Rubo il titolo all'omologo film di Hitchcock, in cui lo spettatore si affaccia con James Stuart sul cortile di un condominio piccolo borghese: non solo sul cortile ma anche sulle finestre che mostrano le vite degli altri. E' la vita della città che limita sempre più lo spazio della nostra intimità, mettendo a nudo noi stessi, ormai sguarniti della corazza protettiva del pudore: siamo esposti nostro malgrado alla curiosità e al voyerismo dei nostri simili, mentre cerchiamo di custodire i nostri miseri segreti quasi fossero preziosi tesoretti. Pertanto anche io, nel pomeriggio domenicale, spalanco le finestre agli ultimi sprazzi di sole così che la vita irrompe nel mio sottotetto; tendo l'orecchio (non so se e quanto controvoglia) a suoni e voci: una voce acuta di donna arrabbiata sovrasta tutto, incalza e costringe all'angolo un interlocutore dalla voce incerta, flebile voce dominata dalla foga e aggressività della donna che non lascia spazio alla più piccola contraddizione. Non occorre molta fantasia per cogliere il senso di quanto accade: l'uomo è in difetto o è colto in fallo, è sulla difensiva ma nell'impossibilità di difendersi, e infatti balbetta e farfuglia, mentre la donna non vuole "fare prigionieri". Si dirà che episodi simili siano comuni nelle famiglie e nelle coppie, ma quando ciò accade, siamo stupiti e increduli che uomini e donne possano cadere in balìa di pulsioni così distruttive e autolesioniste. E d'altra parte queste sono le condizioni in cui la conflittualità di coppia, e in famiglia, può degenerare in tragedie; il tutto non mi diverte e richiudo le finestre.
A. Ferrin modena, 3/10/2022
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