
L'INFINITO
di Giacomo Leopardi
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.
Recanati 1819
Rileggo oggi la poesia di Leopardi richiamata alla memoria da un'articolo apparso su "La Lettura" della settimana scorsa, e il cui oggetto è appunto L'Infinito, il concetto di infinito.
Ora, mentre scrivo, ascolto il "Dixit Dominus" di Haendel diretto da Gardiner, e la concomitanza
di questi piccoli eventi fa pensare a improbabili, fortunate congiunzioni astrali, o anche a una mia
costruzione letteraria, invece è tutto casuale, non vi è nulla di voluto: è lo stato d'animo propizio a fare sì che nel momento felice possiamo cogliere e recepire l'attimo di pienezza che riscalda l'anima.
E allora penso che l'Infinito sia in noi, ma è un infinito che non possiamo contenere perché incommensurabile, e perciò possiamo solo percepirne un riflesso ineffabile che tuttavia ci nutre e
alimenta la nostra speranza.
D'altra parte, non è possibile separare il concetto di Infinito dal concetto di Bello e Bellezza, essi sono legati e interdipendenti: anche la bellezza è senza tempo, mistero che ci avvicina alla verità.
A.Ferrin
modena,11/01/2017
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