Anche quest'anno, con grande mia sorpresa, è arrivato Natale: a Febbraio scorso non pensavo che "avrei mangiato il panettone a Natale". Invece sono ancora qui, ho ricuperato dal ripostiglio la mangiatoia con il bambino paffutello, il bue e l'asino, i genitori del neonato, e infine l'unica pecorella sopravvissuta alla decimazione provocata da traslochi e rotture varie. Ora mi sorprendo davanti alla mangiatoia per accendere un lumino, cosa mai fatta prima, se non in anni lontani quando questa festività aveva più solennità e trasmetteva emozione, ma troppa acqua è passata sotto i ponti: siamo assuefatti alla perdita di atmosfere che la vita moderna ha diradate o inaridite. Ieri sera ne ho avuto riprova: mi sono imbattuto nella Messa di Natale celebrata dal Pontefice in S.Pietro e ho rivisto la mia vita di ragazzo entusiasta e fiducioso proiettato in una realtà ideale, troppo ideale per essere verosimile e raggiungibile. La religiosità di queste feste è ormai superata dalla laicità sempre più diffusa, e la stessa cerimonia ora trasmessa è una recita stanca, le parole inadeguate e ripetitive: il tutto mostra l'istituzione della Chiesa sulla difensiva, impegnata in una lotta di retroguardia. Capisco peraltro come il messaggio cristiano di oltre 2000 anni orsono potesse allora apparire nuovo e rivoluzionario; ora invece restano gli aspetti più esteriori, gli orpelli della tradizione, del costume e della cultura, tuttavia non nego che ancora oggi la narrazione del bimbo ignudo nella stalla tra il bue e l'asinello, creatura fragile accudita da genitori ansiosi, possa colpire l'immaginario collettivo che ben conosce la povertà e la lotta per la sopravvivenza, esperienza che da sempre accomuna donne e uomini.
A.Ferrin modena, 25/12/2021
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