ultimo articolo? La risposta affermativa della moglie gli sembrò incerta, forse sbrigativa.
C'è qualcosa che non va, che non ti convince? Lei si mosse per cercare la posizione migliore, mise il
cuscino ricamato sotto la testa, e un'altro fra le gambe distese, no, rispose, è buono, tu conosci il tema
e tutto fila liscio ma, se permetti, il soggetto e l'argomentare sono un po ripetitivi, quasi tu non avessi
altre frecce al tuo arco.
Va bene, rispose Artemio, ma puoi precisare meglio a cosa ti riferisci? E lei, che già avvertiva il
torpore che la possedeva e al quale si sarebbe abbandonata volentieri, fece appello alla buona volontà e rispose con una domanda: perché indugi a ruminare temi che richiedono un grande lavorio, e ti
avventuri in elucubrazioni, scusami il termine, che il più delle volte non hanno risposta?
Insomma vuoi dire che entro in garbugli in cui rischio di perdermi, e smarrire così la via del ritorno?
Ma l'uomo riconobbe che quest'ultima domanda era semplicemente retorica, e non attese la risposta
di Isolde: ritrasse la mani dalla tastiera, fissò lo schermo così intensamente che lo scritto tremolava rendendo la lettura difficoltosa, se non impossibile, e soppesava le parole di Isolde, ma la mente vagava altrove.
Spento il computer, lasciò la sedia, e nella penombra, a tentoni, si avvicinò al divano dove la moglie riposava: aveva gli occhi socchiusi e il viso sereno.
In ginocchio, a lato del divano, le carezzò i capelli e ne sfiorò la guancia con le labbra; la testa sul cuscino, avrebbe voluto dire ancora, ma il suo respiro era già profondo.
Nella stanza, dissolte le ombre più cupe, era il chiarore di luna.
A.Ferrin
25/4/2019
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