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libreria di zurau

lunedì 31 luglio 2023

CETTINA

E' salernitana e vive a Modena da oltre 50 anni; quasi settantenne, si sposta con l'aiuto di due stampelle; siede al mio fianco alla fermata del bus, e non tardiamo a dialogare con i soliti argomenti, tempo, orari, disservizi vari, e così coglie l'occasione per parlare della sua vita. In me c'é qualcosa che invita le persone a parlare di se, della propria vita senza remore e pudori e io, da buon ascoltatore e sociologo dilettante, mi sottopongo volentieri a questo compito. Cettina, è il suo nome, (lo era anche di una mia cara sorella scomparsa prematuramente), racconta delle sue vicissitudini e dell'ultimo accidente che ne ha menomato la deambulazione ma, pur sospettando di essere stata vittima di malasanità, non recrimina e mostra ottimismo. Nei pochi minuti di attesa del bus riesce a dirmi del primo amore, della gravidanza inattesa, e del matrimonio "riparatore", salvo poi scoprire che l'uomo, ottenuta la prova d'amore, si sarebbe rivelato marito padrone crudele: il suo racconto è troppo simile a molti altri per non essere verosimile. E' diretta al mercato del lunedì dove il bus sosta e lei, con manovra laboriosa riesce infine a toccare il selciato. L'area del mercato pullula di donne che assediano i banchi colmi di merci varie, quelle che un tempo erano definite "american strass", e noto Cettina che, con le stampelle e molta fatica, cerca di fendere la calca che la inghiotte. Ogni qualvolta entro in contatto con questa umanità, la nostra quotidiana piccola umanità, sono colpito e ammirato dalla sua forza e capacità di vivere, nonostante tutto.

A. Ferrin                                                                                                                                            modena, 31/7/2023 

sabato 29 luglio 2023

LIBRI

L'altro ieri transitando nell'area verde "Ai marinai d'Italia" ho notato una pila di libri su una delle panchine, e accanto un giovane attento alla lettura; è assolutamente inconsueto vedere una panchina piena di libri e, ancora più sorprendente, una persona leggere un libro: infatti ormai vedi che giovani o anziani si perdono con Smart Phon e tablet. Sono curioso e non resisto in questa circostanza tutta particolare, mi avvicino al lettore e confesso la mia curiosità: posso chiedere cosa legge? Mi guarda sorpreso e risponde gentile: "Le confessioni di un italiano" di Ippolito Nievo, patriota del nostro Risorgimento. Lo scrittore padovano era reduce dall'impresa dei Mille in Sicilia, quando la sua nave naufragò nel Tirreno. Mi complimento con il ventenne studente universitario, parliamo dei suoi studi e facciamo supposizioni circa la persona che ha abbandonato i libri: questi sono ingrigiti, molto usati e stampati negli anni 50/60, forse residui di librerie smantellate e appartenute a lettori defunti; si tratta di libri ancora interessanti, libri che spulcio per individuare quello che potrei prelevare. Due giorni dopo, nello stesso tragitto scorgo un'altra panchina con un mucchietto di libri, e vicina una signora con un libro tra le mani: singolare, e io ripeto alla donna la stessa domanda, cosa legge? Questa pila di libri è fatta di testi esoterici, e infatti la signora è più interessata alla trascendenza, al nostro destino dopo la morte. Lei è rumena di fede ortodossa e molto credente, e così parliamo dell'anima che secondo lei sopravvive al corpo mortale. Nella calura estiva che ci fa boccheggiare, in questa umanità rarefatta e afasica, è confortante incontrare persone aperte al dialogo, e questo grazie anche ai libri usati offerti ai  visitatori del giardino. Infine mi allontano dalla panchina dei libri con un libretto di aforismi di Jules Renard,

A. Ferrin                                                                                                                                                      modena, 29/7/2023

martedì 25 luglio 2023

COSA RESTA

Seduto davanti al bar cinese "Fortuna" che fronteggia la chiesa S. Faustino: c'é un carro funebre in sosta sul sagrato esposto al sole cocente, ha il portellone posteriore sollevato, e giunge l'eco di un rito che evidentemente è al termine perché alcune persone escono dalla chiesa alla spicciolata, e si fermano in crocchio; li seguono i necrofori che portano il feretro e lo adagiano sulla lettiga del carro, alcuni colleghi della stessa impresa già rimuovono il corredo della cerimonia: il registro delle firme con il tavolino e i cavalletti che hanno sostenuto il catafalco davanti all'Altare.  Ecco allora il prete in cotta e stola che si avvicina e impartisce un'ultima benedizione, infine la limousine si allontana piano piano. La gente, in sommessa conversazione, si attarda ancora sul sagrato. Il tutto nel silenzio più totale, poi si abbracciano e salutano ripetutamente. Il carro funebre è già lontano. Forse hanno appuntamento all'Ara Crematoria dove il defunto terminerà il viaggio. 

A. Ferrin                                                                                                                                                    modena, 26/7/2023

lunedì 24 luglio 2023

COSI' E' LA VITA

Mi dicono che sono pessimista e io invece, più semplicemente, rispondo che ho abbandonato le illusioni, quelle illusioni che genitori, preti, insegnanti coltivano nel bambino che "biologicamente" è rivolto alla crescita e al futuro: non ricordo che un deputato alla mia educazione, "una sola volta", mi abbia preso la mano per indicarmi la via. Tutto ciò che ho appreso viene dalla strada, dai compagni di strada, di scuola, dall'esperienza sul campo, e infatti, salvo pochi fortunati, siamo cresciuti allo stato brado e nonostante tutto ce la siamo cavata! Anche l'innato ottimismo mi è stato d'aiuto: è una condizione necessaria per non cedere sotto il peso di frustrazioni e rovesci vari. Ora volgo lo sguardo alla vita trascorsa e ne sono moderatamente appagato, ma continuo a trepidare per i miei figli, ancora in mezzo al guado. 

A. Ferrin                                                                                                                                                            modena, 24/7/2023

sabato 22 luglio 2023

ZAKI

Zaki ha riavuto la libertà e potrà ritornare in Italia, alla "sua" Bologna: ne siamo felici perché la libertà di un uomo, di ogni uomo, è preziosa; dunque Zaki è libero e così finirà il fiume di retorica pubblica in suo favore. Sorvolo sul fatto che certi contestatori di regimi antidemocratici svolgono l'attività di protesta lontani dal loro Paese e bene al riparo nel nostro, e ciò non depone a loro favore. A me non è sembrato un oppositore politico, ma piuttosto un cittadino egiziano di buona famiglia che può permettersi di frequentare l'Università italiana e nel contempo esprimere il proprio dissenso rispetto al regime di Al Sisi. E' già un personaggio pubblico: può permettersi di rifiutare l'aereo italiano per il rientro a Bologna, nonché l'accoglienza in pompa magna organizzata dai politici italiani i quali non perdono occasione di mostrarsi demagoghi e servili. Sono facile profeta: Zaki potrà, se lo vorrà, monetizzare la sua prigionia perché avrà l'imbarazzo della scelta fra le molte offerte che gli italiani faranno. Gli egiziani sono meno ricchi di noi ma hanno più dignità; i più poveri di essi, privi di santi protettori, saranno come sempre in galera o repressi da un regime illiberale, e nessuno accorrerà in loro aiuto  

A. Ferrin

modena, 22/7/2023 

mercoledì 19 luglio 2023

IL DISCORSO DELL' AMORE

IN MEMORIA DI FALCONE, BORSELLINO, MORVILLO e DELLE loro SCORTE

" Questo è il discorso( definito anche discorso dell'amore) di Paolo Borsellino pronunciato il 23  giugno,  in memoria di Giovanni Falcone a un mese del suo assassinio, e 30 giorni prima che lo stesso Borsellino fosse assassinato nell'attentato di via D'Amelio" 
   

“Giovanni Falcone lavorava con perfetta coscienza che la forza del male, la mafia, lo avrebbe un giorno ucciso. Francesca Morvillo stava accanto al suo uomo con perfetta coscienza che avrebbe condiviso la sua sorte. Gli uomini della scorta proteggevano Falcone con perfetta coscienza che sarebbero stati partecipi della sua sorte.
Non poteva ignorare, e non ignorava, Giovanni Falcone, l’estremo pericolo che egli correva perché troppe vite di suoi compagni di lavoro e di suoi amici sono state stroncate sullo stesso percorso che egli si imponeva. Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione, perché mai si è turbato, perché è stato sempre pronto a rispondere a chiunque della speranza che era in lui? Per amore! La sua vita è stata un atto di amore verso questa sua città, verso questa terra che lo ha generato, che tanto non gli piaceva. Perché se l’amore è soprattutto ed essenzialmente dare, per lui, e per coloro che gli siamo stati accanto in questa meravigliosa avventura, amore verso Palermo e la sua gente ha avuto e ha il significato di dare a questa terra qualcosa, tutto ciò che era ed è possibile dare delle nostre forze morali, intellettuali e professionali per rendere migliore questa città e la patria a cui essa appartiene.
Qui Falcone cominciò a lavorare in modo nuovo. E non solo nelle tecniche di indagine. Ma anche consapevole che il lavoro dei magistrati e degli inquirenti doveva entrare nella stessa lunghezza d’onda del sentire di ognuno. La lotta alla mafia (primo problema morale da risolvere nella nostra terra, bellissima e disgraziata) non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolgesse tutti, che tutti abituasse a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della contiguità e, quindi, della complicità. Ricordo la felicità di Falcone, quando in un breve periodo di entusiasmo conseguente ai dirompenti successi originati dalle dichiarazioni di Buscetta [il pentito Tommaso Buscetta, ] egli mi disse: «La gente fa il tifo per noi». E con ciò non intendeva riferirsi soltanto al conforto che l’appoggio morale della popolazione dà al lavoro del giudice. Significava soprattutto che il nostro lavoro, il suo lavoro stava anche smuovendo le coscienze, rompendo i sentimenti di accettazione della convivenza con la mafia, che costituiscono la vera forza di essa.
Questa stagione del «tifo per noi» sembrò durare poco perché ben presto sopravvennero il fastidio e l’insofferenza al prezzo che alla lotta alla mafia, alla lotta al male, doveva essere pagato dalla cittadinanza. Insofferenza alle scorte, insofferenza alle sirene, insofferenza alle indagini, insofferenza a una lotta d’amore che costava però a ciascuno, non certo i terribili sacrifici di Falcone, ma la rinuncia a tanti piccoli o grossi vantaggi, a tante piccole o grandi comode abitudini, a tante minime o consistenti situazioni fondate sull’indifferenza, sull’omertà o sulla complicità. Insofferenza che finì per invocare e ottenere, purtroppo, provvedimenti legislativi che, fondati su una ubriacatura di garantismo, ostacolarono gravemente la repressione di Cosa nostra e fornirono un alibi a chi, dolosamente o colposamente, di lotta alla mafia non ha mai voluto occuparsene. In questa situazione Falcone andò via da Palermo. Non fuggì. Cercò di ricreare altrove, da più vasta prospettiva, le ottimali condizioni del suo lavoro. Per poter continuare a «dare». Per poter continuare ad «amare». Venne accusato di essersi troppo avvicinato al potere politico. Menzogna!


Qualche mese di lavoro in un ministero non può far dimenticare il suo lavoro di dieci anni. E come lo fece! Lavorò incessantemente per rientrare in magistratura. Per fare il magistrato, indipendente come sempre lo era stato, mentre si parlava male di lui, con vergogna di quelli che hanno malignato sulla sua buona condotta. Muore e tutti si accorgono quali dimensioni ha questa perdita. Anche coloro che per averlo denigrato, ostacolato, talora odiato e perseguitato, hanno perso il diritto di parlare! Nessuno tuttavia ha perso il diritto, anzi il dovere sacrosanto, di continuare questa lotta. Se egli è morto nella carne ma è vivo nello spirito, come la fede ci insegna, le nostre coscienze se non si sono svegliate debbono svegliarsi.


La speranza è stata vivificata dal suo sacrificio. Dal sacrificio della sua donna. Dal sacrificio della sua scorta.
Molti cittadini, ed è la prima volta, collaborano con la giustizia. Il potere politico trova il coraggio di ammettere i suoi sbagli e cerca di correggerli, almeno in parte, restituendo ai magistrati gli strumenti loro tolti con stupide scuse accademiche.
Occorre evitare che si ritorni di nuovo indietro. Occorre dare un senso alla morte di Giovanni, della dolcissima Francesca, dei valorosi uomini della sua scorta. Sono morti tutti per noi, per gli ingiusti, abbiamo un grande debito verso di loro e dobbiamo pagarlo gioiosamente, continuando la loro opera. Facendo il nostro dovere; rispettando le leggi, anche quelle che ci impongono sacrifici; rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici che possiamo trarne (anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro); collaborando con la giustizia; testimoniando i valori in cui crediamo, in cui dobbiamo credere, anche dentro le aule di giustizia. Troncando immediatamente ogni legame di interesse, anche quelli che ci sembrano innocui, con qualsiasi persona portatrice di interessi mafiosi, grossi o piccoli; accettando in pieno questa gravosa e bellissima eredità di spirito; dimostrando a noi stessi e al mondo che Falcone è vivo!                                           

lunedì 17 luglio 2023

EMANUELA e IL CORRIERE

Ho inviato un breve scritto circa la scomparsa della ragazza romana ma, come in altre occasioni, non è stato pubblicato; in compenso sono pubblicate lettere su argomenti dei quali mi sfugge necessità e importanza, e altre missive che si ripetono con "nom de plume". Perché il Corriere non concede spazio alla scomparsa di una ragazza avvenuta all'interno del Vaticano? La circostanza è politicamente troppo delicata? Non risulta che siano state messe in atto ricerche accurate all'interno della Città del Vaticano: non si possono fare per l'extraterritorialità dei luoghi? Credo sia inverosimile, ma anche inaccettabile: alla Giustizia e alla verità è precluso l'ingresso in  Vaticano?

Antonio Ferrin

modena, 18/7/2023 kafkaant2@gmail.com

mercoledì 12 luglio 2023

IL MASCHIO CHE NON DEVE CHIEDERE

 A proposito dei La Russa ecco un segno dei tempi: è la 22enne che avvicina il giovane in un locale della Milano bene (o affluente), e dalla movida finisce nel suo appartamento dove si scopre "violentata", con il corollario di presunte droghe e circostanze varie. Questi giovani non si fanno mancare nulla e si prendono tutto, sono famelici, senza fare una piega e senza scrupoli ( di cosa parliamo?). Non è che quelli della mia generazione fossero migliori, né che avrebbero disdegnato la facile occasione, e infatti fra i maschi si diceva "ogni lasciata è persa" oppure "o me la dai o scendi". La Russa padre ha gonfiato il petto d'orgoglio per il trofeo conquistato dal figlio salvo poi, memore del suo ruolo istituzionale ( e per pudore) attenuare questo sentimento. Non so se ridere o piangere per tutti i complessi che affliggevano i giovani degli anni 60, almeno una parte di essi, ma certamente si avvicinavano al sesso con trepidazione, frenati da tabu sociali e culturali, ma anche con grande emozione.

A. Ferrin

Modena, 13/7/2023

L'UOMO CHE RIDE

Sono infiniti gli aforismi che celebrano l'importanza del riso e del sorridere, e tuttavia ne avvertiamo la necessità solo quando lo vediamo nei nostri simili, o ci sorprendiamo alla nostra esplosione di una risata liberatoria, felice occasione in cui il nostro organismo gioisce. Risata liberatoria perché la nostra vita non è sempre felice: siamo infatti condizionati sempre più dalle necessità della vita quotidiana che  richiede impegno totale, ovvero l'investimento di molte energie e una contabilità puntuale di costi e benefici determinati dal caso e dalla necessità. D'altra parte la nostra vita non è in nostra disponibilità, ma è piuttosto regolata da leggi imprescindibili, leggi indotte e dominio della natura. Noi vorremmo ridere di più ma siamo diretti da convenzioni socialmente accettate, e secondo le quali, non si può essere o sembrare troppo felici! Insomma ridere fa bene ed è una terapia a buon mercato per acquistare un briciolo di serenità e distensione: ovviamente mi riferisco al sorriso sincero e non artefatto, quale è il sorriso dei bambini che è sempre gratuito come quello dei pochi adulti che riescono ancora a "essere bambini". Per contro sono insopportabili i sorrisi dettati dall'opportunismo e dalle convenienze sociali, quali sono quelli di personaggi pubblici dotati del sorriso stampato per tutte le occasioni, e per i quali apparire è parte del loro mestiere, gli stessi sempre attenti all'occhio di una telecamera che possa certificare la loro "esistenza". E poi la fisiognomica, curiosa disciplina "empirica" che dovrebbe rivelare carattere e psicologia delle persone, curioso esercizio, quasi gioco di società con cui conoscere e riconoscere i personaggi che transitano sui nostri schermi, da quelli falsamente modesti che concordano l'incontro "casuale" con il mezzobusto di turno, a quelli che senza preamboli aggrediscono la telecamera e recitano la propria dichiarazione come verità: una in particolare, il viso cavallino, che sembra voglia divorare microfono e ascoltatori. La singolarità di tutti questi "comunicatori" è quella di riuscire a dire le cose peggiori con un sorrisino ineffabile a beneficio dello spettatore.

A.Ferrin                                                                                                                                                    modena, 12/7/2023 

mercoledì 5 luglio 2023

LINGUAGGIO & NOIA

Viviamo nel tempo della comunicazione, pullulano i corsi di Laurea in comunicazione e allora gli esperti della materia abbondano anche se spesso non ne conoscono le basi; se ne parla con un'enfasi che produce sempre un certo effetto in chi è digiuno della materia. In realtà gli umani (ma anche gli  animali)  comunicano sempre, anche quando sono al sicuro nelle pance delle mamme: utilizzano  linguaggi verbali e non verbali (del corpo), con codici espressi dalla gestualità e dalla prossemica, e qui  non è necessario precisare che ogni essere comunica diversamente e a più livelli. E' pertanto molto  interessante osservare le persone quando interagiscono con gesti e parole: infatti nel corso di queste  transazioni, gli attori trasmettono segnali e codici che, decrittati, dicono molto della nostra realtà.  Ma ecco un esempio di comunicazione da non imitare: il Garante della protezione dei dati personali ha  esposto la sua relazione annuale al Parlamento, e i parlamentari hanno ascoltato "obtorto collo" il Garante che si è dilungato in una vera autocelebrazione del suo operato, e la sua prolissa e noiosa relazione sarebbe risultata più intellegibile se l'avesse depurata di anglicismi e tecnicismi.                    Ma il Garante ha voluto la sua platea, fare la sua ruota e ricevere il suo applauso: come possono pensare questi grandi burocrati, che il loro linguaggio forbito e criptico possa interessare i Cittadini della strada e della porta accanto? 

A.Ferrin                                                                                                                                                          modena, 6/7/2023

martedì 4 luglio 2023

TIREMM INNANZ

Non mi sveglio con il cerchio alla testa, ma subito indosso l'aureola d'ordinanza che ogni Cittadino  deve indossare per potere affrontare la realtà quotidiana. Realtà non solo italiana ovviamente. A cominciare dall'ennesima aggressione di Israele ai Palestinesi, aggressione che beneficia della graziosa solidarietà degli U.S.A, mentre sul territorio di questi ultimi prosegue la mattanza di cittadini inermi a opera di armi letali in libera vendita. Ma tornando alla Palestina, i Palestinesi lottano per la loro terra, ma il confronto con il l'occupante israeliano è impari: gli attentatori procurano a Israele danni relativi, mentre inevitabilmente perdono la propria vita. La forza di Israele ha buon gioco della debolezza palestinese. Riuscirà infine a essere premiato il sacrificio di un popolo che lotta per conquistare la sua libertà e indipendenza? In Francia  è placata (?) la furia di Cittadini francesi/non francesi perché "l'ora di libertà" è finita: alle vittime di saccheggi e violenze restano i cocci. La Marmolada, che perde pezzi, commemora i morti provocati dal suo sgretolamento con la Messa celebrata in quota davanti ai parenti seduti con il sole radioso in faccia.                                                                                                                La mia giornata prosegue con un percorso a ostacoli tra burocrazia e disservizi vari.                                Non fanno notizia invece i giornalisti, sempre eccitati quando possono trattare di fatti truculenti, accidenti e incidenti: essi sono forse impermeabili alle emozioni dei comuni mortali?                              Coraggio, "tiremm innanz!"

A.Ferrin                                                                                                                                                          modena,4/7/2023