Il tempo è ladro della mia giovinezza, è il verso felice di una poesia letta non so dove e quando, l'unico che io ricordi. Cerco invano di non indugiare su pensieri e ricordi molesti per non aumentare lo stato di malinconia che mi prende come sempre nei giorni di festa o che comunque le precedano. Nel clima di forzato ottimismo e aspettativa, incontro le mie poche conoscenze che lamentano le stesse ubbie, e alcune di esse si dilungano nel raccontare traversie famigliari piuttosto tristi. Io sono paziente e ascolto per cortesia, però riconosco che i rovesci esistenziali altrui mi danno un certo piacere, piacere sottile ma anche miserabile di cui mi vergogno. Il fatto è che, quando cadiamo in disgrazia, pensiamo di essere le uniche e sole vittime della cattiva sorte, ovvero i capri espiatori di qualche ignoto aguzzino o persecutore, salvo poi gioire scoprendo che tutti siamo fatti della stessa natura. Sto rileggendo le "Memorie del sottosuolo" di Dostoevskij, e mi ritrovo sempre nell'autoanalisi che egli fa di se stesso, in cui afferma di possedere una sensibilità superiore alla norma, senza per ciò rivendicare un merito speciale, e infatti dichiara che questa "qualità" gli procura unicamente molta sofferenza e io riscontro la stessa cosa: che avere antenne ipersensibili si corra il rischio di intercettare tutto il male e le turbolenze del mondo che ci circonda.
Modena, 21/12/2025
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