Ieri,
giorno di Natale, m’è venuto di telefonare a uno dei miei cugini della famiglia
Laino, e ho deciso per Arturo, mio coetaneo e compagno di giochi a Crotone; negli anni '50, le nostre famiglie si erano separate trasferendosi: a Ferrara i Ferrin, a Torino
i Laino. Così ho digitato il numero di Arturo e, alla risposta, ho salutato, ma
la voce al telefono mi ha detto che il telefono era sì di Arturo, che però era scomparso
da due mesi e, a scanso di possibili equivoci, ha precisato che era morto da
due mesi. La
moglie di Arturo aveva lasciato il Cellulare ai vicini, forse per liberarsi da
molte domande che avrebbero solo aumentata la sua sofferenza.
In ogni caso, questa mattina ho richiamato, hanno risposto gli stessi
amici di ieri: mi hanno fornito il numero della moglie di Arturo, cui risponde
la segreteria telefonica. Infine ho
desistito da ogni ulteriore tentativo: forse è meglio, tengo per me la
tristezza, evitando di vagare fra tumuli e loculi dei morti, e senza disturbare i superstiti. Ma ho voluto insistere e oggi ha risposto Augusta, la moglie di Arturo: ha
parlato di mio cugino, che aveva accusato imprecisati disturbi durante le
vacanze in Grecia, Paese di cui era appassionato; erano ritornati
precipitosamente in Italia, dove gli hanno diagnosticato un male grave e fatale. Mio cugino era innamorato della Grecia e del mito della Magna Grecia, di cui Crotone, la nostra
città natale, era stata fra le più splendide delle Colonie Greche di Calabria, (tra l’altro Patria di Pitagora).
Nell'ultima telefonata si parlava dei mesi trascorsi a Collegno nella loro casa, con zio Attilio e zia Stella, prima che io mi sposassi a dicembre '67.
Egli non trascurava, anche dopo decenni di permanenza a Torino, di rimpiangere la Calabria, Crotone e tutto quanto riguardava la "grecità e la Magna Grecia": la sua era un'acuta nostalgia della prima giovinezza, probabilmente esito dello sradicamento subito.
E ricordo infine il suo invito a recarmi nella sua casa trovata in una valle del Torinese,
casa di cui era felice e dove mi invitava con entusiasmo, assicurandomi che mi avrebbe accolto alla stazione di Chivasso per condurmi nella sua Valle.
Ma purtroppo non sono riuscito a rivederlo.
A.Ferrin
Nell'ultima telefonata si parlava dei mesi trascorsi a Collegno nella loro casa, con zio Attilio e zia Stella, prima che io mi sposassi a dicembre '67.
Egli non trascurava, anche dopo decenni di permanenza a Torino, di rimpiangere la Calabria, Crotone e tutto quanto riguardava la "grecità e la Magna Grecia": la sua era un'acuta nostalgia della prima giovinezza, probabilmente esito dello sradicamento subito.
E ricordo infine il suo invito a recarmi nella sua casa trovata in una valle del Torinese,
casa di cui era felice e dove mi invitava con entusiasmo, assicurandomi che mi avrebbe accolto alla stazione di Chivasso per condurmi nella sua Valle.
Ma purtroppo non sono riuscito a rivederlo.
A.Ferrin
Modena,
26/12/2019
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