In questi giorni di Covid19 non se ne parla, dobbiamo essere "distaccati" in senso letterale, possiamo
comunicare con i segni, e salutare con larghi gesti delle mani: in compenso parlano i "moderatori" dei mezzi di comunicazione, che sono logorroici quanto e più degli esperti onnipresenti negli Studi.
E' la grande assente: non si nomina, il suo nome è interdetto, sempre sottinteso, tutti sappiamo di che si tratta, parliamo al telefono con amici e parenti: si avverte una certa esitazione, si teme anche il
contagio telematico? Però fanno vedere, nottetempo, le lugubri colonne militari che portano bare, in solitudine e in un silenzio irreale, alle Are crematorie disponibili alla triste bisogna.
Non si fa il suo nome: la zittiamo per parlare di presidi medici, dell'eroismo di molti, delle angosce che ci attanagliano e dell'isteria collettiva; erigiamo cordoni sanitari per proteggerci, non vogliamo
pensare a lei, ma a noi stessi, alla nostra vita che vuole riprendere la sua corsa!
Tutto questo è umano, molto umano, ma ho lasciato il calduccio del mio letto per frugare fra i miei
libri, nei quali lei è molto presente, come lo è in genere in tutta la letteratura, italiana e non.
Mi limito a riportare un breve testo letto negli anni '50 del secolo scorso sulle pareti esterne di una
piccola chiesa del '500 ( San Vigilio) in Val Rendena, presso Pinzolo.
Il dipinto murale, una " Danza Macabra", immagine e testo, è opera dei Baschenis:
"...Io sont la morte che porto corona
Sonte signora de ognia persona
Et cossì son fiera forte e dura
Che trapasso le porte et ultra le mura
Et son quela che fa tremare el mondo
Revolgendo mia falze atondo atondo..."
modena, 24/3/20ì20
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