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libreria di zurau
mercoledì 1 aprile 2020
NELLA CITTA' DESERTA
Mi reco al Policlinico per una visita dermatologica di controllo: ci vuole una pandemia come quella
in cui siamo precipitati per vedere bus in orario, veloci, e pressoché vuoti?
Purtroppo sì; non c'è affollamento, abbiamo spazio a piacimento, i pochi passeggeri a debita
distanza e silenziosi, si vedono i marciapiedi semivuoti e poche le vetture in circolazione.
All'ingresso del nosocomio una postazione "igienica" di sicurezza: rilevano la temperatura con uno
strumento puntato sulla fronte come ho visto fare in televisione, spruzzano sulle mani il liquido igienizzante e forniscono la mascherina che io ho dimenticato a casa.
Dall'atrio, fino al nuovo reparto di Dermatologia appena rinnovato, c'è una luce nuova, accecante, e i vari ambienti sono asettici e scarsamente frequentati.
Ho lunga dimestichezza con Dermatologia, a mio parere una Clinica d'eccellenza a Modena, anche
perché il Direttore ha formato una equipe giovane, prevalentemente femminile, molto professionale,
motivata e anche bella, il che non guasta.
Esco dal reparto per andare al bar ma, causa le restrizioni da Coronavirus, non posso prendere il caffè poiché il servizio è riservato ai dipendenti ospedalieri, così raggiungo la fermata del bus e nell'attesa
parlo con una signora, anche lei mascherata.
Questa signora aspetta il marito, ma coglie l'occasione per narrare la storia della sua vita sanitaria e
familiare: sua madre è mancata che lei aveva 4 anni, suo padre ha fatto la guerra in Russia e ha fatto
ritorno quando ormai era dato per disperso, poi è mancato nel dopoguerra in seguito a una grave malattia.
Lei soffre di enfisema, ha superato due tumori, ed è così debole che ha faticato non poco a venire alla
fermata, e ho pensato alla buona abitudine di altri ospedali che accompagnano i pazienti in uscita con
la carrozzella, e poi, presa dal fervore del racconto, ha parlato del figlio che aveva 16 anni quando, per un brutto incidente stradale, è stato in fin di vita e in pericolo di paralisi totale.
Nel frattempo, nel timore di crollare in terra per l'angoscia che mi dominava, mi ero appoggiato alla parete della pensilina; ero sinceramente partecipe, perché riesco a essere empatico, forse troppo, più nel dolore che nella gioia.
Il sopraggiungere del bus mi ha tolto dall'incresciosa situazione.
In Piazza Mazzini sono sceso dal bus e per Piazzetta Torre e via Lanfranco mi dirigevo alla fermata
dell'11, quando sotto la Ghirlandina ho percepito una voce stentorea provenire da piazza Duomo: era quella di un'uomo molto anziano seduto sulla panchina prospiciente la facciata romanica; l'uomo
parlava al telefono con un amico, ma evidentemente voleva che tutti ascoltassero il suo favoleggiare orgoglioso del tempo passato nel mare dei Caraibi, e vantare la partecipazione alla rivoluzione
(in verità ha detto "ho fatto") Cubana a fianco di Hemingway!
A.Ferrin
modena, 1/4/2020
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