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libreria di zurau
sabato 31 marzo 2018
Marie-Jo e i suoi 2 amori
Marie-Jo e i suoi 2 amori
Film francese girato a Marsiglia e dintorni, una vicenda drammatica che, come sempre, i Francesi affrontano con una certa leggerezza: raramente i Transalpini risolvono i rapporti d'amore travagliati
con coltelli o pistole.
Marie-Jo è moglie e madre, aiuta il marito nella sua impresa edile e nello stesso tempo lavora nella
Sanità pubblica come assistente domiciliare.
Nel suo lavoro incontra un paziente del quale si innamora, ricambiata; il film racconta la vicenda di
questo amore condiviso con il marito e l'amante, amore per lei irrinunciabile: il marito soffre ma inizialmente accetta "obtorto collo" questa situazione, solo la figlia adolescente rifiuta e giudica la
madre.
Quindi, con un andirivieni fra marito e amante, il regista si sofferma su nudi e amplessi disinvolti ma
non lascivi, e sorprende l'apparente naturalezza con cui Marie-Jo conduce il ménage à trois infine
la tragedia finale, il destino, sceglie per tutti.
Come in molti film francesi, la recitazione è semplice e naturale, Arianne Ascaride, nella vita moglie del regista, è spesso mostrata nuda, quasi con compiacimento dal marito.
A.Ferrin
modena, 31/03/2018
venerdì 30 marzo 2018
POVERI RICCHI & RICCHI POVERI
Poveri Ricchi & Ricchi Poveri
Ogni anno, l'ISTAT comunica i dati relativi ai redditi imponibili dichiarati dai Cittadini e assoggettati alle ritenute previste dalla legge e, come sempre, si grida allo scandalo.
Infatti accade e risulta che tra i percettori di reddito, quelli da lavoro dipendente privati, pubblici e da pensione sono i più fortunati, mentre liberi professionisti, commercianti, artigiani e imprenditori sono relativamente più poveri.
E' da oltre 50 anni che ciò accade: in passato (non so adesso) le statistiche divulgate erano pubblicate
anche sui quotidiani, e io, incredulo, scoprivo che il mio nome era inserito in ordine alfabetico, e con
il relativo reddito imponibile per grandezza, e così scoprivo che precedevo in classifica fior di
imprenditori, professionisti e commercianti; sulle prime ero preso da un certo orgoglio: però, mi dicevo, sono ricco rispetto ai "poveri" che precedevo, e pensavo che questi "poveri" possedevano almeno la prima casa, la seconda e forse la terza, che guidavano macchine potenti e di lusso, infine si
concedevano agiatezze impensabili per me e la mia famiglia.
In fondo la loro apparente povertà era compensata dai beni che ostentavano alla luce del sole, ma che
sfuggivano agli inquisitori degli uffici delle imposte; d'altra parte, gli stessi Uffici Pubblici dicono da sempre che il maggiore introito fiscale viene da dipendenti e pensionati.
In seguito ho compreso le mie colpe: quella di essere stato, quasi sempre, percettore di reddito fisso con detrazione alla fonte e, negli anni di libera professione, pagato quanto dovuto allo Stato.
Pertanto è una provocazione che ancora oggi si dica che sì, forse c'è elusione ed evasione fiscale.
A.Ferrin
modena, 30/03/2018
Ogni anno, l'ISTAT comunica i dati relativi ai redditi imponibili dichiarati dai Cittadini e assoggettati alle ritenute previste dalla legge e, come sempre, si grida allo scandalo.
Infatti accade e risulta che tra i percettori di reddito, quelli da lavoro dipendente privati, pubblici e da pensione sono i più fortunati, mentre liberi professionisti, commercianti, artigiani e imprenditori sono relativamente più poveri.
E' da oltre 50 anni che ciò accade: in passato (non so adesso) le statistiche divulgate erano pubblicate
anche sui quotidiani, e io, incredulo, scoprivo che il mio nome era inserito in ordine alfabetico, e con
il relativo reddito imponibile per grandezza, e così scoprivo che precedevo in classifica fior di
imprenditori, professionisti e commercianti; sulle prime ero preso da un certo orgoglio: però, mi dicevo, sono ricco rispetto ai "poveri" che precedevo, e pensavo che questi "poveri" possedevano almeno la prima casa, la seconda e forse la terza, che guidavano macchine potenti e di lusso, infine si
concedevano agiatezze impensabili per me e la mia famiglia.
In fondo la loro apparente povertà era compensata dai beni che ostentavano alla luce del sole, ma che
sfuggivano agli inquisitori degli uffici delle imposte; d'altra parte, gli stessi Uffici Pubblici dicono da sempre che il maggiore introito fiscale viene da dipendenti e pensionati.
In seguito ho compreso le mie colpe: quella di essere stato, quasi sempre, percettore di reddito fisso con detrazione alla fonte e, negli anni di libera professione, pagato quanto dovuto allo Stato.
Pertanto è una provocazione che ancora oggi si dica che sì, forse c'è elusione ed evasione fiscale.
A.Ferrin
modena, 30/03/2018
lunedì 26 marzo 2018
Un sogno chiamato Florida
Un Sogno chiamato Florida
Ho visto questo film all'Astra: i critici ufficiali danno risalto alla bravura del Regista, alla
felice recitazione di bambini molto piccoli, con escursioni nella storia del cinema, peraltro ricca di opere magistrali che hanno al centro piccoli, affascinanti protagonisti e, in questo caso, ricordano, fra i tanti, il film di Jean Vigo: "Zero in condotta", altri scrivono che gli americani, finalmente, hanno scoperto il "Neorealismo italiano"!
Per quanto mi riguarda, prima di soffermarmi sugli aspetti estetici e formali, fermo la mia attenzione sui contenuti sociali e politici della pellicola, e non c'è dubbio che in questo caso il tema trattato è quello dell'emarginazione e degrado delle grandi periferie di ogni grande agglomerato urbano in tutto il mondo: in India questo degrado è all'interno e parte del sottosviluppo generale, negli USA queste aree di emarginazione sono il sottoprodotto della Società affluente del capitalismo più evoluto.
In sintesi, siamo a Orlando, in Florida, terra di approdo e rifugio per milioni di ispanici in fuga da Cuba e Centro-America; abitano quartieri dormitorio con le famiglie, spesso mono genitoriali, con madri stanche e umiliate che cercano, tra molti compromessi, di sbarcare il lunario.
Sono i bambini che, ignari della povertà materiale e morale in cui sono immersi, riscattano la loro
esistenza con la gioia di vivere, la creatività e spontaneità di cui sono capaci.
La vicenda mostra la "libertà" di cui godono i Cittadini, una libertà senza freni, in assenza di strutture
assistenziali pubbliche, e tutt'intorno cattedrali del consumismo e dell'alienazione.
A. Ferrin
modena,26/03/2018
Ho visto questo film all'Astra: i critici ufficiali danno risalto alla bravura del Regista, alla
felice recitazione di bambini molto piccoli, con escursioni nella storia del cinema, peraltro ricca di opere magistrali che hanno al centro piccoli, affascinanti protagonisti e, in questo caso, ricordano, fra i tanti, il film di Jean Vigo: "Zero in condotta", altri scrivono che gli americani, finalmente, hanno scoperto il "Neorealismo italiano"!
Per quanto mi riguarda, prima di soffermarmi sugli aspetti estetici e formali, fermo la mia attenzione sui contenuti sociali e politici della pellicola, e non c'è dubbio che in questo caso il tema trattato è quello dell'emarginazione e degrado delle grandi periferie di ogni grande agglomerato urbano in tutto il mondo: in India questo degrado è all'interno e parte del sottosviluppo generale, negli USA queste aree di emarginazione sono il sottoprodotto della Società affluente del capitalismo più evoluto.
In sintesi, siamo a Orlando, in Florida, terra di approdo e rifugio per milioni di ispanici in fuga da Cuba e Centro-America; abitano quartieri dormitorio con le famiglie, spesso mono genitoriali, con madri stanche e umiliate che cercano, tra molti compromessi, di sbarcare il lunario.
Sono i bambini che, ignari della povertà materiale e morale in cui sono immersi, riscattano la loro
esistenza con la gioia di vivere, la creatività e spontaneità di cui sono capaci.
La vicenda mostra la "libertà" di cui godono i Cittadini, una libertà senza freni, in assenza di strutture
assistenziali pubbliche, e tutt'intorno cattedrali del consumismo e dell'alienazione.
A. Ferrin
modena,26/03/2018
lunedì 19 marzo 2018
L'ORA PIU' BUIA (darkest hour)
L'ORA PIU' BUIA
(darkest hour)
Nell'arco di un mese, a cavallo di maggio e giugno 1940, maturò la nomina di Churchill alla guida del
governo inglese.
Eroe di guerra, patriota, imperialista, iracondo, depresso, scrittore visionario, aristocratico, voltagabbana, pittore, ubriacone, Churchill aveva questa fama nel 1940 quando manovre di palazzo defenestrarono Chamberlain, giudicato troppo arrendevole di fronte al nazismo.
In pochi mesi le armate di Hitler avevano conquistato Polonia, Norvegia, Olanda, invaso il Belgio,
e dopo Calais cominciata l'invasione della Francia, e a Dunkerque 350.000 soldati inglesi e alleati sono ridotti in una sacca in balia delle forze tedesche, e senza mezzi per attraversare la Manica e mettersi in salvo riparando in Inghilterra.
Il film narra quei giorni cruciali in cui gli Inglesi cambiarono la guida del Governo e, grazie alla
forte personalità di Churchill, fecero la scelta di resistere, di non piegarsi a Hitler, e quindi di non
chiedere l'armistizio, nonostante il loro Paese fosse sotto la minaccia di invasione.
Gli Inglesi riuscirono, grazie a una mobilitazione generale del paese, e con l'impiego di tutti i mezzi privati e pubblici, a portare in salvo gli uomini: fu la prova generale della resistenza del Paese anche
sotto gli incessanti, successivi bombardamenti della Luftwaffe.
Sono notevoli i discorsi di Winston (era già noto per la sua eloquenza), per l'intensità e l'energia che
trasmettono; altro episodio notevole è quello che ha per teatro la metropolitana londinese: il Premier
aveva confessato di non avere mai utilizzato il trasporto pubblico sotterraneo (ma neppure quello di superficie!).
Nel tragitto verso il Parlamento, fa fermare l'auto e da solo cerca la metro chiedendo ai Cittadini che,
riconoscendolo, sgranano gli occhi; giunto alla linea di trasporto, vi entra gettando lo scompiglio tra
i passeggeri, ma trattandosi di inglesi è uno scompiglio molto compassato.
Non ho motivo di dubitare della veridicità dell'episodio, fatto sta che Churchill attacca bottone con i
passeggeri, li interroga e chiede la loro opinione circa l'eventualità di chiedere negoziati di pace alla
Germania.
E' molto bello questo dialogo fra semplici Cittadini e il loro Premier: a domanda diretta rispondono
tutti No, e una bimba molto carina riesce ad esclamare: never surrender, emozionante.
Infine Churchill sventa anche i tentativi di Lord Halifax che si batte per patteggiare con Hitler
E' un film costruito al meglio, recitato perfettamente da attori inglesi, con Gary Oldman, KistinScott
Thomas e altri, uno più bravo dell'altro.
Un film Potente, molto bello.
A.Ferrin
modena, 19/03/2018
(darkest hour)
Nell'arco di un mese, a cavallo di maggio e giugno 1940, maturò la nomina di Churchill alla guida del
governo inglese.
Eroe di guerra, patriota, imperialista, iracondo, depresso, scrittore visionario, aristocratico, voltagabbana, pittore, ubriacone, Churchill aveva questa fama nel 1940 quando manovre di palazzo defenestrarono Chamberlain, giudicato troppo arrendevole di fronte al nazismo.
In pochi mesi le armate di Hitler avevano conquistato Polonia, Norvegia, Olanda, invaso il Belgio,
e dopo Calais cominciata l'invasione della Francia, e a Dunkerque 350.000 soldati inglesi e alleati sono ridotti in una sacca in balia delle forze tedesche, e senza mezzi per attraversare la Manica e mettersi in salvo riparando in Inghilterra.
Il film narra quei giorni cruciali in cui gli Inglesi cambiarono la guida del Governo e, grazie alla
forte personalità di Churchill, fecero la scelta di resistere, di non piegarsi a Hitler, e quindi di non
chiedere l'armistizio, nonostante il loro Paese fosse sotto la minaccia di invasione.
Gli Inglesi riuscirono, grazie a una mobilitazione generale del paese, e con l'impiego di tutti i mezzi privati e pubblici, a portare in salvo gli uomini: fu la prova generale della resistenza del Paese anche
sotto gli incessanti, successivi bombardamenti della Luftwaffe.
Sono notevoli i discorsi di Winston (era già noto per la sua eloquenza), per l'intensità e l'energia che
trasmettono; altro episodio notevole è quello che ha per teatro la metropolitana londinese: il Premier
aveva confessato di non avere mai utilizzato il trasporto pubblico sotterraneo (ma neppure quello di superficie!).
Nel tragitto verso il Parlamento, fa fermare l'auto e da solo cerca la metro chiedendo ai Cittadini che,
riconoscendolo, sgranano gli occhi; giunto alla linea di trasporto, vi entra gettando lo scompiglio tra
i passeggeri, ma trattandosi di inglesi è uno scompiglio molto compassato.
Non ho motivo di dubitare della veridicità dell'episodio, fatto sta che Churchill attacca bottone con i
passeggeri, li interroga e chiede la loro opinione circa l'eventualità di chiedere negoziati di pace alla
Germania.
E' molto bello questo dialogo fra semplici Cittadini e il loro Premier: a domanda diretta rispondono
tutti No, e una bimba molto carina riesce ad esclamare: never surrender, emozionante.
Infine Churchill sventa anche i tentativi di Lord Halifax che si batte per patteggiare con Hitler
E' un film costruito al meglio, recitato perfettamente da attori inglesi, con Gary Oldman, KistinScott
Thomas e altri, uno più bravo dell'altro.
Un film Potente, molto bello.
A.Ferrin
modena, 19/03/2018
domenica 18 marzo 2018
FULL METAL JACKET
FULL METAL JACKET
Dopo molti anni, ho rivisto in televisione il film di Stanley Kubrick; la prima parte del film riguarda l'addestramento che i militari americani sostengono prima di raggiungere il Vietnam dove affiancano il Sud nella guerra contro il Nord; il titolo del film fa riferimento a un proiettile "corazzato" in uso per le armi dei Marines: è un proiettile devastante quando raggiunge il corpo, e con uno di questi Palla di Lardo, il marine impazzito, uccide il Sergente Hartman, autore delle vessazioni dirette alle reclute.
(Si dice che Hartman, o meglio, l'attore scritturato per il ruolo di Sergente, fosse un ex galeotto noto per la sua ferocia)
Il film presenta uno spaccato della società americana, in particolare di quella militare, dentro e fuori
dagli USA; anche in Italia si sono prodotti film che narrano la vita del soldato italiano ma, a parte i
pochi seri, i più trattano l'argomento in chiave comica.
Gli americani, invece sono capaci di affondare il bisturi nelle loro deficienze e ferite senza fare sconti
e possono permetterselo perché le denunce, anche le più spietate, non scalfiscono la fede che nutrono nel loro Paese, né l'orgoglio per la potenza e supremazia che questo esprime a livello planetario.
Infatti raccontano senza censure i fatti più scabrosi che li riguardano, ma fanno anche intendere che
i cittadini, mai mettono in discussione la fedeltà al Sistema.
Il loro patriottismo non è di facciata: il culto che hanno delle Istituzioni, della bandiera e del Presidente è coltivato in ogni ambito della società, dall'infanzia alla maturità; per noi italiani, e per molti europei in generale, c'è molta ingenuità nella loro retorica ma, provare per credere, mentre l'italiano è ipercritico verso il suo Paese, e non si fa scrupolo di autodenigrarsi con gli stranieri,
loro non lo fanno perché ricordano sempre che "right or wrong my country ", giusto o sbagliato, questo è il mio Paese.
Ovviamente c'è anche il lato nascosto della medaglia: da un lato libertà e liberismo quasi totale che contempla però il fatto che puoi giungere alla miseria nel più assoluto disinteresse della comunità, per cui, nel destino avverso, l'unica risorsa è rappresentata dalla carità pubblica o privata.
Ciò accade in ogni settore, nel lavoro e nella sanità, non esistono ammortizzatori sociali e la sanità
pubblica è dequalificata rispetto alle strutture sanitarie private accessibili con piani assicurativi
volontari in un mercato libero e competitivo, la stessa cosa accade nella scuola pubblica dove possono accedere le classi meno abbienti, mentre i più fortunati possono frequentare scuole e College
più validi ma a pagamento.
Ma non è semplice parlare di tutto questo con un americano, ti guardano e sembra non capiscano, e
infatti pensano che tutto sia nella norma: la competizione sociale e la lotta per la sopravvivenza é nel
loro DNA; prima di tutto ai loro occhi c'è la grandezza e il primato degli U.S.A., e in ogni caso non credo siano molto sensibili ai problemi sociali; in effetti conoscere anche per sommi capi l'entità della
potenza economica e militare americana diffusa nel mondo si può comprendere quanto ciò possa inorgoglire il Cittadino americano, quasi al pari dell'antico Romano protetto dalla Cittadinanza: "Cives Romanus Sum".
Ho vissuto una settimana in Illinois, (2004) fra Chicago e dintorni, e trascorso circa 4 mesi nella Caserma Ederle a Vicenza, Base della U.S.A.F.(1964/65)
Nella Base americana ho scoperto l'immagine degli USA e istintivamente la confrontavo con quella
italiana delle nostre caserme; era un confronto per noi mortificante: per la qualità e la quantità dei mezzi e dei servizi di cui godevano i militari americani, dai letti singoli con lenzuoli di lino, servizi
igienici di livello alberghiero, cucina con menu diversificato, nella sala ristorante militari di ogni grado seduti ai tavoli.
Nelle caserme italiane è più corretto parlare di "rancio" in locali che lasciavano molto a desiderare; è
vero che gli americani erano per lo più volontari ben retribuiti e spesso destinati ai numerosi conflitti
che esplodevano ovunque, ed è anche vero che si era in piena "guerra fredda".
Ma la cosa che più colpiva era l'apparente uguaglianza che regnava tra i diversi livelli di grado americani, mentre il nostro esercito sembrava più classista: i quadri Ufficiali godevano di uno status
direi privilegiato, con una loro mensa esclusiva e serviti di tutto punto, e si diceva fruissero di un
menù diverso rispetto alla truppa.
Altro aspetto che colpiva della vita militare degli americani, era la disciplina e l'ordine diffuso, quasi
a dimostrare che il senso del dovere di un cittadino in arme fosse condizione e causa del trattamento
che il suo Paese gli riservava.
Ma devo anche dire che la M.P. americana a Vicenza era molto impegnata nel controllo dei Marines
quando erano in libera uscita: erano così disciplinati nella Base quanto indisciplinati fuori.
Per molti anni le autorità italiane hanno mostrato tolleranza, mentre i vicentini protestavano a più riprese per le intemperanze e gli abusi dei militari che, a volte, si credevano "occupanti".
Gli americani si comportavano come molti turisti stranieri i quali, rispettosi di leggi e regole quando
sono in patria, come vacanzieri in Italia dimenticano le buone maniere, in ciò aiutati anche da noi che
non siamo modelli di educazione civica.
Mi è rimasta impressa la visione del traffico stradale urbano ed extraurbano: gli americani rispettano
i limiti di velocità!
Il film di Kubrick mostra la durezza nell'addestramento dei Marines, ma a me è parso un aspetto
assimilabile in parte all'esperienza vissuta nelle caserme italiane.
Le caserme che ospitano i militari sono quasi "aree extraterritoriali", i cosiddetti luoghi protetti in cui vigono leggi e regolamenti propri (codice militare), che nulla hanno da spartire con la vita civile. Le dinamiche all'interno della vita comune, sono quelle che agiscono in ogni comunità chiusa, in
cui il soldato perde la libertà della vita civile e deve adattarsi alla disciplina militare regolata anche da
leggi non scritte, tra queste anche le vessazioni e l'abuso di autorità.
La gerarchia e disciplina all'interno della caserma sono rappresentate principalmente dalle funzioni
di Sergenti e Marescialli, e pertanto, poiché la caserma deve trasformare uomini in soldati, in questo
contesto è quasi inevitabile che vi siano eccessi disciplinari, esercizio arbitrario di potere, o che
dilaghi, tollerato, il fenomeno del "nonnismo".
A.Ferrin
modena, 18/03/2018
Dopo molti anni, ho rivisto in televisione il film di Stanley Kubrick; la prima parte del film riguarda l'addestramento che i militari americani sostengono prima di raggiungere il Vietnam dove affiancano il Sud nella guerra contro il Nord; il titolo del film fa riferimento a un proiettile "corazzato" in uso per le armi dei Marines: è un proiettile devastante quando raggiunge il corpo, e con uno di questi Palla di Lardo, il marine impazzito, uccide il Sergente Hartman, autore delle vessazioni dirette alle reclute.
(Si dice che Hartman, o meglio, l'attore scritturato per il ruolo di Sergente, fosse un ex galeotto noto per la sua ferocia)
Il film presenta uno spaccato della società americana, in particolare di quella militare, dentro e fuori
dagli USA; anche in Italia si sono prodotti film che narrano la vita del soldato italiano ma, a parte i
pochi seri, i più trattano l'argomento in chiave comica.
Gli americani, invece sono capaci di affondare il bisturi nelle loro deficienze e ferite senza fare sconti
e possono permetterselo perché le denunce, anche le più spietate, non scalfiscono la fede che nutrono nel loro Paese, né l'orgoglio per la potenza e supremazia che questo esprime a livello planetario.
Infatti raccontano senza censure i fatti più scabrosi che li riguardano, ma fanno anche intendere che
i cittadini, mai mettono in discussione la fedeltà al Sistema.
Il loro patriottismo non è di facciata: il culto che hanno delle Istituzioni, della bandiera e del Presidente è coltivato in ogni ambito della società, dall'infanzia alla maturità; per noi italiani, e per molti europei in generale, c'è molta ingenuità nella loro retorica ma, provare per credere, mentre l'italiano è ipercritico verso il suo Paese, e non si fa scrupolo di autodenigrarsi con gli stranieri,
loro non lo fanno perché ricordano sempre che "right or wrong my country ", giusto o sbagliato, questo è il mio Paese.
Ovviamente c'è anche il lato nascosto della medaglia: da un lato libertà e liberismo quasi totale che contempla però il fatto che puoi giungere alla miseria nel più assoluto disinteresse della comunità, per cui, nel destino avverso, l'unica risorsa è rappresentata dalla carità pubblica o privata.
Ciò accade in ogni settore, nel lavoro e nella sanità, non esistono ammortizzatori sociali e la sanità
pubblica è dequalificata rispetto alle strutture sanitarie private accessibili con piani assicurativi
volontari in un mercato libero e competitivo, la stessa cosa accade nella scuola pubblica dove possono accedere le classi meno abbienti, mentre i più fortunati possono frequentare scuole e College
più validi ma a pagamento.
Ma non è semplice parlare di tutto questo con un americano, ti guardano e sembra non capiscano, e
infatti pensano che tutto sia nella norma: la competizione sociale e la lotta per la sopravvivenza é nel
loro DNA; prima di tutto ai loro occhi c'è la grandezza e il primato degli U.S.A., e in ogni caso non credo siano molto sensibili ai problemi sociali; in effetti conoscere anche per sommi capi l'entità della
potenza economica e militare americana diffusa nel mondo si può comprendere quanto ciò possa inorgoglire il Cittadino americano, quasi al pari dell'antico Romano protetto dalla Cittadinanza: "Cives Romanus Sum".
Ho vissuto una settimana in Illinois, (2004) fra Chicago e dintorni, e trascorso circa 4 mesi nella Caserma Ederle a Vicenza, Base della U.S.A.F.(1964/65)
Nella Base americana ho scoperto l'immagine degli USA e istintivamente la confrontavo con quella
italiana delle nostre caserme; era un confronto per noi mortificante: per la qualità e la quantità dei mezzi e dei servizi di cui godevano i militari americani, dai letti singoli con lenzuoli di lino, servizi
igienici di livello alberghiero, cucina con menu diversificato, nella sala ristorante militari di ogni grado seduti ai tavoli.
Nelle caserme italiane è più corretto parlare di "rancio" in locali che lasciavano molto a desiderare; è
vero che gli americani erano per lo più volontari ben retribuiti e spesso destinati ai numerosi conflitti
che esplodevano ovunque, ed è anche vero che si era in piena "guerra fredda".
Ma la cosa che più colpiva era l'apparente uguaglianza che regnava tra i diversi livelli di grado americani, mentre il nostro esercito sembrava più classista: i quadri Ufficiali godevano di uno status
direi privilegiato, con una loro mensa esclusiva e serviti di tutto punto, e si diceva fruissero di un
menù diverso rispetto alla truppa.
Altro aspetto che colpiva della vita militare degli americani, era la disciplina e l'ordine diffuso, quasi
a dimostrare che il senso del dovere di un cittadino in arme fosse condizione e causa del trattamento
che il suo Paese gli riservava.
Ma devo anche dire che la M.P. americana a Vicenza era molto impegnata nel controllo dei Marines
quando erano in libera uscita: erano così disciplinati nella Base quanto indisciplinati fuori.
Per molti anni le autorità italiane hanno mostrato tolleranza, mentre i vicentini protestavano a più riprese per le intemperanze e gli abusi dei militari che, a volte, si credevano "occupanti".
Gli americani si comportavano come molti turisti stranieri i quali, rispettosi di leggi e regole quando
sono in patria, come vacanzieri in Italia dimenticano le buone maniere, in ciò aiutati anche da noi che
non siamo modelli di educazione civica.
Mi è rimasta impressa la visione del traffico stradale urbano ed extraurbano: gli americani rispettano
i limiti di velocità!
Il film di Kubrick mostra la durezza nell'addestramento dei Marines, ma a me è parso un aspetto
assimilabile in parte all'esperienza vissuta nelle caserme italiane.
Le caserme che ospitano i militari sono quasi "aree extraterritoriali", i cosiddetti luoghi protetti in cui vigono leggi e regolamenti propri (codice militare), che nulla hanno da spartire con la vita civile. Le dinamiche all'interno della vita comune, sono quelle che agiscono in ogni comunità chiusa, in
cui il soldato perde la libertà della vita civile e deve adattarsi alla disciplina militare regolata anche da
leggi non scritte, tra queste anche le vessazioni e l'abuso di autorità.
La gerarchia e disciplina all'interno della caserma sono rappresentate principalmente dalle funzioni
di Sergenti e Marescialli, e pertanto, poiché la caserma deve trasformare uomini in soldati, in questo
contesto è quasi inevitabile che vi siano eccessi disciplinari, esercizio arbitrario di potere, o che
dilaghi, tollerato, il fenomeno del "nonnismo".
A.Ferrin
modena, 18/03/2018
lunedì 12 marzo 2018
QUIETE
Temo
quiete e silenzio
di vulcano
in sonno
presagio
di immane boato
che fiume di lava
libera
sul pendio severo
Arde la terra inerme
madre di fiori gentili
assorto, spero
che fuoco
plachi la furia
che io contempli
ancora
un prato verde.
A.Ferrin
modena, 12/03/2018
.
giovedì 8 marzo 2018
PERCHE' VIVERE?
PERCHE' VIVERE?
Non è una domanda seria: l'intera umanità si è fatta questa domanda fornendo infinite risposte, più o
meno plausibili, senza venirne a capo, e pertanto non sono certo io a potere dare una risposta.
Mi limito a semplici constatazioni circa la realtà in cui mi è dato di vivere: sono un comune mortale,
le scienze umane mi dicono che io, come ogni altra forma di vita animale e vegetale, dalla più semplice alla più complessa, sono soggetto alla decadenza fisica e alla morte, insomma non sono eterno, anche se come tutti faccio di tutto per non pensarci.
D'altra parte questo è il meccanismo di rimozione che ci consente di giungere alla fine dei nostri giorni senza che ce ne accorgiamo che, se così non fosse, il pensiero della morte sarebbe troppo molesto e inibirebbe le capacità di vivere decentemente il tempo che ci è dato.
Infatti, facciamo di tutto per fuggire l'idea della morte che incombe, che temiamo, ma che nello stesso tempo consideriamo eventualità remota, un'eventualità che ci piace pensare riguardi prima i nostri simili e quindi noi.
Tutto ciò nonostante la vita, la realtà in cui agiamo, ci dia quotidianamente mille avvertimenti, veri
"memento mori" che istintivamente non registriamo perché non funzionali al nostro istinto di
conservazione.
Sotto questo aspetto può sembrare una digressione accennare anche alla pubblicità che ce la mette tutta per rammentarci il nostro destino e le nostre fragilità, e non sempre con prudenza e pudore: dai Servizi Funerari (ora sempre più appartati e frettolosi), al linguaggio che evita termini ritenuti inopportuni, e perciò interdetti, ma con testi dalla comicità involontaria, o alla pubblicità cartacea
e televisiva che inonda le nostre tavole e salotti con i prodotti più moderni utilizzabili per la nostra salute e benessere, quali carte igieniche, pannolini e pannoloni, assorbenti, rimedi per diarree, ragadi anali, flatulenze, reflussi, meteorismo e chi più ne ha più ne metta, tutta pura scatologia.
Forse ciò è dovuto a un sano realismo, ma non ne sono convinto, penso piuttosto sia dovuto al "mercato" che con la nostra complicità mercifica e corrompe con le sue leggi inesorabili tutto ciò che resta, e non è molto, di umano.
A.Ferrin
modena, 08/03/2018
Non è una domanda seria: l'intera umanità si è fatta questa domanda fornendo infinite risposte, più o
meno plausibili, senza venirne a capo, e pertanto non sono certo io a potere dare una risposta.
Mi limito a semplici constatazioni circa la realtà in cui mi è dato di vivere: sono un comune mortale,
le scienze umane mi dicono che io, come ogni altra forma di vita animale e vegetale, dalla più semplice alla più complessa, sono soggetto alla decadenza fisica e alla morte, insomma non sono eterno, anche se come tutti faccio di tutto per non pensarci.
D'altra parte questo è il meccanismo di rimozione che ci consente di giungere alla fine dei nostri giorni senza che ce ne accorgiamo che, se così non fosse, il pensiero della morte sarebbe troppo molesto e inibirebbe le capacità di vivere decentemente il tempo che ci è dato.
Infatti, facciamo di tutto per fuggire l'idea della morte che incombe, che temiamo, ma che nello stesso tempo consideriamo eventualità remota, un'eventualità che ci piace pensare riguardi prima i nostri simili e quindi noi.
Tutto ciò nonostante la vita, la realtà in cui agiamo, ci dia quotidianamente mille avvertimenti, veri
"memento mori" che istintivamente non registriamo perché non funzionali al nostro istinto di
conservazione.
Sotto questo aspetto può sembrare una digressione accennare anche alla pubblicità che ce la mette tutta per rammentarci il nostro destino e le nostre fragilità, e non sempre con prudenza e pudore: dai Servizi Funerari (ora sempre più appartati e frettolosi), al linguaggio che evita termini ritenuti inopportuni, e perciò interdetti, ma con testi dalla comicità involontaria, o alla pubblicità cartacea
e televisiva che inonda le nostre tavole e salotti con i prodotti più moderni utilizzabili per la nostra salute e benessere, quali carte igieniche, pannolini e pannoloni, assorbenti, rimedi per diarree, ragadi anali, flatulenze, reflussi, meteorismo e chi più ne ha più ne metta, tutta pura scatologia.
Forse ciò è dovuto a un sano realismo, ma non ne sono convinto, penso piuttosto sia dovuto al "mercato" che con la nostra complicità mercifica e corrompe con le sue leggi inesorabili tutto ciò che resta, e non è molto, di umano.
A.Ferrin
modena, 08/03/2018
lunedì 5 marzo 2018
UNA VITA
UNA VITA
(Une vie)
E' un film francese tratto da una novella di Guy de Maupassant, ambientata nella Normandia di fine '800, e narra di una famiglia della piccola nobiltà di proprietari terrieri.
L'atmosfera è quella chiusa della società ancora regolata dalla morale religiosa e dalle convenzioni sociali che informano di sé la vita del singolo e della comunità.
E pertanto anche le dinamiche interne alla famiglia sono agite e condizionate dal groviglio di sentimenti che si notano in molta letteratura del tempo: esemplari al riguardo sono le storie di Madame Bovary e Anna Karenina.
Il paesaggio della Normandia è aspro e cupo, battuto da venti e tempeste provenienti dall'Oceano,
e i poveri uomini sono alle prese con il lavoro e la fame, con le servitù e le malattie. Non si parla,
tutto accade al chiuso delle case o nei confessionali dei preti.
Peraltro si tratta di temi comuni a tutta la letteratura europea di quel tempo: italiana, Francese, Russa
Tedesca Inglese, Scandinava, temi trattati con altre forme d'arte quali scultura e pittura.
Nel film è evidente come la vita sociale, con diritti e doveri, sia scandita dal ceto sociale cui si appartiene: la struttura è rigida e controllata da chi detiene il potere economico, per cui anche un
piccolo possidente può concedersi il lusso di avere più servi che possono emanciparsi raggiungendo
terre lontane o avventurandosi in insidiose imprese.
A.Ferrin
modena, 02/03/2018
(Une vie)
E' un film francese tratto da una novella di Guy de Maupassant, ambientata nella Normandia di fine '800, e narra di una famiglia della piccola nobiltà di proprietari terrieri.
L'atmosfera è quella chiusa della società ancora regolata dalla morale religiosa e dalle convenzioni sociali che informano di sé la vita del singolo e della comunità.
E pertanto anche le dinamiche interne alla famiglia sono agite e condizionate dal groviglio di sentimenti che si notano in molta letteratura del tempo: esemplari al riguardo sono le storie di Madame Bovary e Anna Karenina.
Il paesaggio della Normandia è aspro e cupo, battuto da venti e tempeste provenienti dall'Oceano,
e i poveri uomini sono alle prese con il lavoro e la fame, con le servitù e le malattie. Non si parla,
tutto accade al chiuso delle case o nei confessionali dei preti.
Peraltro si tratta di temi comuni a tutta la letteratura europea di quel tempo: italiana, Francese, Russa
Tedesca Inglese, Scandinava, temi trattati con altre forme d'arte quali scultura e pittura.
Nel film è evidente come la vita sociale, con diritti e doveri, sia scandita dal ceto sociale cui si appartiene: la struttura è rigida e controllata da chi detiene il potere economico, per cui anche un
piccolo possidente può concedersi il lusso di avere più servi che possono emanciparsi raggiungendo
terre lontane o avventurandosi in insidiose imprese.
A.Ferrin
modena, 02/03/2018
AMORE
AMORE
"Se dovessi identificare l'amore con un nome, lo chiamerei come te, Amore. E' così che sento di
doverlo chiamare.
Questo sentimento mi accompagna da quando ti ho conosciuta: sei tu che, con il tuo volermi bene,
mi hai ispirato e mi sei entrata dentro, dentro il mio cuore e la mia mente, sei riuscita a riempire
tutta la mia vita, aiutandomi e sostenendomi in ogni circostanza.
Sei stata sempre al mio fianco schierandoti con me, sostenendomi in ogni dove, qualsiasi cosa facessi
mi hai fatto crescere con pazienza dandomi un senso di libertà che nessuna donna riesce a dare.
Mi hai confortato in tanti momenti difficili e hai sempre creduto in me, ecco come è nato l'amore per
te, non solo per la tua bellezza, ma ancor più per tutte queste qualità che, in modo straordinario, sono
racchiuse in te.
Sono felice di avere potuto provare e sentire un amore così grande che dura da tanti anni. I nostri corpi nel tempo sono cambiati, ma l'amore no: è rimasto uguale e con la maturità è diventato più
forte e più tenero; adesso, con l'avanzare dell'età, si è diventati più bisognosi di questo sentimento e
io, nel darti amore continuamente, provo una gioia immensa come quando ero ragazzo.
E tu mi fai sentire veramente giovane: tutto quello che faccio è per piacere a te, e il mio amore non
te lo farò mai mancare perché tu sei l'amore, il mio amore."
Un lettore del "Corriere"
Anche io avrei voluto scrivere una lettera come questa alla donna amata ma, ahimè, non ne ho avuta la fortuna e l'occasione. Ciò a causa di miei limiti e manchevolezze, ma senza escludere a priori che ciò sia dipeso anche dalle mie compagne; in ogni caso avverto grande vuoto e nostalgia per quello che avverto come un fallimento.
Antonio
Cronistoria minima
Cronistoria Minima
Cronistoria minima:
Cronistoria minima:
1) dopo grande travaglio intimo ho deciso di andare a votare, anche per non
tradire le mie convinzioni di "buon Cittadino"
Infine ho espresso un voto ininfluente e retoricamente idealista.
Prima di recarmi al Seggio ho fatto bancomat, e dopo avere votato mi sono
accorto che mi ero allontanato dal Bancomat ritirando la Tessera relativa senza
prelevare la somma!
2) Sono andato al cinema dove mi sono sorbito l'ultimo bidone di Polansky, anche
perché fuorviato dalle recensioni verosimilmente prezzolate, e infatti il film è
quasi un remake di Misery non deve morire di Stephen King.
3) Sono uscito dal cinema e mentre ero diretto alla fermata del bus, mi ha avvicinato una
giovane donna che, molto gentilmente, mi ha detto che non sapeva dove
andare a dormire, e io sono precipitato nell'angoscia: sono stato gentile, ma
non ero in grado di aiutarla. E' una moldava che ho salutato con i migliori auguri.
Ero già in attesa alla fermata quando ho visto passare la stessa donna in compagnia
di un signore, e si dirigevano in Piazza Grande.
Alla fermata ho chiesto informazione a una ragazza circa l'arrivo dell'11, e
questa è stata molto disponibile: anche lei era diretta a casa sua in via Giardini
e abbiamo ingannato l'attesa conversando; a dispetto dell'apparenza, lei ha
solo 16 anni e io, come è mia abitudine, ho attaccato discorso, scoprendo una
rappresentante dei giovani molto intelligente e matura per la sua età.
Studia al Muratori e ha una famiglia numerosa. Infine siamo scesi alla fermata
della Polizia Stradale.
A.Ferrin
modena, 5/03/2018
venerdì 2 marzo 2018
OCEANO
OCEANO
"Ne pourrons-nous jamais sur l'océan des ages
Jeter l'ancre un seul jour ?" (A.de Lamartine)
Onde e flutti
sulla battigia
bianche vele
frugano la risacca
che spumeggia
gorgoglia
Vaga la mente
come onda
si ritrae placata
fra scogli corrosi
e mortizze
Aria di salsedine
assenti, lontani
oblìo felice
occhi al cielo
di luce e calore
Pura chimera
fuga illusoria
dall'oceano
di marosi.
A.Ferrin
modena, 2 marzo 2018
"Ne pourrons-nous jamais sur l'océan des ages
Jeter l'ancre un seul jour ?" (A.de Lamartine)
Onde e flutti
sulla battigia
bianche vele
frugano la risacca
che spumeggia
gorgoglia
Vaga la mente
come onda
si ritrae placata
fra scogli corrosi
e mortizze
Aria di salsedine
assenti, lontani
oblìo felice
occhi al cielo
di luce e calore
Pura chimera
fuga illusoria
dall'oceano
di marosi.
A.Ferrin
modena, 2 marzo 2018
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