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libreria di zurau
lunedì 12 novembre 2018
SENZA LASCIARE TRACCIA
Ieri, al cinema Astra, ho visto "Senza lasciare traccia": il film americano di Debra Granik narra la vicenda, peraltro verosimile, di un padre che con la figlia adolescente fugge la società per vivere in un Parco Naturale vicino a Portland in Oregon.
Il padre Will è un reduce di guerra(Vietnam?) ferito nell'anima, e forse nella mente, la figlia Thomasin, adolescente, lo segue perché affascinata dalla scelta "romantica e idealistica" di allontanarsi dalla società civile per vivere isolati a contatto con la natura, una vita quasi eremitica fatta di frugalità, con mezzi e strumenti rudimentali.
Qui fa capolino il sogno libertario e pionieristico americano, con l'esplorazione, il desiderio della vita solitaria e avventurosa: penso al famoso "Walden" la vita nei boschi di Henry Thoreau, ma è anche
evidente che il padre Will soffre per i postumi della guerra, la figlia è invece condizionata dal legame
affettivo che li unisce.
Noi tutti abbiamo fantasticato, o vagheggiato fughe dalla realtà, di evadere dalla società, ma è la società moderna stessa, strutturata e tecnologica che, scoprendo la nostra fuga, cerca in ogni modo di ricondurci nell'alveo della "società civile", nel suo abbraccio "generoso"
E' ciò che accade nel film: padre e figlia sono individuati nei boschi e ricondotti a Portland, dove sono ospitati (padre e figlia divisi) in un centro apposito per essere sottoposti a esami e Test di vario genere, insomma una sorta di reinserimento programmato nella società.
Infatti la legge stabilisce che boschi e praterie sono suolo pubblico, e in quanto tali non possono
essere occupati liberamente
Quindi padre e figlia sono liberi di lasciare il Centro e viene loro assegnata una casetta, ma non si
adattano alla vita domestica e decidono di vivere in un accampamento di caravan con altri che hanno
fatto la scelta del nomadismo, per scelta o necessità.
E' una realtà libertaria e quasi zingaresca, una scelta difficile ma anche coraggiosa, e in USA sono
frequenti queste comunità sorte ai margini della società urbanizzata: ricordo un'altro film in cui una
comunità analoga di fuggiaschi, emarginati e reduci vivono nelle paludi della Louisiana.
Ma Will, il padre, non regge questa scelta: vuole veramente eclissarsi, scomparire, e riprende il suo
cammino solitario inoltrandosi nel folto dei boschi.
Thomasin, invece, ora non riesce, non vuole seguirlo.
E' struggente l'addio fra i due: lei che lo accompagna al limite della macchia, un lungo abbraccio al
padre e poi, quasi attratta da una forza irresistibile, riprende il sentiero dell'accampamento posto ai margini della città.
Belle le scene dell'accampamento precario abitato da individui e famiglie precari ma solidali, dove tutti si ritrovano ai fuochi per cucinare, parlare e cantare country al suono del banyo.
A:Ferrin
modena, 12/11/2018
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