C'è un'atmosfera che più gotica non si può. La visione è offuscata da una coltre di nebbie che vagano senza posa, e che solo a tratti rivelano il profilo degli stabilimenti dove fasci di tubazioni aeree uniscono i diversi corpi di fabbrica. Gli enormi gasometri dominano su tutto, e ai confini della grande area, ardono candele perenni. Mi addentro tra i vari reparti dell'AZOTO dove nascono i concimi azotati, grazie ai quali l'agricoltura raggiunge nuovi picchi di produttività. Poi dal Piazzale Donegani, che divide l'Azoto dall'Idrocarburi, entro nel petrolchimico dove dal petrolio si ricavano i sottoprodotti necessari per la produzione di nuove materie plastiche e filati sintetici. Il mondo della chimica, fra chimica organica e inorganica, è affascinante. La materia con cui entriamo in contatto, la stessa materia di cui siamo fatti, la dobbiamo ai processi chimico/fisici che spesso ignoriamo, che anzi tutto l'Universo è frutto dell'interazione degli stessi elementi che sono alla base della nostra vita. Il mio stupore è quello del profano quando penso che tutta la vita sulla terra e i suoi progressi, sono dovuti ai relativamente pochi elementi di chimica e fisica: acqua, aria, calore. E' questo eterno crogiolo a propiziare la nostra esistenza e quella dell'universo, "miracolo" continuo dovuto all' evoluzione. Dunque mi sono allontanato dai reparti AZOTO, dal rombo dei compressori che creano il vuoto o pressioni di migliaia di atmosfere necessarie per innescare nuove reazioni chimiche. I recipienti interessati sono "bombe potenziali" che quando esplodono sono distruttrici. Ora mi aggiro tra sbuffi di vapore che fuoriescono sibilando da flange, pompe difettose o coibentazioni usurate, vapori e afrori che ricadono sul terreno formando una fanghiglia maleodorante, e tutt'intorno è un'atmosfera sulfurea. D'altra parte gli impianti chimici sono laboratori a cielo aperto: visualizzano i processi chimici, ovvero ciò che avviene in noi e intorno a noi, mostrano plasticamente che in natura non esiste "buono e cattivo", poiché tutto è funzionale a/per. Mi aggiro nei vari reparti dove gli addetti indossano tute, guanti e protezioni varie, con il ronzio di pompe e strumentazioni, e fra i miasmi dei vari processi in essere nelle autoclavi, nelle torri di distillazione, esterificazione e craking. Mi soccorre lo studio della chimica, con le formule misteriose delle sostanze acide, basiche, alcaline e catalizzatori, e le prove di laboratorio con provette, alambicchi e vetrini, la moderna alchimia. Ma qualcosa di arcano mi riporta all'immagine iniziale del sogno: il grande Piazzale Donegani è affollato dalle tute blu delle maestranze che protestano, cosa chiedono? Le tute sono lorde e puzzolenti perché escono dai reparti dove si producono i coloranti, quella fanghiglia turgida dai colori brillanti che gli addetti stipano nei fusti contrassegnati dalla scritta FARBEN. E tuttavia non si capisce ancora cosa chiedono. La massa che rumoreggia è indistinta, come sono indistinte le facce annerite che poi, come sciami di locuste, si involano quasi nembi minacciosi che ora si inseguono e dissolvono nel cielo lontano. E riappare il Piazzale deserto e assolato.
Modena, 16/6/2024
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