Gentile Signora, le indirizzo questa lettera aperta pure nella consapevolezza che il quotidiano di mia lettura abituale non la pubblicherà perché occupato a ospitare i suoi interventi. Perdoni anche che io, preso da improvviso delirio, e semplice uomo anziano della strada, osi rivolgermi a Lei per esprimere un pensiero che si percepisce chiaramente tra la gente. Non mi riferisco ovviamente alla Shoah e alla sua verità storica, ma piuttosto all'opportunità di tirarla in ballo "a ogni piè sospinto". Non le sorge il dubbio che la ripetitività quasi ossessiva di un argomento possa risultare controproducente? Che cioè anche le cause più nobili perdano di esemplarità e potenza quando sono piegate e strumentalizzate per fini di parte? Dico questo davanti a un panorama umano devastato, ma non disperante, ripeto, non disperante; pertanto sarebbe edificante e bello un suo gesto, sì perché possiamo edificare anche con un gesto e una parola. Lei ebrea che, reduce dai campi del Nazismo, si rechi in Palestina tra i bambini palestinesi, a confortarli.
Modena, 21/5/2024
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