Enea Spada fermò la vettura in via delle Ginestre, proprio davanti al portone, uno dei rari casi in cui trovò lo spazio per parcheggiare agevolmente.
Era stanco, quasi distrutto dal lungo viaggio: terse il sudore che imperlava la fronte e si apprestò a
scendere dalla macchina, pregustando una lunga doccia e l'accoglienza gioiosa di Flora, sua moglie.
Raccolse gli effetti personali sparsi sui sedili, li stipò nella borsa e dal baule posteriore prese la piccola confezione di carta dorata che aveva acquistato a Lugano.
Finalmente si staccò dalla macchina, si diresse al portone di ingresso e allora gli parve che la fatica scemasse, che il peso che gravava sulle spalle fosse quasi impercettibile grazie all'euforia che lo dominava, così come non pensava ormai alle estenuanti trattative che aveva condotto a Zurigo e Lugano e alla tensione accumulata nell'interminabile viaggio in autostrada fino a Firenze.
Cercò di liberare la mente dalle scorie del lavoro e aprì il massiccio portone di ingresso nel palazzotto anni 30 di Oltrarno, il portone era sormontato da un tabernacolo votivo con una Madonnina policroma, imitazione delle maioliche Della Robbia.
La costruzione, solida e dalle linee semplici, aveva una base di leggero bugnato e si elevava di 4 piani fuori terra, limitati alla sommità da un'elegante loggia; in origine sprovvisto di ascensore, questo era stato aggiunto da pochi anni dopo liti e scontri fra i condomini.
Entrò nell'androne, si avviò alla porta dell'ascensore che le luci indicavano al piano, e la porta automatica si aprì.
Enea Spada si fermò e non si mosse, quasi statua di marmo, come di alabastro traslucido era la pelle
del viso per il suo pallore, e tale era la sua fissità che non una vibrazione, né un tremito della pelle segnalava che sangue fluisse nel suo corpo.
In seguito non seppe precisare il tempo che restò immobile e terrorizzato alla visione che gli era
apparsa allo schiudersi della porta dell'ascensore: le due ante si erano aperte lentamente come
due lembi di un sipario sontuoso sulla scena pronta per animarsi.
Ma la scena rappresentava solamente morte e sangue: la donna, bella e bionda, lorda del sangue schizzato sulle pareti a specchio dell'ascensore, era distesa sul fondo in una posa scomposta e grottesca, adagiata sulla schiena e le gambe divaricate poggiate sulla parete opposta a quella d'ingresso, la gonna leggera era scesa per gravità fino all'inguine, e il tutto era una macchia di sangue,
non resse quella visione e distolse lo sguardo.
Enea, professionista di successo della Brandimarte , sicuro di sé e dotato di grande capacità lavorativa nel lavoro e nella vita privata, avvertì la fragilità del suo essere e precipitò in uno stato di totale estraneità e alienazione.
Ma subito si riebbe dallo stordimento e cercò di riordinare le idee: avrebbe voluto fare una bella doccia e abbracciare Flora, e invece era alle prese con un cadavere di donna, e che donna, offesa e sfregiata; barcollando si diresse alle scale per raggiungere l'appartamento al terzo piano: l'ascesa fu faticosa, era svuotato di energie e a ogni passo pensava, ma è tutto vero? Accade qui, in via delle Ginestre? L'ultima cosa cui pensò, fu di precipitarsi al telefono e chiamare tutte le polizie disponibili.
Giunse infine alla porta blindata, suonò ripetutamente, ma Flora non si mosse, e si decise a usare la propria chiave.
Entrando riconobbe subito l'atmosfera familiare, il profumo inconfondibile di Flora e gli aromi delle
essenze da lei diffuse negli ambienti.
Ma Flora non c'era. sulla lavagnetta in cucina aveva vergato un messaggio con il gesso: ciao amore,
torno presto.
Era disorientato, l'appartamento deserto, Flora assente, e lo spettacolo nell'ascensore che scorreva ancora davanti agli occhi; sperò di avere sognato, di aver vissuto un incubo, che fosse impazzito, si
toccò per accertarsi di essere presente a se stesso, tentoni frugò le varie stanze e, quasi non sapesse orientarsi nel suo spazio, ne sfiorava anche gli arredi.
Si abbandonò nella sua poltrona e sperò che un sonno provvidenziale lo allontanasse dalla realtà, ma Morfeo non lo aiutò, e invece dai piani della casa giunse il suono ripetuto e molesto di un allarme, quello dell'ascensore, nonché il trillare dei campanelli delle abitazioni.
Dalle scale proveniva il concitato tramestio di passi e voci confuse, eccitate, anzi allarmate, e così
Enea decise di partecipare alla rappresentazione: ficcò la testa sotto un getto di acqua fredda, si asciugò sommariamente, uscì nel vano scale e ne discese alcune rampe, dirigendo al punto da cui
veniva il clamore.
L'ampio ingresso del palazzo era affollato di condomini curiosi, la Scientifica era già al lavoro, ma niente si riusciva a vedere della scena in prossimità dell'ascensore, peraltro isolato da una transenna:
si notava solo l'andirivieni di carabinieri in tuta e guanti bianchi, con valigette metalliche, che procedevano a misurazioni e fotografavano, quindi disponevano cartelli segnaletici numerati, il tutto alla presenza del Procuratore e di alcuni ufficiali dell'Arma, tutti assediati da alcuni cronisti di giornali locali.
Ora i condomini presenti erano in spasmodica attesa e, spinti dalla morbosa curiosità di "guardare", indagare i dettagli più truculenti della scena del delitto, volevano vedere, essere testimoni di un fatto di cronaca nera di quella gravità: non capita tutti i giorni di essere così vicini, quasi precipitati in una realtà criminosa e perciò provare la tensione e l'emozione di sentirsi anche protagonisti.
Così parlottavano a bassa voce, forse nessuno aveva visto, ma tutti sussurravano una loro versione:
chi aveva visto un cadavere, chi un uomo, chi una donna, chi due cadaveri, uomo o donna non sapeva. E in ogni caso, il cadavere o i cadaveri erano per tutti degli sconosciuti.
Enea Spada, tra i presenti era stato il solo, primo fra tutti, a scoprire il crimine, ma se ne stava in disparte, molto discretamente annuiva alla verbosità degli altri e intanto pensava a Flora sua moglie:
dove si era cacciata? Gli Ufficiali dell'Arma identificarono i presenti controllandone i documenti e
alcuni di essi, pur non richiesti, pensarono di dovere giustificare la loro presenza, poi gli inquirenti vollero che i condomini osservassero la scena del delitto e chiesero loro se conoscevano la morta, ma tutti negarono, anche sdegnati; in ogni caso furono invitati a tenersi a disposizione.
Spada mostrò i propri documenti, risalì le scale per rientrare nel suo alloggio, ma l'operazione gli
costò molta fatica, si aggrappò al corrimano sul quale faceva leva per ottenere la spinta necessaria.
Enea, assopito sul divano, impiegò alcuni minuti prima di avvertire il suono ripetuto del telefono, infine rispose e la voce di Flora, la sua bella voce, lo investì: ma perché non rispondi? Egli farfugliò poche parole confuse, ma quando realizzò che sua moglie era all'altro capo del filo, si scosse e rispose: Flora, torna subito a casa, non posso spiegarti ora, guarda che l'ascensore è fuori uso e dovrai
usare le scale, ciao ti aspetto.
Nel frattempo il medico legale aveva constatato la morte e proceduto a una prima, sommaria esplorazione del corpo, sostenne che non era completato il processo di "rigor mortis", e si lasciò sfuggire che la donna poteva avere 35/40 anni.
Pertanto la Procura autorizzò la rimozione del cadavere, ne fu disposta l'autopsia per individuare causa e modalità della morte e DNA, e dispose per i presenti e gli assenti del palazzo, la raccolta dei reperti utili per accertarne il DNA. L'inventario degli oggetti rinvenuti sulla scena del delitto e sul corpo della donna era meticoloso e stilato dai funzionari della Giudiziaria: c'era la borsetta della
donna, non dozzinale né particolarmente elegante ( secondo il tecnico avvezzo a manipolare reperti, era una buona eco-pelle), al suo interno, una busta dello stesso materiale con il solito armamentario
che ogni donna utilizza per ritoccarsi il trucco, "per incipriarsi il naso", infine un portachiavi in pelle e una boccetta di profumo molto noto.
Nessuna traccia di documenti personali, né di telefoni portatili.
L'uomo si distese ancora sul divano, attese che Flora rientrasse e ripensò alla giornata ormai trascorsa
che gli aveva riservato grandi sorprese e forti emozioni: aveva sempre evitato la frequentazione di
Camere Mortuarie, anche per rivedere parenti o amici deceduti, e questo da quando, durante il servizio di Leva svolto a Vicenza nella Caserma Ederle presso la Base Americana di quella città,
era stato suo malgrado protagonista di un episodio macabro: nella città vivevano due suoi zii anziani, Amalia e Giuseppe, e quest'ultimo era così malato che la sua dipartita non sorprese più di tanto.
La zia Amalia e i figli gli chiesero di partecipare alla veglia funebre nella camera mortuaria, egli si
prestò a iniziare la veglia, ma riteneva, forse ingenuamente, che il suo turno sarebbe stato breve, e che
presto sarebbero subentrati i figli del morto e invece Enea attese invano per ore.
Si ritrovò solo, in una camera esagonale angusta rivestita di marmi pregiati in cui, dall'alto, finestrelle con vetri istoriati filtravano una luce giallognola e al centro, sulla pesante lastra di porfido, era deposto il corpo dello zio Giuseppe.
Nessuno dei suoi cugini, né le zie lo raggiunsero nella camera della veglia e così un certo turbamento si insinuò nell'animo di Spada; sulle prime non pensò fosse paura, ma la visione continua e obbligata
del morto alimentava timori sempre più incontrollabili.
Il soldato Enea vestiva la divisa invernale, ma l'ambiente, che lo conteneva come un loculo di marmo,
il viso eburneo di Giuseppe, già rigido che pareva scolpito, tutto aumentava il gelo che penetrava nelle ossa.
L'uomo era abbattuto, ma accettò il fatto quasi fosse comandato a una guardia d'onore, e d'altra parte
non volle lasciare lo zio da solo, disteso sul marmo: da quel momento, a lungo gli parve di fiutare l'odore pungente della formalina diffusa nell'ambiente.
Il giorno seguente fu chiarito l'equivoco: nessuno aveva chiesto la veglia notturna al defunto.
Il rumore dello scrocco alla porta lo distolse da pensieri molesti, e vide Flora precipitarsi sul divano
e abbracciarlo.
Ma cosa è successo? l'ascensore è posto sotto sequestro dalla Procura! Era trafelata e affannata per i tre piani fatti a piedi, Enea raccontami tutto; Spada attese che Flora respirasse, e quindi, cercando di controllare le emozioni, le parlò dell'accaduto, e sul viso della moglie notò espressioni di incredulità
mista a terrore, di stupore e quello sguardo tutto particolare di chi non capisce, o non riesce a realizzare che l'orrore sia stato e sia così vicino alla loro vita: pensava, come tutti i comuni mortali, che la cronaca nera toccasse sempre gli altri, gli sconosciuti sempre più lontani, comunque fuori
dal proprio orticello, e ciò, mentre aumentava la percezione di sicurezza personale, nello stesso tempo consentiva di osservare la vita dei propri simili con il distacco necessario per dare sfogo alla
curiosità più morbosa.
Enea Spada disse tutto a Flora: che sarebbero stati convocati in Procura come tutti i condomini per
deporre, e qui la moglie: anche io? Ho detto tutti i condomini, tu non ne sei parte? E Flora di rimando: allora dobbiamo prepararci, rivolgerci a un'avvocato, magari al tuo amico Marco del
Galluzzo, sì, mi riferisco a Innocenti.
Il marito non voleva essere precipitoso, e cercò di placare l'ansia della moglie: ma cosa abbiamo da temere? Questo è il normale iter, e noi saremo ascoltati solo perché abitiamo nel palazzo del misfatto,
e qui Enea non disse, non volle dire alla moglie di essere stato, forse, il primo a vedere la scena del
delitto, cosa che aveva taciuto anche agli inquirenti, e per il buon motivo che spesso i testimoni sono, per deformazione professionale degli stessi Carabinieri e Poliziotti, i primi, o tra i primi, a essere messi sotto torchio, e cronaca e letteratura erano zeppe di casi esemplari: egli voleva solamente non essere invischiato in situazioni kafkiane.
Infine l'uomo propose a Flora di cenare nel loro solito locale, l'osteria il Milione sulla via di Giogoli: pensava così di attenuarne la tensione, di farle vivere una serata come le molte che in passato avevano trascorso sui colli sopra il Galluzzo.
L' Osteria era posta in posizione felice perché dall'alto offriva la visione della Firenze notturna in cui spiccava la Cupola del Brunelleschi e i Lungarni illuminati disegnavano il corso del fiume;
imboccarono dunque dalla Porta Romana la via di Giogoli, e anche quella sera, come di consueto, Flora accennò ai fatti di sangue attribuiti al cosiddetto "mostro di Firenze", una catena di efferati delitti compiuti da una o più persone in luoghi appartati di quelle colline, ma secondo Enea non era il momento opportuno per rievocare quei fatti, anche perché ora, nel loro palazzotto piccolo borghese pulito e ordinato, c'era un ascensore trasformato in mattatoio.
La cena era al lume di candela, sotto il pergolato protetto da un castagno sul pendio della collina incorniciata da un filare di cipressi; Enea aveva chiesto espressamente di potere trascorrere una serata speciale con la moglie, e tutto sembrò rispondere alle aspettative: il menu ricercato, il vino raro, la leggera brezza che da vigneti e uliveti recava aromi di terra e sfalcio d'erbe, fece sì che Enea e Flora si guardarono a lungo, in silenzio negli occhi, poi lui l'accarezzò, lei pose il capo sulla sua mano, si baciarono, e l'uomo riuscì a porgerle il piccolo incarto dorato: lei lo aprì delicatamente e scoprì un
prezioso cammeo blu con le Tre Grazie, sorrise e lo baciò ancora.
Con un cenno di intesa, andarono alla cassa e risalirono in macchina dirigendo verso casa; in via delle
Ginestre parcheggiarono e si diressero all'ingresso. Si era creata fra i due una tensione tangibile, ma positiva, una carica elettrica fatta di emozioni e aspettative alimentate da un desiderio indomabile, e promessa di estasi come di giovani amanti.
Le ripetute assenze dell'uomo, dovute alla professione che lo portava nel Nord Italia , unite all'apatia e nostalgia della donna per i figli non nati, erano causa dei rapporti sessuali sempre più rarefatti, e nella notte si amarono come non accadeva da tempo.
Il mattino seguente i condomini furono convocati alla spicciolata presso la Procura, a disposizione del
Magistrato, furono ascoltati i 16 coniugi abitanti del palazzo con un ordine stabilito: iniziarono coi Pacini, poi i Baldi, i Martelli, Ciampi, Biondi, Fabbri, Barbieri, Baroni, Ferrari, Pratesi, Rossi, Gori,
Mancini, Cappelli e infine Spada con la moglie Cioni.
La procedura fu la medesima per tutti: alcuni si sbrigarono in fretta, altri, che ritenevano si trattasse
di una semplice formalità, furono intrattenuti più a lungo, e coloro che non si erano ancora sottoposti al test DNA, lo fecero, come Flora Cioni, assente nel momento del rinvenimento del cadavere.
A tutti il Magistrato mostrò più istantanee del cadavere, ripulito e composto, riprese nel reparto
refrigerato della camera mortuaria.
Donne e uomini uscirono dall'ufficio: alcuni stralunati e lo sguardo assente, altri erano forzatamente
disinvolti, ma non riuscivano a controllare del tutto l'emozione, e altri ancora erano più capaci di
darsi un contegno; infine Enea e Flora, mano nella mano, lasciarono l'ufficio degli inquirenti: Flora era evidentemente turbata e il marito la teneva stretta a se.
La vicenda della donna sconosciuta assassinata nell'ascensore della città fece scalpore ed ebbe una risonanza clamorosa in tutta Italia, e nel palazzo d'Oltrarno turbò la quiete dei suoi abitanti i quali, avvezzi alla vita di piccoli borghesi, si videro precipitati in una realtà sconosciuta, quasi spinti sul proscenio e, loro malgrado, mettere a nudo le parti più segrete della loro vita.
E tuttavia tutto ciò ebbe l'effetto di accentuare la "socialità fra i condomini" che, vuoi per l'insicurezza dei più e il conseguente bisogno di fare gruppo, si frequentarono e approfondirono la conoscenza reciproca.
Era un continuo invitarsi e ospitarsi tra i vari piani, il palazzo si trasformò in un piccolo alveare.
Nel frattempo le indagini seguirono il loro corso: i Carabinieri fecero ulteriori sopra luoghi negli appartamenti, chiesero delucidazioni e dettagli apparentemente insignificanti, ma era chiaro che lo
facevano in base a precise ipotesi investigative, e con metodo scientifico frutto di una lunga esperienza.
E nel condominio fioccavano le ipotesi e le ricostruzioni più inverosimili ; chi più chi meno, molti si scoprirono, e improvvisarono, novelli Maigret, mostrando un'inventiva e creatività senza fine.
Tutto sembrava rientrato nella normalità, ma le indagini segnavano il passo: non un sospetto fermato,
non un avviso di garanzia, e già serpeggiavano tra la gente, che voleva il mostro in prima pagina, malumore e delusione per l'operato della Magistratura.
Enea Spada, per alcuni giorni volle stare vicino a Flora. La donna era stata a dir poco scossa dal delitto di via Ginestre, ma poiché mostrava di aver superato lo shock, (e infatti se ne parlava molto meno), il Funzionario della Brandimarte ricominciò le sue peregrinazioni nel Nord Italia, la moglie invece riprese la vita di sempre, la cura della casa, gli aperitivi con le amiche e occasionalmente la ricerca di gratificazione in qualche negozio di moda femminile.
Così ogni cosa sembrò ritornare nell'alveo della normalità in via delle Ginestre, dove normalità significava vivere la quotidianità come fatica di vivere, giorno dopo giorno, nell'illusione e desiderio di potere un giorno essere felici, ma alcuni rimpiangevano la bolla fittizia di una realtà virtuale creata dal delitto, realtà grazie alla quale avevano avuto la visione fugace della verità sulla natura umana, la sua ferocia e la morte.
Infine il lavoro oscuro ma tenace degli inquirenti ebbe risultati clamorosi: fu individuata la vittima
dell'ascensore, tale Esmeralda Crucetti; abitava in un vecchio Fondo in Santa Croce, donna bella e di
condizione agiata, ma perché fosse stata massacrata nell'ascensore di un palazzotto borghese d'Oltrarno, parve subito un garbuglio inestricabile, ma le tracce biologiche raccolte erano numerose,
furono ripetuti controlli e riscontri sui reperti disponibili, riconvocati in Tribunale alcuni inquilini, e di fronte al magistrato si ritrovarono anche i coniugi Spada.
Questa volta però, Enea pensò bene di farsi assistere dall'amico avvocato Marco Innocenti, così
Flora sembrò rasserenata, e insieme si recarono in Tribunale a Novoli, il nuovo tribunale di Firenze,
modernissimo e imponente che incuteva timore, un'immagine della Giustizia come potere granitico e incombente; nel labirintico edificio furono introdotti alla presenza del Sostituto Procuratore incaricato.
Il dott. Cutolo chiarì i termini della procedura quindi, mostrando le fotografie della donna, peraltro
già apparse sui giornali e in televisione, chiese ai coniugi se la conoscessero.
Enea Spada scrollò il capo per negare, come fece sua moglie Flora, ma subito il Magistrato si rivolse
ancora alla donna: ma signora Cioni, sugli effetti personali e sul corpo della Crucetti sono state
individuate tracce che sono perfettamente compatibili con il suo DNA signora Flora, così come sono
state rinvenute nell'appartamento della Esmeralda...lei conosceva la Cioni Esmeralda?
Flora non disse nulla, guardò il marito e impallidì. Gli occhi si gonfiarono di lacrime e disperazione,
fissò ancora Enea, l'amico Marco e il Procuratore, quindi, quasi sussurrando, con calma glaciale confessò: minacciava di dire tutto a mio marito, di distruggere il mio matrimonio, e io non potevo permetterlo.
A.Ferrin