Tonio era Cittadino del' Istria, in Venezia Giiulia; la sua famiglia era dunque italiana della Venezia Giulia, la Regione che fu sballottata fra Italia e Jugoslavia causa l'avanzata delle bande partigiane di Tito nella 2^ guerra mondiale quando occuparono Istria e Dalmazia. Pertanto la sua famiglia dovette scegliere: con i Titini, avanguardia dei Sovietici, o con l'Italia. La famiglia subì dunque il doloroso esodo rifugiandosi nel Territorio Libero di Trieste; ma questa è preistoria. Tonio crebbe, diventò adulto e si avvicinò il tempo della Naja, il momento in cui i giovani maschi sono chiamati in armi al "servizio della Patria"; era terrorizzato da quella prospettiva, e allora pensò bene di allontanarsi dall'Italia per sottrarvisi: si recò prima a Zurigo presso la sorella Tina, in Gasometerstrasse, quindi raggiunse Basilea e si presentò alla Sandoz S.A. che, con Ciba e Hofmann La Roche, costituiva il famoso polo Chimico-farmaceutico. Grazie all'esperienza maturata alla Montecatini di Ferrara, fu assunto dalla Sandoz nel reparto di cristallizzazione ma, dopo tre mesi, le rigide regole svizzere che privilegiavano i Cittadini svizzeri rispetto ai Gastarbeiter, indussero i dirigenti, loro malgrado, a destinarlo ad altro ruolo. Tonio visse il tutto come un'ingiustizia e quindi grande frustrazione che non riuscì ad accettare. Pertanto lasciò la Sandoz e si avventurò in Germania. Basilea è situata sul Reno, nel punto dove confluiscono Francia, Germania e Svizzera, in una posizione felice per la contiguità di lingue e culture diverse. In un primo tempo Tonio trovò un alloggio nella Piccola Basilea sulla sponda destra del Reno, rifugio di gran parte degli immigrati delle diverse nazionalità, quasi ridotta a enclave di lavoratori stranieri, corpo estraneo tra gli svizzeri. Egli si trasferì allora nella Basilea grande per potere vivere fra e con gli svizzeri: già pensava che i gastarbeiter non dovessero isolarsi e, peggio ancora, ghettizzarsi, ma piuttosto cercare di inserirsi a pieno titolo nella realtà locale. Quanta nostalgia di Basilea! Della Pension Bianca in Joanvorstadt, nei pressi del Mittelerebruke, dove Maria lo svegliava e gli preparava la colazione mattutina, e dei momenti conviviali, quando a pranzo e cena si ritrovava a tavola con gli altri ospiti della Pensione! Egli si incamminava verso il Polo industriale o usava il tram, non tralasciando di sostare in una delle famose pasticcerie della Città. Il lungo Reno era bianco di neve, neve copiosa che attutiva il borbottio delle chiatte che lo solcano. Dunque, licenziatosi dalla Sandoz, si inoltrò nella grande Germania risalendo la Renania con il treno che fiancheggia il Reno; il grande fiume è percorso da chiatte che procedono quasi in corteo; in realtà il Reno è una grande "autostrada" fluviale che movimenta merci e materie prime vitali per il bacino industriale di mezza Germania. Tutta la Valle del Reno è guardata dall'alto da Castelli quasi posti a sua protezione. Per Tonio erano paesaggi nuovi e affascinanti, dominati dall'architettura Gotica e da una natura ricca e ordinata; dal treno, in lontananza, si scorge Heidelberg, e si attraversano Borghi e Città suggestivi: Freiburg, Mainz, Mannheim, Colonia. Fu allora che Tonio scoprì di simpatizzare per quel popolo: forse per l'ordine che vi regnava, o per il civismo della gente comune? Poi penetrò nella Ruhr, la regione più industriale del Paese, e si recò a Witten, sede della fabbrica che produceva il Terital, nuova fibra sintetica: alcuni tecnici di quella fabbrica, recatisi alla Montecatini di Ferrara per avviare un impianto analogo, incontrarono Tonio al quale dissero che se fosse andato in Germania, avrebbe potuto lavorare a Witten, ma per Tonio fu un'altra delusione: anche in Germania non assumevano italiani con mansioni qualificate! E la stessa cosa accadde alla Bayer di Leverkusen. La Bayer era una famosa industria chimico-farmaceutica, forse la più grande della Germania; si recò al grande edificio dove accoglievano gli immigrati, assumevano tutti gli immigrati senza particolari formalità, e li ospitavano in camerate di un immenso edificio: sembravano dormitori pubblici con servizi comuni e brande a castello. Allora capì che Germania e Svizzera erano già invase da milioni di Gastarbeiter immigrati ( italiani, turchi, e spagnoli), forza lavoro non qualificata ma preziosa per le loro industrie; tuttavia constatò che in Germania i Gastarbeiter erano più rispettati di quanto lo fossero in Svizzera: a Zurigo e Basilea aveva notato i famigerati cartelli affissi a case o pubblici esercizi "non si affitta" o "vietato l'ingresso agli italiani". Piuttosto Tonio avvertì spesso un senso di colpa osservando la vita che conducevano gli immigrati che erano stati spinti a lasciare mogli e figli da vere necessità economiche, mentre egli vagava in Europa senza motivo, tanto che Ermanno, suo fratello, lo definiva "fratello turista". Tonio riprese il cammino a ritroso e si fermò a Monaco di Baviera, città in cui un suo amico d'infanzia, Gatanino, gestiva con la famiglia un ristorante italiano. Il locale era prossimo alla grande area adibita all'Oktoberfest, l'annuale festa popolare (carnevalesca?) nel corso della quale scorrono fiumi di birra a innaffiare wurstel e salsicce. Tonio fu aggregato al manipolo di sguatteri e camerieri ospitati in una squallida mansarda: fu senz'altro un'esperienza da dimenticare! In questa non invidiabile situazione esplorò Monaco, peraltro bellissima, da Marien Platz al Maximillianeum, fino a Dachau, in uno dei tristissimi Konzentrationlager nazisti; in quegli anni non si parlava molto dell'Olocausto, fu motivato a visitare Dachau, e successivamente la casa di Anna Frank in Amsterdam, da letture varie sul tema. Fu in quelle circostanze che egli, andando triste e deluso per le vie di Monaco, partorì da una fervida fantasia, e complice la particolare situazione internazionale (guerra fredda), un'idea perlomeno bislacca e ingenua. Si diresse al Comando dell'Esercito Americano a Monaco che, in forza del trattato di pace, occupava la Baviera. Non seppe mai come e perché ebbe la forza di oltrepassare quell'ingresso munito di garitte armate e imponenti guardie peraltro poco marziali: l'unica ragione a sua giustificazione non poteva che essere la giovane età (20 anni) e la grande curiosità per il mondo che voleva esplorare. Egli era osservato con curiosità e rispetto formale: ai due o tre funzionari che lo ascoltavano (erano italo americani), disse che era stato avvicinato da personaggi ambigui che proponevano di collaborare con un non ben specificato Servizio Informazione che riferiva alla DDR, la Germania dell'Est occupata dall'URSS. Gli americani, sempre molto gentili, condussero Tonio in un'altra stanza, applicarono ai suoi polsi e al capo alcune placche metallica, e avviarono un marchingegno in cui figuravano aghi che, oscillando, tracciavano un grafico su carta: gli parve di riconoscere strumenti di controllo simili a quelli visti alla Montecatini, utili per monitorare i processi chimici in atto. Il ventenne ingenuo seppe in seguito di essere stato sottoposto alla famosa e futuristica "macchina della verità"! (non rammentava se ne fosse stato informato preventivamente) Ovviamente quell'ordigno non poteva rivelare l'inesistente. Allora Tonio fece ritorno a Ferrara, rassegnato a partire per la Naja. Di quell'avventura non parlò: fu per pudore o per timore? Fatto sta che i famigliari lo accolsero con naturalezza, e solo dopo molti anni ne parlò con i figli con i quali sorrise e ne rise in maniera liberatoria. Ma a dimostrazione di quanto sia imprevedibile la vita, e di quanto poco essa sia in nostro potere, alcuni anni dopo era Marconista distaccato presso la Base NATO di Vicenza, e Dio sa quanto abbia temuto che tra gli americani riemergesse l'avventura grottesca di cui era stato protagonista a Monaco di Baviera. Ma non accadde e Tonio scoprì che la realtà della Naja era meno brutta di quella comunemente creduta.
Modena, 10/3/2024