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libreria di zurau
mercoledì 28 novembre 2018
SUL PREDELLINO
A spasso con Giusangela o, per meglio dire, in autobus; infatti durante la settimana ci ritroviamo alla fermata del bus, sotto i tigli di Corso Martiri: nessuno dei due sa chi aspetta chi, ma ci vediamo alle
otto in punto quasi per un appuntamento concordato, in attesa del 2.
E' l'ora di punta, la fermata è affollata di impiegati diretti ai quartieri industriali e, come di consueto,
i mezzi pubblici sono stracolmi.
I viali del Parco, sorti a fine '800 nell'area delle preesistenti mura antiche, sono offuscati dalle nebbie
autunnali, dalle fronde precipitano perle di rugiada, e si procede quasi come ombre nella caligine.
Abbraccio Giusangela e già si intravede il muso imponente del 2 che accosta alla pensilina.
Saliamo, in realtà cerchiamo di salire in vettura nel mezzo di un pigia pigia generale: dobbiamo essere pronti alla lotta per conquistare l'angusto spazio vitale, mettere in campo le nostre energie, con mezzi più o meno leciti, per fronteggiare montagne di muscoli e masse corpulenti che ostacolano il
cammino; finalmente, la massa informe dei passeggeri ha raggiunto un suo equilibrio fra " scusi, prego, pardon, sbuffi e sospiri", ma è anche confortata dal calore umano (leggi animale), che condivide con i compagni di viaggio.
Il contatto ravvicinato con i propri simili può essere fonte di imbarazzo e disagio: il grande naso adunco del mio vicino, naso che gli "piscia in bocca", incuriosisce, e mi opprime anche la sua mole, mentre può essere problematica anche l'eccessiva vicinanza alle ascelle altrui, ma il seno e il ventre della matrona imponente che sale e scende sui mie piedi sono senz'altro una sofferenza: è
necessario sottolineare quello che molti hanno notato? Le donne nere africane e centro sudamericane
mostrano spesso forme e rotondità generose che sembrano uscite da quadri di Botero; questa è tutt'altro che una nota poco rispettosa, perché infatti le vedo come simbolo di fecondità e prolificità.
Giusangela è scomparsa, sommersa nella calca o, spero per lei, ha trovato un anfratto in cui rifugiarsi.
Questo accade nelle ore di punta; altra cosa sono gli autobus nelle ore di "calma", quando non ci si
precipita per occupare il sedile; Giusangela e io possiamo sederci vicini, guardarci e conversare nei
pochi minuti del tragitto e, nello stesso tempo, dedicarci all'osservazione dell'umanità che ora ci è vicina: è un caleidoscopio di corpi, facce, fogge e colori, poiché la nostra comunità si può definire a
tutti gli effetti multietnica, e questa realtà è più tangibile sull'autobus utilizzato in queste ore più dagli extra comunitari che dagli autoctoni.
E tra gli extra comunitari si notano tutte le gradazioni dell'Africa nera, di quella nordafricana, del
medio-oriente, di Asia e sud est asiatico, e anche tra i bianchi si intercettano suoni dell'est Europa.
Completano il tutto i copricapi e i veli delle donne che mostrano solo bellissimi ovali del viso, e i bimbi che portano sulla schiena hanno sempre occhi grandi e stupiti che risplendono.
Osservo la tranquillità e serenità dei neri: hanno l'aria di chi viene da molto lontano, che ha una
lunga storia, che ha vissuto molto e sa della vita più di quanto noi possiamo immaginare.
Si spezza l'incanto quando gli africani usano il cellulare: i decibel raggiungono il loro massimo, quasi
vogliano farsi udire dai parenti del centro Africa ma, tutto sommato, mostrano tratti di dolcezza e gentilezza che noi abbiamo smarrito.
Infine siamo a destinazione: io e Giusangela ci separiamo per raggiungere le nostre mete.
A.Ferrin
modena, 28/11/2018
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