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libreria di zurau

lunedì 28 ottobre 2024

NOTTE

Temo l'oscurità, non il buio che incute timore nei bambini, ma piuttosto la notte insonne. In realtà non soffro di insonnia cronica, ma per quella notte in cui, dopo le prime due o tre ore di sonno profondo, mi sveglio e fatico a ripiombare in letargo. E' allora che alla coscienza vigile si dispiega la vita presente e passata(del futuro se ne occupa un altro Ufficio!). La memoria è il caleidoscopio di fatti e visioni dall'infanzia al declino: prodigio della nostra mente, ovvero del cervello che sarà l'ultimo organo ad abbandonarci alla nostra morte. Dunque pochi sprazzi di luce hanno fissato momenti dell'infanzia, ciò è dovuto alla distrazione dei genitori che con 7 figli non avevano tempo e spazio per occuparsene: mia mamma, con 13 gravidanze sarà pur stata un'ottima fattrice, ma tra aborti spontanei, e morte prematura di figli piccoli non ha avuto fra l'altro i benefici che il fascismo riservava alle coppie più prolifiche, e d'altra parte i miei genitori non intendevano concorrere al premio. Il mio primo ricordo illumina un bimbo biondo accovacciato sul pavimento che, solitario, gioca con un cavallino di cartapesta dai finimenti rossi. Dovevo essere molto esile e sembrare alquanto deboluccio se i miei dissero che mi tenevano nel loro letto perché temevano per la mia vita: udivano il mio lamento, paa, paa, la mamma aveva perso il latte a causa dei bombardamenti (1943) e pertanto mi portò ai piedi della Sila a nutrirmi con latte di capra. Ricordo la nascita dell'ultima nostra sorella, Caterina(alias Fernanda). Dei successivi anni precedenti la pubertà ho solamente ricordi miei, è noto infatti che il bambino piccolo è principalmente esploratore della realtà in cui vive, percepisce se stesso, i giochi, e i suoi simili con cui entra in relazione. Quasi istantanee di oggetti misteriosi, vedo un fioretto e una maschera che Gelindo adoperava nella palestra frequentata, e un grammofono a tromba che io ridussi in mille frammenti. Non ricordo carezze da parte dei genitori: come avrebbero potuto? E mi sembra di avere avvertita questa carenza tutta la vita; ancora oggi è un mio cruccio il pensiero che io e la mia prima moglie abbiamo potuto privare i figli delle carezze necessarie. Narrare una vita può tramutarsi in una cronaca sterile, ripetitiva e noiosa, ma Tolstoj lascia intendere, a ragione, che "tutte le famiglie felici sono simili, ma ogni famiglia infelice è infelice a modo suo". Il che vuol dire che le vite di persone e gruppi sociali hanno sfaccettature infinite che non ne esauriscono la complessità, e per ciò la vita di ogni uomo e donna è unica e irripetibile.                                                                                                                          Modena, 28/10/2024  

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