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libreria di zurau
lunedì 26 novembre 2018
IL VIZIO DELLA SPERANZA
Il titolo "Il vizio della speranza" è frutto di una felice intuizione: infatti la speranza è un vizio un tra i più praticati, e con caparbietà, dall'umanità, un "vizio"che giustifica la vita, è quasi un suo sinonimo,
strettamente legato all'istinto di sopravvivenza.
Tutti ne siamo affetti, ma sono i più deboli, i più disperati fra la gente, a ricorrervi come ultimo scoglio cui aggrapparsi per non essere travolti dai flutti.
Si tratta di un film realistico sulla Campania odierna, e ne racconta miseria e degrado; erede del più
famoso neorealismo italiano del secondo dopoguerra, mostra una realtà che riporta appunto al crudo
realismo di quel tempo, ma c'è una differenza: il panorama di oggi è, se possibile, aggravato dalla presenza diffusa di immigrati africani clandestini che, con gli emarginati della provincia napoletana, formano una umanità miserabile e dolente che vive, anzi sopravvive, sugli argini del fiume Volturno, a Castel Volturno.
Protagonisti sono dunque puttane africane e italiane, papponi e pappone, italiani e africani, fra il commercio di droghe, e il traffico di uteri in affitto.
Maria, una bravissima Pina Turco, è una factotum: già prostituta, è la "caporale" delle nere, le
conduce sul luogo di lavoro, è Caronte sulle acque limacciose del Volturno, procura anche la droga
a sua madre,(o sua nonna?) a sua volta pappona e capo del racket del malaffare.
Ma le cose cambiano quando Maria scopre di essere in cinta: la gravidanza irrompe nel racconto quasi come un miracolo e le rivela il mistero ineffabile della maternità.
Maria aiuta una giovane prostituta di colore: questa vuole tenere il suo bambino, e sottrarlo alla tratta dei neonati "commissionati" da signore borghesi che vogliono un figlio, così aiuta la ragazza a fuggire, e nello stesso tempo scopre, lei, di essere in cinta.
A sua volta vuole tenere il bambino e, consapevole dei rischi cui va incontro, si ribella alle regole dell'organizzazione criminale.
Questa parte del film è volutamente velata di mistero: è una vera gravidanza? E' frutto della speranza di una nuova vita?
Il film di De Angelis mi è piaciuto molto: le scene nelle acque del Volturno dove scorrazzano i natanti usati dai clan per esercitare i loschi traffici tra le sponde inospitali e desolate del fiume, e sopratutto
le scene girate in un interno notturno dove Maria si rifugia nella misera baracca di africane che l'accolgono alla loro cena frugale: ballano e cantano in abiti etnici dai colori vivaci, mentre si leva il canto struggente e melodioso di una ragazza accompagnata da suoni e ritmi tribali che richiamano il Soul dei neri afroamericani.
A.Ferrin
modena, 24/11/2018
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